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Prezzi dell'energia alle stelle e troppi blackout, il Kosovo vieta il mining di criptovalute

Con il Paese in stato di emergenza, la redditizia (e in passato molto conveniente) attività è ora bandita
Prezzi dell'energia alle stelle e troppi blackout, il Kosovo vieta il mining di criptovalute

La geopolitica blocca le criptovalute. Succede in Kosovo, il piccolo stato nella regione balcanica che si è dichiarato indipendente dalla Serbia nel febbraio del 2008, colpito dal rincaro dell’energia elettrica che sta creando problemi a molti paesi europei e a quelli dell’ex area sovietica (come il Kazakistan, dove si sono verificate proteste di piazza e repressioni della polizia con decine di morti). Con le scorte che scarseggiano, il governo kosovaro ha deciso di limitare o sospendere le attività che richiedono alti consumi energetici, come il mining, cioè il processo di estrazione di monete digitali.

A fronte di una produzione insufficiente per i circa 2 milioni di cittadini, con le famiglie costrette a ricorrere a generatori privati per rimediare ai blackout giornalieri di almeno 2 ore stabiliti dalle autorità, l’estrazione di criptovalute è stata bandita. A vigilare sul rispetto del provvedimento voluto dalla ministra dell’Economia, la 37enne Artane Rizvanolli, sono le forze di polizia e la Kosovo Security Force, responsabili di controlli a tappeto in case private e aziende specializzate nella produzione di monete virtuali. La decisione colpisce non solo l’immaginario collettivo di chi poco conosce il giovane Paese, perché a rimetterci sono le molte aziende locali nate negli ultimi anni per cavalcare l’onda di Bitcoin e simili, sfruttando proprio le convenienti tariffe per l’energia in vigore in Kosovo.

Per farsi un’idea del business, un ‘minatore’ che ha chiesto di mantenere l’anonimato ha rivelato a Reuters che guadagnava in media 2.400 euro al mese spendendo nello stesso periodo circa 170 euro per l’energia elettrica.

Il problema economico non rappresenta solo un limite professionale per tali aziende, poiché in una terra caratterizzata da forti tensioni emergono inevitabili risvolti politici. L’attività di mining è diventata fiorente soprattutto nel nord del Paese, dove la popolazione di etnia serba non riconosce l'indipendenza dello stato e da oltre un decennio non paga la bollette elettriche. A far scattare il divieto, tuttavia, non sono stati i mancati incassi quanto il dispendio energetico necessario per coniare criptovaluta, che passa dall'utilizzo (spesso in contemporanea) di computer molto potenti, dotati di grandi sistemi di raffreddamento che consumano tanta energia per evitare il surriscaldamento.

Con la chiusura della più grande centrale a carbone avvenuta a metà dicembre (il 90% del fabbisogno energetico del paese dipende da queste ultime), il governo kosovaro ha dovuto incrementare le spese per importare fino al 40% di energia nel momento in cui il suo prezzo si è impennato, arrivando a pagare 250 euro per megawattora rispetto ai 60 euro del dicembre 2020. Nonostante ciò, al primo blackout notturno causato da un malfunzionamento delle centrale poi chiusa che ha lasciato al freddo gli abitanti della capitale Pristina, si sono susseguiti continue interruzioni pianificate dal governo all’interno dello stato di emergenza dichiarato per 60 giorni con l’obiettivo di assicurarsi un approvvigionamento dell’energia elettrica. "Siamo stati costretti a razionare la fornitura per scongiurare tagli di energia ancor più gravi ed evitare ulteriori, duri, sacrifici alla popolazione nel corso dell'inverno", ha spiegato Rizvanolli, bersaglio primario delle proteste per le strade dei cittadini che hanno chiesto le sue dimissioni.

La crisi energetica complica la già delicata situazione del Kosovo, uno dei Paesi europei più poveri che per aumentare le entrate è disposto a risolvere anche le grane di altri Paesi. Un esempio è l’insolito accordo stipulato lo scorso dicembre con la Danimarca, che ha affittato 300 celle nel paese balcanico per spedire altrettanti prigionieri stranieri, destinati a tornare nei rispettivi Paesi di provenienza una volta scontata la pena. Per mantenere i carcerati nei prossimi dieci anni nella prigione di Gjilan, una delle città più grandi dello stato con i suoi 90.000 abitanti, il Kosovo otterrà 210 milioni di euro, 60 dei quali saranno investiti nelle energie rinnovabili per provare a risolvere un’enorme crepa del Paese, con la speranza di non dover essere più costretto a lasciare volontariamente i suoi cittadini al buio e al gelo.

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