Sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi (APS) - Criteri Diagnostici e Stratificazione del Rischio

Sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi (APS) - Criteri Diagnostici e Stratificazione del Rischio

La sindrome da Anticorpi anti-fosfolipidi (antiphospholipid syndrome - APS), o sindrome di Hughes, è una patologia rara acquisita, a patogenesi autoimmune, con decorso cronico ed interessamento multi-sistemico.

Dal punto di vista clinico si caratterizza per la presenza di anticorpi anti-fosfolipidi (antiphospholipid antibodies - aPL), persistentemente positivi in associazione a manifestazioni cliniche quali eventi trombotici venosi e/o arteriosi e complicanze gravidiche potenzialmente fatali sia materne che fetali [1].

Si ipotizza che gli aPL agiscano interferendo con la funzione delle cellule endoteliali attivate e delle proteine di legame sui vasi sanguigni, causando uno stato pro-coagulante e pro-infiammatorio che evolve nella trombosi. Non tutti i pazienti positivi per aPL sviluppano trombosi e/o perdite ostetriche suggerendo che gli aPL sono necessari ma non sufficienti per innescare APS.

La prevalenza della APS non è nota, ma si stima che gli aPL siano presenti nel 2-5% della popolazione generale. L’APS di solito esordisce nei giovani adulti o negli adulti di mezza età, ma può presentarsi a tutte le età. Prevale nel sesso femminile con un rapporto femmine/maschi di 5:1.


Test di Laboratorio

I criteri classificativi aggiornati prevedono la presenza contemporanea di almeno un criterio clinico (trombosi venosa/arteriosa o complicanza ostetrica) ed un criterio laboratoristico (positività a titolo medio-alto degli aPL).

Il criterio laboratoristico per la diagnosi di APS è la positività di almeno uno dei test per la ricerca degli anticorpi anti-fosfolipidi (aPL): test di coagulazione per il riscontro di lupus anti-coagulant (LAC), e test per anticorpi anti-cardiolipina IgG o IgM (aCL) e anticorpi anti β2-glicoproteina I IgG o IgM (a β2GpI) [1].

I test di coagulazione, almeno 2, vengono eseguiti per dimostrare la presenza dell’anticoagulante lupico (LAC), in grado di prolungare il tempo dei test di coagulazione a base di fosfolipidi, che misurano l’integrità del processo coagulativo contatto-dipendente, fattore tissutale-dipendente o della via finale comune.

Per la diversa sensibilità dei vari test e della mancanza di standardizzazione di alcuni di essi, la Società Internazionale per la Trombosi e l’Emostasi (ISTH) ha emanato delle linee guida sulla scelta dei test da utilizzare. È necessario utilizzare due sistemi di test separati che adottino principi diversi.

Il primo test è il tempo di veleno di vipera Russell diluito (Diluted Russel Viper Venom - DRVVT) considerato più robusto e specifico per rilevare il fenomeno LAC nei pazienti ad alto rischio di trombosi. Il veleno causa la coagulazione attivando il fattore X. La presenza di un anticoagulante lupico prolunga il processo di coagulazione. Il plasma normale non ha alcun effetto sul tempo di coagulazione, ma l'aggiunta di un eccesso di fosfolipidi ne inverte il prolungamento.

Il secondo test da eseguire è il Tempo di Tromboplastina Parziale attivato (aPTT), utilizzando reagenti a bassa concentrazione di fosfolipidi e contenenti la silice come attivatore (a causa della sua maggiore sensibilità). In presenza di anticorpi anti-fosfolipidi, il Tempo di Tromboplastina Parziale è prolungato e non si corregge con la miscelazione 1:1 o 4:1 con un plasma normale. La correzione del Tempo di Tromboplastina Parziale dopo l'aggiunta di fosfolipidi purificati in eccesso è coerente con la presenza di un anticorpo anti-fosfolipide.

Per effettuare correttamente la diagnosi di laboratorio è necessario eseguire tutti e cinque i test di laboratorio ed in caso di positività anticorpale, (uno o più test positivi), è necessario confermarla almeno 12 settimane dopo il primo riscontro ripetendo tutti e cinque i dosaggi [1].

Nel 2012, un aggiornamento ulteriore dei criteri di classificazione ha incluso la raccomandazione supplementare che, qualora i test per le IgM e le IgG per ACA o anti- β2GP1 IgG fossero negativi, andrebbero testati anche gli anticorpi di classe IgA [2].

Dal punto di vista clinico diagnostico e terapeutico, quello che viene considerato maggiormente è il profilo anticorpale, ovvero la presenza di positività multiple, piuttosto che singole, il loro titolo, e la persistenza delle positività a misurazioni ripetute [3].

 

Stratificazione del Rischio

Il dosaggio degli aPL è, infine, importante come strumento per la stratificazione del rischio trombotico.

Il rischio per un paziente aPL positivo di sviluppare un primo evento trombotico è inferiore all’1% annuo, ma può salire fino al 5% in quei pazienti con aPL a medio-alto titolo, in cui sussistono fattori di rischio trombotico addizionali o in cui vi sia la concomitante presenza di patologie autoimmuni [4].

 

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Riferimenti

[1] Miyakis S, Lockshin MD, Atsumi T, et al. International consensus statement on an update of the classification criteria for definite antiphospholipid syndrome (APS). J Thromb Haemost. 2006;4(2):295-306.

[2] Lakos G, Favaloro EJ, Harris EN, Meroni PL, Tincani A, Wong RC, Pierangeli SS. International consensus guidelines on anticardiolipin and anti-β2-glycoprotein I testing: report from the 13th International Congress on Antiphospholipid Antibodies. Arthritis Rheum. 2012 Jan;64(1):1-10.

[3] Tektonidou MG,et al. EULAR recommendations for the management of antiphospholipid syndrome in adults. Ann Rheum Dis. 2019 Oct;78(10):1296-1304. doi: 10.1136/annrheumdis-2019-215213. Epub 2019 May 15. PMID: 31092409.

[4] Garcia D, Erkan D. Diagnosis and Management of the Antiphospholipid Syndrome. N Engl J Med. 2018;378(21):2010-2021.

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