«Videogame, cultura e business: la terna (im)possibile» – Intervista a Luca Federici di Vincenzo "Heianelf"​ Terracciano
Banner di annuncio per la prima puntata del talk show di Vincenzo "Heianelf" Terracciano su Twitch TV

«Videogame, cultura e business: la terna (im)possibile» – Intervista a Luca Federici di Vincenzo "Heianelf" Terracciano

[INTRO]

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Incredibile, sei sempre elegante: sei proprio una persona elegante.

Ti ringrazio, anche perché detto alle 22:30 del I giorno di zona arancione in quel di Milano, considerando che ancora non sono uscito di casa, vale doppio.

La cosa bella è proprio quella: io faccio fatica a mettermi il deodorante per fare una live su Twitch TV.

😂 [RIDIAMO] 😂

A questo punto io direi di partire subito con il botto... Go, go, go: sigla!

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Eccoci qui alla prima puntata del talk show. C'è voluto un po', c'è voluta una settimana: abbiamo preparato e sistemato tutto, quindi chiamato gli ospiti. Così si è deciso quello che è il primo argomento. Sicuramente, essendo uno spettacolo basato sulla conversazione, bisognava parlare di qualcosa di interessante e di attualità; siamo su Twitch e non possiamo dimenticarci che la piattaforma di live streaming di Amazon rappresenta l'era del videogame, perché è sicuramente il suo media. Quindi non si poteva che partire proprio durante la settimana di lancio di PlayStation 5 e specificatamente su questa tematica, quali sono i "giochi elettronici". E parlando di siffatto topic, la persona che fin dal primo momento ho pensato, è stata lui. Io non voglio fare presentazioni, ne ho fatte già abbastanza e ho usato anche Instagram per annunciare che personaggio ho invitato oggi. Vi dico soltanto che è stato Brand Ambassador di Sony PlayStation, ha svolto un internship nel settore della Corporate Investigation, cioè, non so se rendo: è stato uno "007"! Inoltre, ha scritto il libro che ho proprio qui con me Mafia e mafie: Cosa nostra e la dote vincente ma, soprattutto, è un collega in studi e un amico... Signore e signori: Luca Federici. Benvenuto!

Grazie mille Vincenzo, sono davvero felice che hai voluto me per inaugurare questo nuovo format qual è il tuo talk show; grazie anche agli spettatori: sia in diretta che in differita, qui, su Twitch. Piattaforma, come anticipavi, in cui parleremo di videogioco ma non soltanto perché i videogame sono qualcosa che ci fa divertire ma sono pure qualcosa di molto diverso e persino di molto più. Sono infatti una delle industrie più ricche al mondo e sono uno strumento di comunicazione: e la comunicazione è potere, potere che vedremo anche come può essere utilizzato... Talora in via positiva, tal altra meno.

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Mamma mia: ci sono un sacco di cose che devo chiederti, ma non voglio entrare subito a parlare di tematiche oltremodo importanti e profonde che sono oltretutto proprio quelle che hai toccato nel libro. Ora voglio iniziare con qualcosa di molto semplice: voglio conoscerti e farti conoscere meglio al nostro pubblico, così, su due piedi: la comprerai la PlayStation 5?

Assolutamente sì: PlayStation 5 rigorosamente in Digital Edition e non per motivazioni economiche (in quanto costa €100,00 in meno rispetto la standard) bensì perché è di una bellezza sconvolgente: è di una sinuosità esibita mai vista prima nel panorama hardware dei dispositivi da gioco per salotto.

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Venderà sicuramente tantissimo: gli analisti prevedono numeri assurdi nell'arco dei ciclo vitale della console. Oltretutto in un mondo, quello del videogioco, che è già ricco...

