Welcome to the financial breakfast

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La BCE ha mantenuto le promesse: è iniziata la politica monetaria restrittiva. Insieme al rialzo di 50 punti base nella riunione di giovedì, la Lagarde ha annunciato il meccanismo anti-spread che prende il nome di TPI (Transmission Protection Instrument). Il mercato però non sembra crederci e il rendimento degli strumenti a copertura del rischio default italiano aumentano. Viene quindi prezzato una maggiore probabilità di default dell’Italia e un incremento del rischio di frammentazione dei paesi periferici. 

Il buon giorno si vede dall'apertura

Lagarde convincente sui tassi…

Lo ripetiamo per l’ennesima volta: il compito della Presidente non era affatto facile. Ricordiamo infatti che la BCE deve gestire un grosso trade off tra rialzo dei tassi, inflazione, rischio recessione, paesi periferici e costo del debito. Da un lato essa si trova costretta ad aumentare i tassi di interesse per far fronte ad un rialzo dei prezzi che salgono all’8.6% annuo, dall’altro deve contenere il rialzo dei tassi per non aumentare troppo il costo del debito e mandare l’Europa in recessione. E, come se non bastasse, gli occhi devono sempre essere puntati su quei paesi più in difficoltà (Italia in primis) per evitare un loro indebolimento ancora più marcato.

Quindi, come si è comportata Christine Lagarde?

Si può dire che la BCE abbia iniziato a gestire in modo corretto il primo punto, quello della lotta all’inflazione. Nella riunione, ha infatti annunciato un rialzo di 50 punti base del tasso ufficiale di riferimento. Sappiamo tutti che è ancora poca cosa in un contesto di inflazione ai massimi degli ultimi 40 anni ma è un inizio, un tentativo. Un rialzo di soli 25 punti base avrebbe mantenuto i tassi reali ancora negativi che con un’inflazione all’8.6% sarebbe parso ridicolo agli occhi della comunità internazionale.

La reazione del mercato dei cambi è stata inizialmente anche positiva. Chi è stato colto di sorpresa ha iniziato a comprare euro e vendere dollari. Sul finale di settimana, tuttavia, i più attenti si sono resi conto che è nulla rispetto al ritmo con cui sta alzando i tassi la FED che opera in condizioni di inflazione simili. In USA i tassi saliranno più velocemente aumentando lo spread di rendimento a favore del dollaro. L’economia americana, pur se in tenue rallentamento, si dimostrerà decisamente più solida di quella europea colpita anche dal conflitto in Ucraina e da un clima politico a dir poco instabile.

…ma meno sul meccanismo anti-spread

Discorso diverso per quanto riguarda il secondo grosso trade off per il tanto atteso meccanismo anti-spread: il TPI, che tiene conto del rischio di frammentazione. Tale strumento è stato concepito per “assicurare la corretta e fluida trasmissione della politica monetaria”. Questo consentirà alla BCE di acquistare titoli di stato dei paesi europei il cui spread si disallinea dai fondamentali. Oggetto del piano di acquisti saranno i bond governativi con scadenza da 1 a 10 anni e forse anche i bond corporate. La BCE non ha limiti negli acquisti. Insomma, un ulteriore “whatever it takes” -a qualunque costo-.

Il punto debole del meccanismo è che il sostegno agli Stati in difficoltà sarà deciso in modo discrezionale dal Governing Council e la decisione è subordinata al fatto che gli stati rispettino criteri quali: regole fiscali, assenza di squilibri macroeconomici strutturali, sostenibilità del debito e politiche macroeconomiche coerenti con i criteri del PNRR. È chiaro quindi che questo potrebbe creare discussioni all’interno del board. Si tratta del solito meccanismo do ut des, che spingerà il governo di turno in difficoltà a soggiacere ad una serie di paletti e condizioni per evitare che gli spread di rendimento salgano, in preda alla speculazione.

Gli operatori ne potrebbero approfittare durante l’estate

La domanda che tutti gli operatori si staranno ponendo è spontanea: qual è l’asticella in base alla quale la BCE interverrà? E ancora: che poteri avrà la BCE nei confronti degli Stati membri?

Dobbiamo dire che lo spread italiano, ora a 230/240 punti, non ha mai dato segni di panico e non è neanche salito sopra il massimo precedente di giugno. Si tratta di un comportamento piuttosto singolare in quanto l’uscita di Draghi e il caos politico che ne consegue avrebbero fatto anticipare uno spread almeno a quota 300.

Questa relativa forza poteva essere spiegata con una duplice chiave di lettura.

In primo luogo, non sembra essersi chiusa definitivamente la fase Draghi o comunque non sembra sicura la vittoria della destra. Dopo le dimissioni, Di Maio ha sostenuto che l’Italia ha ancora bisogno di Draghi, lasciando presagire una qualche forma di alleanza che possa coinvolgere l’ex Presidente del Consiglio.

In secondo luogo, vi era l’attesa per il piano anti-spread. Questo, tuttavia, appare molto poco convincente per quanto riguarda il sostegno all’Italia. I CDS, infatti, sono tornati a salire per prezzare un maggiore rischio default per l’Italia.

Insomma, l’instabilità c’è e non è da escludere che prima o poi gli operatori tenteranno di specularci sopra, anche solo per testare la BCE. Gli investitori potrebbero quindi spingere al rialzo gli spread per vedere quando e a che condizioni effettive la BCE metterà sul piatto il primo acquisto a difesa dei “bond deboli”. E indovinate chi è il paese più instabile dell’Eurozona.. Esatto, proprio l’Italia.

Questo, insieme al tormentone della campagna elettorale, sarà il tema di questa estate caldissima.  

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