Vicini, distanti, soli, uniti, le parole della pandemia
Abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo un periodo straordinario da un punto di vista sociale, economico e psicologico. Negli ultimi mesi mi sono chiesta più volte quali sarebbero state nel lungo periodo le conseguenze psicologiche della pandemia. Non soltanto sui singoli individui ma anche e soprattutto sulle coppie, il centro del mio lavoro come psicopedagogista e sessuologa.
Quanti si sono soffermati sulla sofferenza psicologica che tutta questa situazione ha determinato? Di recente diversi studi e ricerche hanno cominciato ad accendere i riflettori proprio su questi aspetti. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un allarme qualche giorno fa, sottolineando come la salute mentale di importanti fasce della popolazione sia stata sottoposta a un notevole stress.
Equilibristi sul filo delle emozioni
Cosa ha significato essere rimasti in casa da soli, in isolamento sociale per due mesi? O essere stati costretti a condividere le quattro mura domestiche con i propri familiari, partner e figli a loro volta disorientati? O ancora quanto pesa l'incertezza per il futuro, dal punto di vista lavorativo ed economico?
Come si può ben comprendere sono fattori che mettono a dura prova l’equilibrio mentale di ognuno di noi. C'è una soglia, che secondo alcuni studi è di circa dieci giorni, oltre la quale la clausura forzata provoca stress. Si sa con certezza che la mente umana dopo questo periodo di isolamento inizia a cedere, mentre il nervosismo, la tensione e l'ansia hanno il sopravvento. Prendono piede sensazioni, stati psicologici ed emotivi che possono diventare difficili da gestire per molti.
A questo aggiungiamo un altro fattore che è intervenuto ad agitare il nostro stato emotivo: la paura di venire infettati. Nonostante il rispetto delle norme, il timore di ammalarsi, a maggior ragione in una situazione straordinaria, può crescere fino a diventare irrazionale e pervasivo. Ad aggravare il tutto, la riduzione al minimo dei rapporti e delle relazioni sociali apre la porta alla solitudine, alla noia e alla frustrazione.
La descrizione di questo scenario ci fa capire come sia facile, nelle circostanze che stiamo ancora in parte vivendo, precipitare in un baratro di emozioni complesse e molto difficili da gestire che, in momenti di particolare fragilità mentale ed emotiva, possono spingerci verso il disagio psicologico.
Una presenza assente
La coppia è un microcosmo non esente dai rischi che ho delineato. Stare obbligatoriamente tra le quattro mura domestiche, insieme ai propri familiari, partner e figli, spesso annoiati e nervosi, causa sia sofferenza che insofferenza. L’accostamento dei due termini non è un gioco di parole, ma un mix micidiale tra due concetti solo foneticamente simili: da una parte il dolore, dall'altra l'incapacità di sopportare, un corto circuito che può avere conseguenze esplosive. La coppia, per alcuni aspetti può innescare o amplificare questi rischi.
Proprio nelle ultime settimane mi è capitato di leggere un articolo sull’aumento esponenziale dei divorzi in Cina, a causa della quarantena forzata. Che tale impennata sia stata vera o meno, poco importa. Quello che conta è che l’obbligo di restare per forza nelle nostre case con coniugi, figli bisognosi di attenzioni, talvolta con lo smart working cui dedicarsi, ha messo a dura prova la tenuta molte coppie.
Abbiamo sperimentato la presenza costante dell'altro, del nostro partner. Ma sperimentare la presenza dell'altro non significa “sentirlo”, così come essere sempre presenti non significa “esserci”. Senza un dialogo, un’intesa che muova dalle emozioni, la presenza dell'altro diventa ingombrante, addirittura asfissiante, quasi insopportabile.
Quella che invece è mancata è stata l'assenza. Anche questo sembra un gioco di parole ma ciò che intendo dire è che marito e moglie, o due conviventi, nella loro quotidianità organizzano la loro vita sulla presenza e anche sull’assenza dell’altro. Nella normalità si fanno delle cose insieme al nostro partner e se ne fanno altre senza di lui. La separazione tra spazi sociali condivisi e spazi privati è vitale per la maggior parte delle coppie.
In queste settimane tutto è cambiato, tutte le nostre abitudini sono state stravolte. La mancanza di un tempo per sé, uno spazio psicologico tutto nostro, ha messo in crisi l’equilibrio psico-emotivo e l'armonia di coppie apparentemente affiatate. La tensione, il nervosismo e l'irrequietezza sono diventati sgraditi compagni di quarantena. È possibile fare ancora qualcosa?
Le parole dell'altro e le nostre emozioni
Sarebbe bello che un giorno, ricordando questo momento, emergesse, non solo il ricordo della paura, dell’angoscia o, in alcuni casi, del dolore che certamente tutti noi abbiamo sentito, ma anche il ricordo della solidarietà tra le persone. Ad oggi, la parola che continua a risuonarmi, nella testa e nel cuore, è sostegno.
Ripensando ai giorni appena trascorsi, sento che le esperienze più belle le ho riscontrate in tutte quelle forme di aiuto che, a distanza, o in presenza quando possibile, hanno rinforzato i legami o addirittura li hanno creati; si pensi alle persone estranee che in qualche modo sono entrate nelle nostre vite. Chi ha riscoperto gli altri mettendo a loro disposizione qualcosa di sé, delle sue competenze e del suo tempo, ha combattuto con meno angoscia il senso di isolamento. Sarebbe bello se questa consapevolezza non venisse sprecata, ignorata o semplicemente riassorbita dalla normalità.
Alle coppie suggerisco di ascoltarsi. Il periodo più duro forse è alle spalle, tuttavia le difficoltà emerse durante l'isolamento possono lasciare segni pesanti nel presente e nel futuro. Chi ha avuto problemi, sfrutti il ritorno alla normalità come un'occasione per risolverli, recuperando l'empatia, esercitandola, curandola.
Si è detto che il lockdown poteva essere una grande opportunità. Io dico che anche il post lockdown può esserlo. C'è sempre un'occasione per dare il meglio. E le parole sono uno strumento fondamentale in questo percorso. Spesso diamo per scontato che il nostro partner ci debba capire senza troppe parole, semplicemente osservando i nostri comportamenti; che debba interpretare i nostri bisogni, quasi fosse facile comprenderli e, di conseguenza, soddisfarli. Ma non è così.
Se desideriamo essere capiti, rincuorati, rassicurati, confortati, allora è necessario parlare. E’ necessario tradurre in parole i sentimenti e le emozioni che vivono in noi. È necessario verbalizzare chiaramente le angosce, i timori, le preoccupazioni. Insomma, comunicare.
Le parole sono state un'ancora di salvezza per molti durante i mesi del lockdown. Riscopriamole come chiave per vivere meglio anche ora che l'isolamento è finito.