Non è "soltanto" molto, ma è il più ricco del mercato dell'intrattenimento: pensa che cuba, di fatturato, più del business discografico e cinematografico messi insieme e il 2020 sarà il migliore anno di sempre, anche perché c'è stato quel qualcosa chiamato SARS-CoV-2 derivante la malattia del COVID-19 che, collateralmente, ha rinchiuso per mesi circa 5 miliardi di individui tra le proprie 4 mura di casa per 24 ore al dì. È stato un acceleratore sotto ogni punto di vista: a livello tecnologico-digitale nel business ma anche per l'emancipazione di percezione dei videogiochi. Si pensi che fino a un anno fa, nel 2019, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) parlava dei videogame esclusivamente come qualcosa di negativo, catalogandoli come nuova dipendenza («gaming disorder») ingeneranti malattie, mentre quest'anno li ha elogiati individuandoli come strumenti chiave per sopravvivere nel perdurare del lockdown mondiale. Ma attenzione, comunque, quanto asserito l'anno scorso non è stato smentito dalle nuove affermazioni, checché se ne possa dedurre anche dalla stampa specializzata. Semplicemente, possiamo cogliere che: non usare ma abusare del videogioco può portare a determinate pecche. Ma se ci pensiamo, pressoché per ogni cosa è, effettivamente, così. Un esempio? Si può morire anche per bere troppo e non mi riferisco all'alcol bensì all'acqua: al cosiddetto avvelenamento da acqua. Noi cerchiamo H2O negli altri pianeti per sapere se c'è vita in quanto ne è di sua quintessenza, ma noi, esseri viventi, se ne beviamo troppa in un periodo temporale ristretto e per dirla in parole povere: ci si diluisce eccessivamente il sangue e ciò può portarci al coma e finanche alla morte. Insomma, dipende tutto dall'uso e da come viviamo gli "strumenti" che abbiamo a disposizione: sono gli estremi che possono essere esiziali.

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Una cosa fondamentale e cui bisogna parlarne. Anche perché è sempre sulla bocca di tutti il fatto che ogniqualvolta si discetti di videogiochi emergano principalmente due tematiche: la prima concerne i giovani, per cui i videogame sono sempre identificati con loro; la seconda, che è molto collegata con quello che stai dicendo tu, è che il gaming è qualcosa sempre catalogato come deleterio per le menti in formazione . Però non capisco perché quando si parla di altri media, come il cinema o la musica, non si discorre di quanto essi possano fare male ai giovini. Tu cosa ne pensi?

Videogiochi e giovani sono un binomio da sempre e probabilmente per sempre vero e questo è un fattore molto positivo per il medium, perché costoro rappresentano le nuove generazioni, che sono: effervescenza, novità, rottura dei tabù e degli standard. Ma oggi come oggi non è più un assioma sufficiente, anche per quello consecutivamente afferente, ovverosia che i videogiochi, allora, sono (solo) giocattolini. Sono diventati necessariamente qualcosa di molto più, pure in quanto si è estesa la platea dei videogamer: dilatatasi in termini di anagrafica, perché i giovani di una volta (anni Ottanta del XX secolo) oggi sono diventati genitori e allevano i loro pargoli con una cultura e una mentalità diversa e più consapevole nell'approccio (non dando, verosimilmente, un Grand Theft Auto (GTA) a un bambino di 5 anni). Al contempo, fortunosamente, si è espansa anche la parità di genere all'interno della comunità videogiocante, ove, oggidì, poco meno della metà sono donne (per la quasi unanimità concentrate sulle piattaforme smartphone) e questa è una grande ricchezza; un po' meno la si ha nell'industry, ma anche lì, piano piano, ci si sta lavorando.

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Wow: hai toccato tematiche, due in particolare, bellissime e importantissime cui potremmo e dovremmo stare qui a parlarne per quattro puntate: la parità di genere e la vexata quaestio di GTA. Quest'ultimo è il topic su cui vorrei ora premere. Perché, sempre, quando si deve criticare il sistema videogioco, si deve parlare (male) di GTA. Esso è la pietra dello scandalo, il "corpo del reato" dimostrante che il videogioco faccia male ai giovani. Io voglio capire, onestamente, cosa pensi di GTA. Partiamo comunque da principio per spiegare al pubblico, in parole povere, cosa esso sia: GTA, acronimo di Grand Theft Auto, è un software da gioco pubblicato da Rockstar Games con una struttura sand box e open world, ergo ove c'è un mondo intero digitalmente ricostruito e da vivere (solitamente ispirato a metropoli statunitensi), dove il giocatore controlla un fuorilegge e la sua ascesa nella criminalità organizzata. L'avatar, al contempo, può condurre anche una vita parallela e fare cose positive come espletare attività collaterali quali sono i mestieri del vigile del fuoco, dell'autista di ambulanze e addirittura del poliziotto. Ivi, ovviamente, essendo un gioco in cui in primis impersoni un criminale, puoi essere l'autore di efferati omicidi (femminicidi inclusi: come l'eliminazione di prostitute ex post copulazione) e traffici di stupefacenti, con tutte le altre attività illegali annesse. Ovviamente chi compra questo titolo è "attratto" dalla carica "anarchica" e distruttiva dell'alter ego e "compie" le peggio efferatezze. Quindi se ne deriva che poi il gioco GTA viene pesantemente criticato. Io lo voglio sapere: tu cosa ne pensi di GTA?

