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La Corea del Nord contro 'Squid Game': "È il simbolo della bestialità sudcoreana"

Come per ogni successo mondiale di Seul, anche sulla serie tv dei record piovono le critiche del regime di Pyongyang
La Corea del Nord contro 'Squid Game': "È il simbolo della bestialità sudcoreana"

“Il successo di Squid Game è esemplare per la cultura capitalista della Corea del Sud, dove la corruzione e l’immoralità sono dominanti”. La stoccata colpisce per le parole ma non per il mittente, perché arriva dalle colonne di Arirang Meari, sito propagandistico nordcoreano che ha colto l’inaspettata notorietà della serie tv firmata dai vicini nemici per portare acqua al mulino di Kim Jong-un, sempre pronto a inasprire le norme interne per scoraggiare il popolo attirato dai materiali provenienti da oltre confine.

L'immagine della disuguaglianza

Per l’opinione pubblica di Pyongyang, la serie tv in cima alla classifica delle più viste su Netflix mostra una “società basata sulla disuguaglianza, con le persone povere e senza risorse trattate dai ricchi come pedine di una scacchiera”. Una visione opposta all'uguaglianza a ogni costo imposta dal regime nordcoreano e utile alla propaganda di stato per rafforzare la differenza tra la Corea del Nord e il mondo occidentale fondato sul capitalismo.

Il sistema economico è il bersaglio della critica nordcoreana, che prende come esempio Squid Game perché rappresentala bestialità della società sudcoreana, con gli individui spinti alla competizione estrema per dimostrare la superiorità sugli altri, a totale discapito dell’umanità, spazzata via dalla ricerca dell’affermazione personale”.

Propaganda in azione: critiche per ogni successo sudcoreano

Seguendo uno schema ormai consolidato, tutti i più grandi successi culturali su scala globale della Corea del Sud vengono colpiti dalla propaganda nordcoreana. Succede puntualmente con le stelle nascenti del K-pop, definite dallo stesso Arirang Meari come “schiavi che vivono vite miserabili”, e con film in grado di conquistare il pubblico internazionale.

Non a caso, dopo i quattro Oscar vinti l’anno scorso da Parasite (primo lungometraggio in lingua straniera a ottenere la palma di miglior film nella storia degli Academy Awards), il magazine giapponese Choson Sinbo, sostenitore della causa nordcoreana, ha parlato di un “film che ha esposto in modo crudo e chiaro la durezza della realtà sudcoreana, incentrata sul divario ricchi-poveri”, con questi ultimi due apostrofati come “una manciata di strozzini che vivono bene e governano su una maggioranza schiacciante, considerata come cani o maiali”.

La vita di privazioni dei nordcoreani

Al di là dei continui attacchi del potere contro i vicini, i nordocoreani sono sempre curiosi di conoscere cosa avvenga oltre la linea dell'armistizio. “Di giorno il popolo grida ‘lunga vita Kim Jong-un’, ma di notte poi guarda tutti i film e le altre opere sudcoreane” ha dichiarato a Reuters Tae Yong-ho, ex diplomatico del regime nordcoreano e il più alto in grado a voltare le spalle al leader supremo per rifugiarsi nell’altra Corea, dove ha ottenuto protezione e la possibilità di una carriera politica.

 
Kim Jong-un, il leader supremo della Corea del Nord

Per provare a frenare il successo clandestino dell’intrattenimento sudcoreano all’interno del Paese, Kim Jong Un continua a imporre regole severe ai cittadini, come l’ergastolo o la prigione per 15 anni a chi viene trovato con fogli, magazine e opere provenienti dalla Corea del Sud (nel caso di figli minorenni pagano i genitori), oppure — come racconta il Daily NK, sito con sede a Seul che grazie a fonti dirette informa su quanto accade in Corea del Nord — in possesso di materiale pornografico, radio, computer, telefoni e televisori di marca straniere o dispositivi elettronici non registrati dalle autorità.

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