A WINDOW ON…ART AND SCIENCE
SCHIZOFRENIA
Personalmente, ho sempre trovato estremamente affascinante il legame tra genio e follia, interesse che mi ha poi portato a studiare neuroscienze e approfondire il tema delle malattie/disturbi mentali grazie alla ricerca. Vi è un filo sottilissimo che li separa e dal punto di vista scientifico, le conoscenze che abbiamo sono -al momento- limitate, certo di passi avanti ne abbiamo fatti e ne stiamo facendo, ma siamo lontani dal trarre conclusioni definitive. Quindi mi sono chiesta, e se guardassimo a questo dilemma da un altro punto di vista? Ci potrebbe aiutare? Potremmo capire meglio la problematica? Potremmo aiutare i pazienti e le loro famiglie? Credo di si o per lo meno, ritengo possa essere una strada alternativa utile da percorrere. Tempo fa lessi un libro, "Proust was a neuroscientist" di Jonah Lehrer, libro molto interessante che suggerisco a tutti se interessati all'argomento. L'autore descriveva alcuni dei più salienti risultati scientifici nel campo delle neuroscience, raccontando come scrittori, poeti, artisti nei vari secoli passati, siano stati in grado di "capire e anticipare" i fatti: L'arte era arrivata "prima" della scienza! Wow...e allora mi sono ricordata del Rinascimento Italiano, del grandissimo genio di Leonardo Da Vinci che univa arte e scienza in modo sublime e unico. La sua irripetibile curiosità e il suo genio unico, avevano capito che le due potevano e dovevano camminare insieme. Tenendo a mente queste considerazioni e unendole alla mia personale passione per l'arte, ho deciso di intraprendere un nuova avventura, all'insegna della riscoperta di un mondo "diverso" in cui #arte, #letteratura e #scienza tornano a parlarsi. Un viaggio tra e nella #bellezza dell'arte e i meandri della #mente umana. Noti infatti sono gli effetti benefici dell'arte e della bellezza sul #cervello umano e allora tante altre domande sorgono, incalzando la labirintica giungla dei come e dei perché: Come nasce l'arte? Perché? Che bisogno si cela dietro la necessità di crearla? Come è cambiata nel corso del tempo? E come cambia in funzione dello "stato mentale" dell'artista? L'arte infatti, può essere di grande aiuto nell'indagare il mistero dietro al quale si nasconde il sottile confine tra "genio e follia". Questo viaggio alternativo è stato possibile grazie a dei preziosi amici, non che collaboratori, che insieme hanno trattato il tema della #schizofrenia: Marta Aldofri -laureata in psicologia-, Erica Baciocchi -laureata in conservazione dei beni culturali, non che guida turistica- e Bruno Mohorovich -professore di italiano-. Insieme abbiamo lavorato in sinergia per creare, donarvi e condividere un prodotto di ottima qualità e di certo NUOVO nel suo genere: Osservare la schizofrenia attraverso gli occhi di un artista italiano, ancora poco noto, un drammaturgo norvegese e la definizione ufficiale che il DMS-5 oggi fornisce per diagnosticarla. #BuonaLettura!
La schizofrenia nell'arte, Erica Baciocchi. Arte e vita sono inscindibilmente legate, lo dimostrano le opere di tanti artisti famosi che hanno segnato la storia dell’arte tra genio e follia. Molti di loro però, proprio per questa sorta di “condanna”, dovuta ad una vita fuori dagli schemi sono caduti nell’oblio, sono stati risucchiati dalla storia senza che le loro opere e le loro vite così particolari avessero la dignità meritata. Tra questi maestri “dimenticati” dalla critica e dai più, c’è sicuramente #GinoRossi, veneto di origine, una sorta di Gauguin Italiano, che ha passato parte della sua giovinezza nella Parigi di primo ‘900, ricevendo le suggestioni dei grandi artisti dell’epoca, Van Gogh, Gauguin appunto, i Fauves dai quali riprenderà la sensibilità coloristica e l’ingenuità delle figure; frequenterà Modigliani e Medardo Rosso. Un artista al quale però la sua malattia neuropsichiatrica ha minato trentacinque anni di vita, causando cecità progressiva e disturbi della #memoria, oltre ad allucinazioni e crisi depressive. All’inizio la diagnosi fu schizofrenia, alla sua morte, dopo aver contratto la sifilide e aver passato alcuni anni terribili come soldato durante la guerra, gli fu diagnosticata una demenza da encefalopatia di origine luetica. Insomma un uomo che nel fiore della sua vita inizia un percorso drammatico di isolamento e di problemi psicologici dovuti anche all’abbandono della moglie e che “esorcizzerà” solo grazie alla sua pittura. Ed è proprio per questo motivo che i suoi quadri non si riescono ad osservare se non attraverso la lente dei suoi disturbi psichici, ma lui è stato davvero uno dei più grandi artisti del ‘900 italiano. Un pittore che ne racchiude tanti altri, amante delle cose semplici e innamorato del #colore, tanto che la sua opera