Partiamo da un dato di fatto: GTA è uno dei videogiochi più famosi al mondo; è il terzo videogame più venduto nella storia, con 135.000.000 in sell out e ciò vuole dire che è stato piazzato per altrettante volte a persone fisiche, oltretutto difficilmente a prezzo budget; è l'unico titolo che attraverserà da AAA e must have, tre ere di console (la settima, l'ottava e la nona generazione di hardware domestico-videoludici, per capirci, la successione: PlayStation 3, 4 e 5 ove in quest'ultima variante è in dirittura d'arrivo nel 2021); è diventato un fenomeno di costume accomunante molteplici generazioni e molto spesso fa parlare di sé, per non dire sempre, "semplicemente" perché ha una reach pazzesca. Se fai un titolo di giornale con su scritto GTA: quella notizia esplode, il count delle visualizzazioni si impenna. Sempre. Perché? In quanto GTA è divenuto parte di noi. Ma attenzione, perché lo è diventato pure per meriti intrinseci al media: Rockstar Games è stata premiata alla carriera (2014) per «risultati eccezionali nelle forme artistiche dell'immagine in movimento» nientemeno che dalla British Academy of Film and Television Arts (BAFTA), gli "Oscar britannici", il più alto riconoscimento possibile, provenuto non dall'ambito dei videogiochi propriamente detti, ma, appunto, dai film. Ciò proprio per quello che esso ha rappresentato nel medium della comunicazione e perché il brand di R* è anche la più pura, esaltante, estremizzata critica di quello che siamo come società e peculiarmente con un'analisi al fulmicotone dei nostri lati più deleteri. Esemplificando empiricamente, infatti, l'unica volta che ho posato il pad durante un gameplay non è stata (e non spoilero nulla, tranquilli, ma chi lo ha completato sa a cosa mi sto riferendo) neppure sul finale di The Last of Us: Parte II bensì, appunto, fu proprio per un GTA, il V e per la precisione durante una missione in cui uno dei 3 protagonisti deve torturare anche con il waterboarding una delle sue malcapitate vittime. Scene di gameplay cui, interagendo, il videogiocatore deve compiere ovviamente azioni brutali ma, attenzione, perché è proprio questa fattispecie e quel che ha ingenerato in me a essere un valore aggiunto della potenza del videogioco ed espressiva degli sviluppatori di GTA perché così facendomi inter-agire, sta esprimendo una mastodontica critica di una certa parte dell'Occidente (e quivi precisamente parafrasando l'invasione dell'Iraq con i consecutivi scandali stile Abu Ghraib) e che intimamente suscitano sdegno. E questo, si badi, pur non essendo un gioco propriamente educativo: nondimeno centrando perfettamente la sua missione. Dissacrare la realtà del nostro mondo, riuscendoci attraverso il farcelo "provare".

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Proprio parlando di questa funzione educativa del videogame, prima dello show, ci siamo sentiti parlando un po' della tematica e ho capito che il videogioco non è soltanto e per forza intrattenimento ma a volte può essere anche istruzione ed educazione, pure per i giovani. Mi hai detto che c'è un titolo che in Polonia che viene "assegnato" come se fosse un libro e che serve agli studenti di quell'anno, giocandolo e vivendolo, come mezzo di apprendimento, in particolare della storia come materia. Una cosa nuovissima e che magari in futuro potrà essere adottata in altri Stati europei. Vuoi dirci di più?

