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La Banca di Russia vuole vietare le criptovalute

I Bitcoin e le altre monete digitali metterebbero a rischio la stabilità finanziaria e l'autonomia energetica del Paese
La Banca di Russia vuole vietare le criptovalute

A quattro mesi di distanza dal divieto di transazioni crittografiche annunciato dalla banca centrale cinese, anche la Banca di Russia chiede di proibire l'uso e l'estrazione di criptovaluta nel Paese. Le motivazioni sono sempre le stesse: i Bitcoin e le altre monete digitali, in quanto valute decentralizzate, quindi non emesse e non regolamentate, rappresentano una minaccia alla stabilità finanziaria e alla sovranità della politica monetaria locale.

Il rischio di bolle finanziarie

Come riportato in una relazione ufficiale, l'alta volatilità e la domanda speculativa del mercato delle criptovalute, unita a una "insufficiente alfabetizzazione finanziaria tipica delle economie emergenti" può seriamente mettere a rischio le finanze dei cittadini russi che investono nei Bitcoin attratti dalla possibilità di facili guadagni. Già a dicembre la Banca centrale aveva emanato una direttiva che vieta ai fondi comuni di investimento di puntare direttamente nelle monete digitali.

Al momento il divieto richiesto si estenderebbe a tutte le operazioni in criptovalute effettuate dalle istituzioni finanziarie, a tutte le transazioni sulle piattaforme exchange (Coinbase, Crypto, Binance ecc.) e alle attività di mining, ovvero di estrazione dei Bitcoin. Non sono previste restrizioni circa il possesso di criptovalute, il che significherebbe una sorta di moratoria sulla situazione esistente e dunque un divieto per tutte le attività future.

Pericoli ambientali e traffici illeciti

Oltre alla questione monetaria, c'è il problema ambientale ed energetico. Per estrarre Bitcoin è necessario tenere connessi e sfruttare al massimo della potenza un'enorme serie di dispositivi che risolvono operazioni di calcolo molto complesse e, per farlo, consumano una quantità di energia pari al fabbisogno di intere nazioni. La Banca di Russia ha espresso le sue preoccupazioni in merito, sostenendo che "l'aumento del consumo di elettricità nel processo di estrazione delle criptovalute contribuisce a un aumento dell'impronta di carbonio, che è contrario agli obiettivi dell'agenda globale per lo sviluppo sostenibile". Attualmente, la maggior parte dell'industria mineraria crittografica russa si trova in Siberia, dove le basse temperature impediscono il surriscaldamento dei computer.

Per quanto sia un problema vero e pressante, chiaramente non è la ragione principale della richiesta di un divieto russo.

Come per la Cina, poi, anche per la Russia c'è il forte sospetto che la moneta digitale decentralizzata venga utilizzata per finanziare attività illecite, come operazioni di riciclaggio di denaro e terrorismo. Ma in particolare a infastidire la banca è che il processo sfugga al suo controllo. Questo a causa della tecnologia blockchain, un libro mastro digitale che, se da un lato garantisce la massima tracciabilità delle cripto-transazioni messe in atto (che sono irrevocabili, difficilmente manomettibili e sempre visibili al pubblico), dall'altro rende quasi impossibile risalire alle persone fisiche che le hanno effettuate.

Verso una cripto di Stato?

Vietare Bitcoin e affini non implica voler rinunciare alla tecnologia delle monete digitali, ma solo affrancarsi da un mercato ancora poco regolamentato e indipendente dalle bance centrali degli Stati sovrani. Lo scorso novembre la presidente della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, anticipava l'ipotesi di una cripto di Stato: "Le criptovalute sono anonime, nessuno risponde per loro e uno stato responsabile non dovrebbe stimolare la loro diffusione. Ho già parlato del Rublo Digitale che, a nostro parere, dovrebbe cominciare a sviluppare".

Conseguenze sui mercati

Secondo le stime di Triple A, la Russia è il terzo Paese al mondo per numero di proprietari di criptovalute (oltre 17 milioni di cittadini) e il secondo per percentuale di popolazione in possesso di monete digitali (quasi il 12%), per un volume annuale delle transazioni crittografiche nazionali di circa 5 miliardi di dollari. Il Paese ha visto un'impennata delle attività di mining dopo l'alzata di scudi della Cina a settembre.

La proposta della Banca centrale russa ha innescato un venerdì nero per le criptovalute, con il Bitcoin, la valuta più forte e dunque punto di riferimento nel mercato, che registra un -7% in sole 24 ore e scende di valore a 34 mila e 500 euro, ai minimi da settembre.

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