Un mini lockdown?
Immagine di Gerd Altmann*

Un mini lockdown?

È uscito il #DPCM, alla solita maniera.

Prima si lasciano trapelare le bozze, si ascolta l'opinione pubblia, e poi si redige la versione definitiva. Rick Du Fer, nel suo Daily Cogito, ha definito questa strategia come una strategia non strategica,

“un’ossessione per il consenso che è iatrogenica perché tu stai producendo il problema che con le tue misure vorresti risolvere”.

È uscito il DPCM, e sembriamo (siamo) rassegnati.

Sui social è tutto un fiorire di post motivazionali, che invitano alla ripartenza, ad agire in fretta, ad accettare che "L’unica costante della vita è il cambiamento" (cit. Buddha). Un inno alla #resilienza (secondo Google Trends, il termine resilienza ha avuto clamorosi picchi durante il #lockdown ) senza se e senza ma.

Però nei social c’è anche chi va oltre a queste pillole di speranza, a questi inni buonisti e arriva alla cruda realtà.

🍝 C’è chi ha un ristorante, da parecchi anni. E il ristorante va bene, son bravi. I clienti non mancano (la prenotazione non è gradita, è necessaria). Quindi si investe, ci si allarga un po’. Si affitta un locale adiacente e si fanno lavori per aggiungere una sala. Poi arriva il primo lockdown, non ci si arrende, ci si organizza per soddisfare i clienti. Si offre un servizio di delivery che spesso non copre i costi, “mah, cosa vuoi, investiamo così il cliente ci sente vicini”. Poi si può fare servizio al tavolo, non possiamo più riempire la sala, ma torniamo a lavorare, impegnamici ancora di più, rispettiamo le regole e andiamo avanti. Abbiamo la #mascherina, ma, sotto sotto, un timido sorriso si intravede.

🍻 C’è chi ha un piccolo negozio di birre artigianali, aperto da non moltissimo tempo, ma da subito un punto di riferimento locale, grazie alla passione di un ragazzo per la scoperta di nuovi birrifici. Anche qui, si fanno investimenti. Si apre alla mescita, si fanno promozioni per far provare cose nuove. Si cura il cliente consigliando abbinamenti, proponendo chicche poco conosciute, ma meritevoli. Poi arriva il primo lockdown, nemmeno qui ci si arrende. Oltre che organizzarsi per la consegna (ordini fino alle 14.00, poi si va in giro a portare le birre), possiamo fare di più, possiamo organizzare tutti gli esercenti vicini, il piccolo negozio di alimentari, la macelleria di paese, il fornaio e il fruttivendolo. “Allora facciamo una pagina su facebook, una vetrina dove possiamo promuovere il servizio di ciascuno di noi. No, non serve che mi paghi, lo faccio anche per me”. Poi si può tornare, ad una nuova normalità, ci sono regole diverse, ma si può aprire. Anche qui, mascherina e occhi che iniziano a sorridere.

Poi arriva il “mini” lockdown. Dopo aver perso mesi senza fare nulla per i trasporti pubblici, non aver organizzato per niente le scuole, non aver investito in sanità, dopo aver gettato soldi in aziende decotte, erogato bonus monopattino, acquistato banchi con le ruote… Decidiamo di togliere le opzioni a chi ne ha già poche e lasciamo che si scriva “vediamo se teniamo aperto”.

E a poco valgono i discorsi del tipo: "che imprenditore sei se non hai messo da parte qualcosa?"

Perché questi imprenditori hanno messo via, ma hanno investito (in tempi non sospetti) nella loro attività, hanno investito per adeguarsi alle normative, pagano stipendi, pagano tasse. E potrebbe anche essere che valga la pena chiudere baracca avendo messo via qualcosa. Sempre meglio che continuare a mettere soldi in un'attività che, per cause indipendenti dalla loro volontà, ma totalmente dipendenti da una gestione oscena della pandemia, si sta trasformando in un pozzo di San Patrizio.


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Qui la puntata del podcast di Rick Du Fer

* Gerd Altmann

Francesco Russo

Consulente in azienda costi da distrazione | Formazione aziendale | Benessere (stress ansia burnout) | Divulgatore scientifico e autore di libri | Speaker LVDM | 道人

4 anni

Matteo, condivido le tue idee, che comunque non penso che siano così "personali". Se devo essere sincero non ho mai molto amato i post "pillola positiva" anche prima della pandemia. Credo che i social molto spesso sono lo specchio di come vorremmo apparire agli occhi degli altri. Si ha paura di far vedere come realmente siamo. La realtà è che oggi 9 aziende su 10 sono in difficoltà. Chi più chi meno. Certo ci sono sicuramente casi di chi sta lavorando, ma puoi anche essere un drago sui social, bravo a fare analisi dati, essere creativo, ma se una larga fetta della popolazione è in difficoltà, come si dice non c'è troppa per gatti. Non sono negativo. Sono realista. Ogni giorno scarpino parecchio per trovare nuovi clienti. Io non sono un guru... e l'unica cosa che posso fare è dire a un cliente: sono qui, siamo assieme, mettiamocela tutta, ... i miracoli li lascio agli altri.

🔹️Monica Costantini🔹️

Export Management & Marketing - Business English Trainer and Translator

4 anni

Situazione drammatica a dir poco! C'è una nazione intera senza più fiato e sul bilico di un burrone. Solidarietà alle categorie più penalizzate da questo risultato di massima incompetenza e scelleratezza.

Chiara Bellavitis

Docente abilitata all'insegnamento della lingua inglese e tedesca nella scuola secondaria

4 anni

bell'articolo da condividere :) ormai non si sa più che santo chiamare

Marzio Zanato

GC&P Senior Consultant, GC&P Innovation Manager, Coach & Expert in Change Management, HR Temporary Management, Trainer certificato presso TTI SUCCESS INSIGHTS® Italia, Certificato Trainer and Coach Value Selling

4 anni

La resilienza si manifesta con le vere privazioni, con i lutti, con la malattia, con gli infortuni, con il dolore e sofferenza nel fisico e nella mente, con la sordita' agli slogan andra' tutto bene o saremo migliori e l'abbraccio alla paura come emozione fondamentale all'istinto di sopravvivenza. La resilienza inizia a fare capolino non di fronte allo schermo o tastiera ma entrando in sala operatoria, stringendo la mano dei tuoi affetti in un letto di ospedale, con la compassione, con il saluto di chi ami partito per l'ultimo viaggio. La resilienza sono le parole di Eraclito : “Ogni giorno, quello che scegli, quello che pensi e quello che fai è ciò che diventi.”

Riccardo Bressan

Stimolo la creazione, il miglioramento e la manutenzione di processi di produzione robusti. Metto insieme idea, progetto e prodotto. Sfrutto tutta la tecnologia e la digitalizzazione che ho a disposizione per riuscirci.

4 anni

ho ascoltato anche io RickDuFer, in una trasmissione molto tesa. Hanno perso 6 mesi, questo è il dato raccapricciante.

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