Assolutamente sì: This War of Mine è un titolo sviluppato da 11 bit studios e pensate, ormai è un'opera uscita 6 anni fa: questo anche per capire il tempo che è necessario per affermarsi come tale, come medium. Se ci riesce, inoltre, è poi pure grazie a noi, ovverosia grazie alla comunità dei videogiocatori: che si deve mettere in testa che le cose non accadono semplicemente con il passare del tempo ma perché noi ci determiniamo nel realizzarle, come pure e meritoriamente stiamo facendo ora parlandone assieme in questi termini. Ebbene, uscito nel 2014, il predetto parla di come la popolazione civile coinvolta in un conflitto possa vivere in tempo di guerra nella gestione della vita quotidiana, ove gli stessi vicini di casa possono trasformarsi in una minaccia alla tua sopravvivenza: stenti, tetto domestico che ti crolla addosso per le bombe che piovono come gocce d'inverno, la stessa cittadinanza che si trasforma in antagonista e disposta a uccidere per una fetta di pane. Ebbene, per la prima volta e proprio in coincidenza dell'apertura di quest'anno scolastico, è stata inserita quest'esperienza di gameplay in equivalenza a un libro di testo consigliato per l'erudizione a tutti gli studenti almeno maggiorenni per le scuole superiori polacche. Perché almeno diciottenni? In quanto le tematiche ivi snocciolate sono destinate a un pubblico adulto e questo è una cosa molto importante da dichiarare a un uditorio che non ha dimestichezza con il videogioco, sapere che ci sono fasce di età in grado di capire quali videogiochi sono destinati a essere "vissuti", in quanto possono avere anche contenuto molto, molto duro e questo è proprio uno di quei casi.

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Il famoso PEGI (Pan European Game Information): quello che emerge quando guardiamo le pubblicità dei videogiochi ed è inscritto nelle scatole o nelle pagine di acquisto, giusto?

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Esatto, proprio il PEGI; non a caso, tornando al summenzionato GTA, tutti i suoi capitoli hanno PEGI +18, ovverosia il massimo della gradazione possibile indicante il consiglio di destinazione in fruizione a un pubblico adulto.

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Ora voglio assolutamente parlare del tuo libro. Cioè, sinceramente, questo libro io l'ho quasi finito e ce l'ho da neanche una settimana, 5 giorni. E sono arrivato sul capitolo trattante il binomio mafia-videogame, sul quale ovviamente mi sto soffermando. Però, prima, un passo indietro: è un libro particolare in quanto è stato concepito come un videogame. Mi spieghi dell'idea dietro a quest'opera, una concezione di pubblicazione che io non avevo mai visto prima.

Ti ringrazio oltremodo per il parere così generoso, a caldo, della lettura. Lo dirò immodestamente ma il dato più interessante e innovativo del libro in quanto "strumento" adottato per la pubblicazione è proprio come decisi di editarlo, a conditio sine qua non. Se un'edizione, infatti, una volta pubblicata è tale per sempre e sei "costretto" ad acquistare quella successiva, io mi sono ispirato ai videogiochi e a un certo loro modello di business. Ho in altri termini preso e appreso la metodologia di rilascio dei downloadable content (DLC) che da fenomeno dapprima infestante l'industry, è poi diventato fisiologicamente ben strutturato. Così ho fatto, nel 2018, quando dopo aver distribuito le prime bozze a un pubblico selezionato, mi sono guardato attorno alla ricerca di uno sbocco editoriale. Non voleva né essere l'ennesimo libro tradizionale né un'altra iterazione di opera letteraria discettante di mafia. Volevo pubblicare un "sistema": uscito nel maggio di due anni or sono, l'ho aggiornato con il major update un anno fa, trattando degli sviluppi sulle vicende cronachistico-processuali di mafia e quest'anno, con oltre 60 pagine concernenti il capitolo mafia-videogame. Ci tengo a precisare che i predetti DLC sono tutti gratuiti per i già acquirenti che li possono scaricare tramite Amazon per la versione ebook. Esemplifichiamo: chi ha acquistato la copia cartacea ha gratuitamente diritto anche alla versione elettronica del libro, che gli permettere di poter aggiornare l'opera via download su Kindle a ogni rilascio di update, avendo così l'edizione digitale aggiornata. Chi invece dovesse comprare il libro oggi o lo leggesse via Kindle Unlimited non si deve preoccupare di alcunché perché è tutto incluso ab origine. Allacciandoci concretamente all'ambito dei videogiochi una case history in tal senso è No Man's Sky di Sean Murray.