più famosa e che lui considerò la sua poesia più bella è "La fanciulla del fiore", del 1909: una ragazza imbronciata, con le mani grandi, un’immagine austera, impenetrabile, con la bellezza dei due vasi di fiori, messi lì, proprio all’altezza del viso, esaltati dal blu, ripensando a Gauguin, alle sue campiture piatte e alle sue forme sigillate. La sua biografia lo vede spesso in movimento, da Parigi si sposterà poi a Venezia, Burano, Treviso; nel 1916 sarà però chiamato alle armi, inizia qui purtroppo la seconda fase della sua vita, seguirà una lunga prigionia che cambierà per sempre la sua percezione della realtà, spezzando le sue certezze, cambiando la sua vita definitivamente. Al suo rientro deciderà di vivere in una casa isolata nella campagna trevigiana, ritirandosi nella solitudine fino al 1926 quando la sua malattia e l’isolamento lo porteranno dritto nel manicomio di Sant’Artemio di Treviso dove rimarrà fino al 1947..spegnendosi in silenzio. Della sua storia sono rimaste solo un centinaio di opere, molte sono andate disperse, molte sono state ritrovate nella campagna e usate per chiudere finestre o pollai..spesso usate come oggetto di scambio per un piatto di minestra. E proprio in questi giorni Treviso, in concomitanza con la grande mostra su Auguste Rodin, rende omaggio a Gino Rossi, con una retrospettiva dedicata a questo straordinario artista, visitabile fino a giugno presso il Museo Bailo.
La schizofrenia nella letteratura, Bruno Mohorovich. La schizofrenia ha attraversato anche la vita di poeti e scrittori, nelle cui parole si rispecchiava e tramutava, il dolore e la sofferenza per non essere capiti, né tanto meno accettati. Bruno infatti ci racconta di un drammaturgo norvegese, il quale mette al servizio dell’opera teatrale la sua profonda sofferenza: #HenrikIbsen. É un drammaturgo norvegese (Skien 1828- Cristiania 1906). Mi ha sempre affascinato il suo #teatro a cui sono approdato da ragazzo, complice ancora una volta la tv, quando aveva negli anni ‘60 la bella abitudine di dedicare le sere del venerdì a rappresentazioni di testi teatrali. Ed il mio ricordo va alla visione di “Casa di bambola”, interpretato dall'immensa Ileana Ghione…da allora in poi, grazie ai libricini della mitica BUR che costavano pochissime lire, mi sono lasciato trasportare nelle magiche atmosfere nordiche. Tra i maggiori autori teatrali, ha elaborato nei suoi poderosi drammi l'idea dell'impossibilità dell'uomo di realizzare la sua aspirazione al sublime. Natura dotata di potente vitalità ma chiusa, taciturna, senza altri rapporti che di contrasto e di lotta. Ai capolavori giovanili Brand (1866) e Peer Gynt (1867), centrati su tematiche esistenziali, seguirono le acute e disincantate analisi della realtà borghese di Samfundets støtter ("Le colonne della società", 1877) e Et dukkehjem ("Casa di bambola",1879), mentre l'ultima fase della sua produzione è percorsa da una vena intimista e si colora di simbolismi e toni elegiaci: Vildanden ("L'anitra selvatica", 1884), Rosmersholm (1886) e Hedda Gabler (1890). Il grandissimo drammaturgo padre della vera drammaturgia femminista con il capolavoro “Casa di Bambola” aveva trovato il modo di mettere la sofferenza profonda del proprio inconscio a servizio dell’arte. I suoi personaggi così tormentati e dalle mille sfaccettature rompono i tabù anche a teatro. In scena vanno le miserie umane che colpiscono e rimodellano anche la tanto decantata borghesia; si alza la polvere nascosta sotto il tappeto e le ossessioni prendono forma. Una cosa prima di ogni altra gli pareva necessaria: ricondurre gli uomini sul duro terreno della verità di sé stessi. Occorreva svelare le "menzogne sociali", le "false apparenze", le "ipocrisie convenzionali", i "mentiti sentimenti". Nora, il maestoso personaggio femminile di “Casa di bambola”, é un'anima viva, che si ribella a essere considerata soltanto come un oggetto di lusso, il più prezioso di tutti, e ha diritto ad aver la sua vita e ha il dovere di viverla e, quando riconosce che a fianco del marito - il fiacco uomo schiavo di tutte le convenzioni - ciò non le è più possibile, se ne va per la sua via, sola, verso il suo destino e verso la #verità di sé stessa. Era un gesto rivoluzionario, destinato a suscitare la più violenta tempesta; e lo sottolineò ancora facendo che Nora abbandoni anche i figli. Il positivismo aveva impostato il problema dell'ereditarietà nel campo fisiologico; egli lo investì con la sua passione. Con l’opera “Gli spettri” si raggiunge, probabilmente, una delle vette più alte dei sottintesi, intrisa di psicologia e di indizi mai svelati a pieno volto che si rendono manifesti soltanto nella disperata ricerca di autodistruzione e inquietudine costante negli anti eroi ibseniani.
