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Kim Kardashian e Floyd Mayweather a processo per aver sponsorizzato una criptovaluta che è crollata

Class action contro le due star e la società dietro la bolla della moneta EthereumMax
Kim Kardashian e Floyd Mayweather a processo per aver sponsorizzato una criptovaluta che è crollata

Dichiarazioni false o fuorvianti per gonfiare in maniera artificiale il valore della criptovaluta. Questa è l’accusa con cui alcuni investitori hanno intentato una class action contro Kim Kardashian, Floyd Mayweather e l’ex star NBA Paul Pierce, testimonial pagati per sponsorizzare EthereumMax.

La società dietro la criptovaluta in questione, che non ha nulla in comune con Ethereum (la più popolare e gettonata moneta digitale dopo Bitcoin), respinge le accuse parlando di “narrazione ingannevole e disinformazione”. Toccherà quindi a un giudice valutare i fatti e prendere una decisione circa la richieste degli investitori che hanno perso tutti i loro soldi.

A denunciare i fatti è stato un gruppo di investitori che hanno acquistato token di EthereumMax tra la metà di maggio e il 17 giugno del 2021, subendo poco dopo perdite dell’intero pacchetto acquisito in virtù del pessimo andamento della criptovaluta. Sono allora finite sotto accusa le star scelte come ambassador e la società di token, colpevole secondo l'accusa di aver architettato un tentativo di truffa sullo schema ‘pump and dump’, così da massimizzare i guadagni a fonte delle ingenti perdite degli investitori. Un metodo antico in ambito finanziario.

Sempre secondo le ricostruzioni dell'accusa, si sarebbe creata la nuova valuta digitale, gonfiata grazie alla pubblicità garantita da volti noti. A questi sarebbero stati assicurati i ricavi con la vendita dei rispettivi pacchetti una volta che il valore avesse toccato l’apice - come è successo -, prima di scendere vorticosamente (-97%) e lasciare a mani vuote chi aveva tenuto EthereumMax sperando in un investimento a lungo termine.

Potrebbe rivelarsi compromettente il tweet (qui sopra) dell’ex Boston Celtics Paul Pierce, licenziato da Espn nell’aprile dello scorso anno dopo le proteste innescate dalla pubblicazione di una diretta sulla sua pagina Instagram in cui giocava a poker circondato da alcol e spogliarelliste. Nel tweet scrive di non aver più bisogno di Espn grazie ai soldi guadagni con EthereumMax.

Anche Kim Kardashian ha promosso EthereumMax con un post su Instagram in cui ha invitato gli appassionati di criptovalute a seguire la nuova arrivata. La didascalia conteneva però un disclaimer: “Non è un consiglio finanziario ma la condivisione di quanto mi hanno detto i miei amici su EthereumMax”. Il post in questione è stato presentato ai suoi 250 milioni di follower di allora (ora sono 278 milioni) con l’hashtag #ad, con un compenso per l’influencer non comunicato ma stimato dall'accusa nella forbice tra 500 mila e il milione di dollari.

 
Floyd Mayweather sul ring durante l'incontro contro Logan (Reuters)

Mayweather ha sponsorizzato il token sui pantaloncini che ha indossati nel match del 6 giugno scorso contro lo youtuber Logan Paul. Il pugile americano era tornato per l’occasione sul ring a 4 anni dall’ultimo incontro: si è poi vantato di essere l’unico in grado di organizzare un match farsa e guadagnare una borsa da 100 milioni di dollari.

I biglietti per questa sfida si potevano comprare anche tramite EthereumMax, fattore che avrebbe spinto in alto la visibilità della moneta digitale lanciata il 16 maggio scorso e capace di incrementare il suo valore di oltre il 1000% nel giro di due settimane (qui potete trovare informazioni sul rapido successo e conseguente crollo).

È bene ricordare, inoltre, che lo stesso Mayweather nel 2018 è stato accusato di aver sponsorizzato sui social le criptovalute dietro compenso senza dichiararlo agli utenti, finendo per pagare 600 mila dollari di multa dopo l’accordo trovato con la Securities and Exchange Commission statunitense, pur senza mai ammettere di aver commesso il reato contestato.

Quello di EthereumMax è uno dei tanti casi legati alla speculazione delle criptovalute, con i protagonisti che spesso si servono (pagandoli lautamente) di influencer più o meno popolari sui social media. Al di là della richiesta di rimborso del rispettivo capitale investito da parte dei partecipanti alla class action, il processo che ne seguirà potrebbe rivelarsi una tappa cruciale per stabilire come e fino a dove possono arrivare le criptovalute e la responsabilità legale sulle stesse, con sullo sfondo lo sguardo di governi e banche centrali che puntano a cavalcare il fenomeno dopo una eventuale regolamentazione.

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