Voglio chiederti un'ultima cosa, la prendo proprio dalla conclusione del tuo capitolo La mafia nel nuovo medium: il videogame, ed è una citazione che mi è piaciuta particolarmente

«I videogiochi possono essere anche un metodo formidabile di apprendimento per la didattica scolastica del futuro, che è completamente non sincronizzata con il profilo cognitivo dei nostri figli. Questo non ci deve spaventare, perché è un’evoluzione e non un problema» [F. Tonioni, direttore del Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicopatologia da Web presso la Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, Radio Popolare, 2020].

Ritengo infatti sia una perfetta affermazione del discorso che noi stiamo facendo, in quanto è il corretto approccio per affrontare la tematica del videogioco...

Sì, condivido: la citazione è dello psichiatra e psicoterapeuta Federico Tonioni ed ebbe a proferirla in "risposta" a una polemica accesa di quest'estate infuocata in cui un onorevole della Repubblica, membro della "Commissione antimafia", tuonò contro il "fenomeno" di Mafia City. Che cos'è Mafia City? Un videogioco molto basilare e non di recente fattura ma negli ultimi mesi cospicuamente sponsorizzato via campagne advertising sui social network (Facebook su tutti) e che secondo il parlamentare, portava i giovanissimi a essere dei piccoli grandi mafiosi («Subdolo strumento di propaganda mafiosa e di istigazione alle pratiche delinquenziali»): a parere del sottoscritto, del tutto errando ancorché vi siano anche videogame che "non dovrebbero esistere" ma, diciamo, che questo di cui trattasi è semplicemente un titolo mediocre. Contrariamente, invece, a quello che è il "brand" di Mafia dal 2002 in poi, a partire dal capostipite Mafia: The City of Lost Heaven; Mafia II (2010); Mafia III (2016) e Mafia: Definitve Edition (quale remake del I, uscito il 25 settembre 2020). Essa è la serie che, tra le tante nel gaming "trattanti" di criminalità (in cui menziono nell'espansione capitolare pure il "fenomeno" GTA), approfondisco. Perché? Perché al loro "interno", in particolare il primissimo (pensate: uscito 18 anni fa), descrive anche utilizzando la fantasia, cosa sia la mafia. E parlo da chi ha presentato questo libro nelle scuole: se vuoi ingaggiare il pubblico della generazione Z, devi farlo con qualcosa che necessariamente parli il loro "alfabeto", che sia engaging, che possa farli partecipare (interagire) e che dia "qualcosa" a loro che vada oltre l'"impartire".

Poi ci sarebbe anche da approfondire del "percome" è possibile che vi sia un "marchio" Mafia, quivi nell'ambito videoludico. E non è una rarità: essendoci anche Yakuza, serie cult di Sega. Oltretutto non ci facciamo caso ma esse (Yakuza e la mafia italiana, e precisamente la 'ndrangheta) sono 2 delle prime 3 associazioni mafiose più potenti al mondo [e per chi se lo stesse chiedendo, la rimanente della terna è quella russa].

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Vi sono già 2 domande in chat, vado con la prima: «Cosa ne pensi della differenza tra Millennials e generazione Y per quanto riguarda la creazione di nuovi titoli (ormai ci sono sempre meno titoli nuovi e sempre più remastered)?»