La schizofrenia nella psicologia, Marta Aldofri. Tengo a sottolineare, che la schizofrenia come le altre malattie psichiatriche, ha subito, sta subendo e subirà modifiche continue e costanti nel tempo. La scienza, la ricerca vanno avanti e nuovi "pezzi" di informazione (conoscenze) vengono alla luce per cercare di capire e ricomporre questo rebus così complicato come la schizofrenia e le malattie psichiatriche in generale. Rebus sì, perché la #genetica da sola non basta a spiegarne l'insorgenza...rebus sì, perché le mutazioni identificate fino a ora, si sovrappongono tra le varie malattie e/o disturbi mentali, contribuendo all'enigma...in fondo il cervello non viene a caso chiamato la #MagicBox. Neuroscienze, psicologia e psichiatria si incontrano oggi e cercano di parlare una stessa lingua, non è facile, ma ci proviamo! In tutti i manuali diagnostici la schizofrenia rientra nei disturbi di personalità di tipo psicotico. Recentemente nella nuova stesura del manuale diagnostico DSM-5, i "Disturbi di Personalità" sono stati classificati in disturbo di personalità del Gruppo A, B e C.
-- Al Gruppo C, appartengono i disturbi di Personalità di tipo Nevrotico
-- Al Gruppo B, i disturbi di personalità al Limite come: disturbo Narcisistico, Istrionico, Borderline e antisociale
-- Al Gruppo A, quelli di personalità Psicotica come: disturbo Paranoide, Schizoide e Schizotipico.
Tutti i disturbi di tipo psicotico si caratterizzano per la presenza di:
-- Sintomi Positivi come Allucinazioni, deliri e comportamento disorganizzato
-- Sintomi Negativi (a cui si associano) come abulia (mancanza di volontà), alogia (incapacità di creare frasi sensate) e anedonia (mancanza di gioia e piacere).
-- A queste due classi di sintomi si associano poi relazioni interpersonali disturbate.
Generalmente si fa coincidere l’esordio con la comparsa dei Sintomi Positivi che si verificano tra i 20-35 anni (leggermente prima negli uomini rispetto alle donne dai dati epidemiologici), ma l’esordio vero e proprio, chiamato in gergo First Episode of Psychosis, si ha con la comparsa dei Sintomi Negativi, che avviene di solito nell’#adolescenza. Il trattamento di questi pazienti è molto difficile poiché, nella maggioranza dei casi, è molto difficile stabilire un’alleanza terapeutica, in quanto lo psicologo o lo psicoterapeuta vengono visti con diffidenza. Recentemente, all’ultimo Congresso Nazionale della Società Italiana di Psichiatria Sociale tenutosi a Napoli lo scorso gennaio -2018-, sono stati presentati nuovi approcci terapeutici che includono: trattamenti farmacologici ma anche interventi di tipo psicosociale il cui scopo è quello di ridurre l’impatto che questa malattia ha nella e sulla vita delle persone. Nello specifico si tratta di interventi di psicoterapia cognitivo-comportamentale, il cui scopo è quello di ridurre l’intensità dei sintomi psicotici e la frequenza delle crisi correlate a questi ultimi. Gli Interventi psico-educativi familiari hanno lo scopo di ridurre il tempo e la durata dei ricoveri oltre che migliorare la relazione familiare. Uno dei principali problemi di questa malattia è infatti l’isolamento sociale o #stigma, dovuto soprattutto alla presenza di sintomi che causano una mancanza di interessi e una scarsa autostima; attraverso l’intervento di social skills training che tende a migliorare le prestazioni sociali del paziente aiutandolo a riconoscere e a risolvere in maniera efficace i problemi della vita quotidiana che altrimenti avrebbero generato crisi. Certo è che a soffrirne oggi in Italia siano circa 300mila persone cioè 1 persona su 100 che nella maggioranza dei casi si manifesti in età giovanile con un tasso di mortalità e un rischio di suicidio pari al 10% -percentuale molto alta rispetto ai soggetti NON schizofrenici-. E se i metodi terapeutici prima elencati fossero applicati si avrebbe un miglioramento dello stile di vita di questi pazienti e un risparmio della spesa sanitaria.
Ringrazio Marta, Erica e Bruno per il prezioso contributo e Michela Parroni per il magnifico quadro (non posso condividere le foto dei quadri di Rossi a causa del copyright, ma vi suggerisco di andarli a cercare online, sono opere emblematiche).