Piccola precisazione: i Millenials sono la generazione Y [il formulatore del quesito si riferiva alla generazione Z]; comunque, il fenomeno delle remaster è una delle caratteristiche dell'industry videoludica che essendo orientata alla componente commerciale, anche espletando il minimo sforzo per il massimo risultato, sfornano i rifacimenti rimasterizzati: un po' come uno studentello universitario all'appuntamento con gli esami. A volte può essere anche apprezzabile e positiva, pure se "semplice" remaster (magari per chi all'epoca non ha voluto o potuto giocare a quel specifico videogioco [es.: The Last of Us su PlayStation 3] e per una questione di mera non-retrocompatibilità della console successiva, ha il desiderio di recuperarlo [appunto, con The Last of Us Remastered su PlayStation 4]). In altre occasioni si è caduti male... Vogliamo dirla tutta? In Mafia: Trilogy, che in un unico bundle ha sì il remake (Mafia: Definitive Edition) del primo episodio ma ha pure Mafia II: Definitive Edition che è una remaster pessima dal punto di vista tecnologico del secondo capitolo e, infine, il III, che semplicemente lo "assembla" con i DLC nel frattempo rilasciati già integrati. Un approccio così può essere utile? Sì, però non è che sia complessivamente eccezionale.

Un'altra domanda dal pubblico, questa volta molto più semplice: «Domanda facile per entrambi: qual è il vostro videogame preferito?»

Vai, rispondi prima tu.

Il mio videogioco preferito, a oggi, è God of War (anche se ancora non ho ultimato The Last of Us: Parte II).

A quale ti riferisci: a quello uscito su PlayStation 4 (2018) o il primissimo uscito per PlayStation 2 (2005)?

L'ultimo: quello per PS4. Ritengo sia il miglior gioco mai "playato" nella mia vita.

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Beh, visto che è il tuo titolo preferito, allora ti consiglio di vedere God of War | Raising Kratos | "Making Of" Documentary, un bellissimo video prodotto da Sony PlayStation e fruibile gratuitamente su YouTube e che narra le "gesta" del dietro le quinte, del sudore, delle lacrime e del "sangue" anche in termini di organizzazione e di management inerenti lo sviluppo del titolo. Nondimeno, non volendo tergiversare, il mio videogioco preferito, probabilmente, perché è nel mio cuore, è Grand Theft Auto: San Andreas.

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Che è stato anche nominato in chat! Propongo subito un altro quesito: «Chiedo a Luca come spiega il binomio mafia e videogiochi, oltre alla struttura innovativa del volume?»

Certamente: Mafia è una serie videoludica che ha una componente narrativa fortissima e tratta a suo modo di mafia, in questo caso quella italoamericana, in maniera che si può anche definire approfondita perché ci sono innumerevoli aspetti durante la storyline che hanno una valenza che può essere impiegata finanche nelle scuole e nelle università per spiegare, in particolare alle nuove generazioni che hanno dimestichezza col medium e in mood ingaggiante, cosa sia e cosa non sia la mafia. Addirittura il primissimo capitolo presenta un personaggio che per la prima volta in assoluto nella storia dei videogiochi [e una rarità persino per altri mezzi di espressione], va anche a descrivere la componente che distingue la mafia da qualsiasi altra forma di criminalità organizzata, compresa il gangsterismo (cui viene sovente confusa): e questo elemento è la componente di Potere con la p maiuscola, intesa come intraneità della crema della classe sociale, ovverosia di quei soggetti di prestigio e appartenenti al potere (legale) che compongono dall'interno la consorteria (per capirci: politici, imprenditori, dottori, finanzieri, etc.), o ne sono conniventi, e che le conferiscono quel quid, quella che fin dal titolo del libro ho definito la «dote» che le ha permesso, unica forma criminale nella storia umana, di prosperare per 160 anni. Questo cursus è analizzato nel capitolo tra esperienza virtuali del gioco e quelle della realtà (sia per fatti di cronaca che di storia, quella d'Italia e quella di Cosa nostra) per ciascuno e tutti i capitoli di Mafia.

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Altra interrogazione dal pubblico: «Il concetto di “autore” nel mondo dei videogiochi si è perso quasi subito a cavallo tra anni Ottanta e Novanta del Novecento. A oggi sono rimasti ben pochi nomi che la massa sa riconoscere (Hideo Kojima, Shigeru Miyamoto o Neil Druckmann). Questo limite finisce con l’impattare negativamente l’immagine che ha il videogioco quando paragonato a media come musica e cinema. Come può (se può) essere superato questo limite?»

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Bellissima domanda a cui sarà difficile rispondere. Sembrerà che voglio schivarla ma anche no. Innanzi tutto Miyamoto (2010) e Kojima (2020) sono stati gli unici soggetti orientali, nella storia, a essere insigniti con il BAFTA Fellowship: non è poco, come riconoscimento, per il medium dei videogame. Commercialmente, infatti, l'industria dei videogiochi esiste da 50 anni e quindi è relativamente giovane, ciò ha i suoi pro e i suoi contro. È vero però che questo fenomeno è trasversalmente caratterizzante sia l'Est che l'Ovest del mondo, probabilmente anche per un timore di non voler legare un'opera solamente a una persona ma poi anche perché i videogiochi, io credo, sono stati a lungo considerati anche dagli stessi creatori (o perlomeno dal management attorno) un "giochino".

A Miyamoto, già citato, se qualcuno gli chiede cosa egli sia, lui risponderà, come ha già fatto (dieci anni fa e nel 2016), di non essere un'artista. Il "padre" della "rinascita" dei videogiochi si considera un designer: un game designer. E qui ci si può allacciare con un'altra considerazione: un designer può essere un'artista e non spetta necessariamente ed esclusivamente a lui darsi dell'artista, magari pure perché è una persona estremamente modesta, ma potrebbe spettare a noi (quasi come dovere morale, etico e professionale). Con ciò faccio un altro esempio, su differente campo: Angela Merkel è la quintessenza del femminismo, ma lei rifugge dal definirsi tale, eppure de facto, è la persona più femminista vivente in Europa. Quindi, probabilmente, dovremmo essere noi, gamer, in grado di far sbocciare questa convinzione. I fatti e la maturazione singola nonché collettiva hanno bisogno di tempo al fine di fruttare. Certo, quando passano i titoli di coda è un po' arduo da attuare, ma è uno sforzo che siamo chiamati a fare.

Penultima domanda, secca «Max Payne su PC?»

Beh, stiamo parlando di uno dei più grandi videogiochi di sempre nel suo genere [sparatutto in terza persona, in single player e a forte impronta narrativa]: probabilmente è "scivolato" con il terzo capitolo, seppur preso in mano da Rockstar Games (2012), ma speriamo che ci riprovi.

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Ultimissimo quesito: «Associare una cosa negativa ad uno strumento ludico non rischia di essere controproducente per una bambino che sta ancora crescendo? E non rischia forse anche di banalizzare un argomento serio come la mafia?» Questa è importante ed è anche una bella domanda contenente pure una bella frecciata, che ti lascio sviluppare in risposta.

Attenzione a non cadere nel bias: con i bambini quest'argomento non ha nulla a che fare perché i videogiochi si rivolgono a un pubblico a 360°. Esattamente come fa la musica o precisamente come fa la cinematografia. I videogiochi sono un mezzo espressivo, comunicativo: sono l'ultimo medium. Ultimo non certo per importanza ma a livello di anagrafica; sotto altre metriche sono già ampiamente al primo posto (ripetiamolo: come per il valore di fatturato e di utenti). Più precisamente, il videogame Mafia e con esso tutta la di sua triologia ossia quella da me analizzata nel capitolo, si rivolgono solamente a un pubblico adulto (+18).

Per quanto riguarda la possibile banalizzazione della mafia nell'ambito videoludico, io invito a leggere il capitolo del libro, perché si vuole fare proprio ciò: utilizzare questo potentissimo mezzo di comunicazione qual è il videogame e che è dato proprio dall'inimitabile interattività del media per far emergere in maniera diretta, spontanea e "vissuta", in particolare a un pubblico già "pronto" qual è quello dei giovani ma che non siano dei bambini, come appunto esplicitato dal caso di This War of Mine (trattando peraltro sulla sopravvivenza di inermi civili durante una guerra), quale equivalente di libro di testo consigliato nelle scuole polacche per gli studenti maggiorenni, che cosa possa essere o non essere la mafia. Come diceva un detto: «Dimmelo e lo dimentico. Insegnamelo e lo ricordo. Coinvolgimi e lo imparo», ed è proprio questa la pregnanza del videogioco.

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Caro Vincenzo, so che siamo in chiusura e, proprio per questo, concedimi pertanto un minuto e mezzo che ti assicuro sarà ampiamente ripagato: per te, per me, per chi ha formulato la domanda e per tutti noi; utile proprio per emancipare il media videoludico dal concetto di "bambinesco", volendo io ora leggere la citazione di Thomas (Tommy) Angelo, quale protagonista del capostipite di Mafia: The City of Lost Heaven, l'opera di Illusion Softworks del 2002, che proferisce all'esito del gioco stesso. Preciso che non rovinerò a nessuno la sorpresa dell'ending perché queste parole non dicono niente sul finale in sé ma dicono tutto di noi; così come non spoilererà la fine della Definitive Edition, perché lì viene impiegato un diverso messaggio attraverso l'uso di distinte parole che ne mutano, a sua volta, il significato e il significante, per un'ulteriore e ancora differente coloritura artistica.

«Sapete, il mondo non è governato da leggi scritte, ma dalle persone. Alcune seguono le leggi e altre no. Dipende da ciascun individuo come sarà il mondo, da come lo crea. E ci vuole anche un bel po' di fortuna, per evitare che qualcuno ti renda la vita un inferno. Non è facile come ti insegnano alle elementari. Ma è giusto avere dei solidi valori e rispettarli. Nel matrimonio, nel crimine, in guerra, insomma sempre e dovunque.
Io ho fallito. Come Paulie e Sam. Aspiravamo a una vita migliore, ma in fondo eravamo peggiori della maggior parte della gente.
Sapete, credo che sia importante mantenere l'equilibrio. Già, l'equilibrio, è la parola giusta. Perché chi vuole troppo rischia di perdere assolutamente tutto. Certo, chi vuole troppo poco dalla vita, rischia di non ottenere assolutamente nulla»

Io ti ringrazio, davvero, Luca: per questo momento e per l'intervista; sei stato veramente il miglior primo ospite che potessi avere. Grazie! Invito a tutti nell'andare a vedere il libro che ha scritto.

Ringrazio io tantissimo te: è stato un piacere. Complimenti alla qualità anche delle domande giunteci, spero di essere stato chiaro e auspico si sia passata una mezz'ora quanti-qualitativa significativa... Ecco, sì, di "edutainment", perché il videogioco può essere anche altro che premere, comunque bellamente, i tasti di un joypad.

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Grazie mille Luca!

È stato un piacere.

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► La presente è la trascrizione riadattata, per esigenza di migliore comprensione scritta, dell’intervista «Mafia & Videogame: argomento controverso, non controsenso – Intervista all’Autore Federici», condotta dal dott. Vincenzo “Heianelf “ Terracciano, per il suo canale Twitch TV quale esordio del talk show, in diretta, dal titolo «Videogame, Cultura & Business: non c'è soltanto PS5» (andato in onda domenica 29 novembre 2020 e che permarrà visionabile sino al 5 dicembre; lo spettacolo parte da 04:44).

○ Per leggerne un estratto (GameSurf - Tiscali) del libro e per estenderne gli orizzonti (Agenda Digitale - Network Digital360).

→ Per acquistare Mafia e mafie: Cosa nostra e la dote vincente.

• Dicono di Mafia e mafie: Cosa nostra e la dote vincente | [DLC] La mafia nel nuovo medium: il videogame 👇

1)       ItaliaTopGames, Cultura, videogioco, mafia ed edutainment: il Libro di Luca Federici

2)       La Decima Arte, Mafia e videogiochi: non delinquenza ma cultura

3)       FocusTech, Ludendo docere, anche per le storie di mafia: il videogame nell'insegnamento 4.0

4)       L’Ora di Palermo, Dalle storie di mafia alla storia di Mafia, il videogioco

5)       Il Resto del Carlino, Luca fa la guerra alla mafia. Coi videogiochi

6)       PrimaGame, «Mafia e Mafie»: quando la finzione incontra la realtà

7)       Game-Experience.it, Mafia e Mafie: Cosa Nostra e la dote vincente – Quando il videogioco diventa cultura

8)       CommodoreBlog, Mafia, malavita e Videogame

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