A Jewish man and child at forced labor in a factory in the Lodz ghetto.

Lavori forzati: sintesi

Child forced laborer in a ghetto factory. Kovno, Lithuania, between 1941 and 1944.

Un bambino ai lavori forzati in una fabbrica del ghetto. Kovno, Lituania, tra il 1941 e il 1944.

Attribuzione:
  • US Holocaust Memorial Museum, courtesy of George Kadish/Zvi Kadushin

I Nazisti obbligarono ai lavori forzati milioni di persone, per la maggior parte Ebrei, ma anche vittime appartenenti ad altri gruppi etnici e sociali; le condizioni nelle quali tali lavori venivano effettuati erano brutali e disumane. Fin dalla realizzazione, iniziata nell’inverno del 1933, dei primi campi di concentramento nazisti e delle strutture di detenzione, i lavori forzati – spesso insensati e umilianti, effettuati senza le attrezzature, gli indumenti e il nutrimento che sarebbero stati necessari – rappresentarono una parte fondamentale del sistema dei campi di concentramento.

Anche prima dell’inizio della guerra, i Nazisti imposero i lavori forzati a civili Ebrei, sia all’interno che all’esterno dei campi di concentramento. Già a partire dal 1937, i Tedeschi sfruttarono in modo crescente il lavoro forzato dei cosiddetti “nemici dello Stato”, sia a fini economici che per sopperire alla penuria di forza lavoro. Alla fine di quello stesso anno, la maggior parte degli uomini Ebrei residenti in Germania era stata obbligata a fornire lavoro forzato per vari ministeri e agenzie governative.

Come altri Ebrei, anche la famiglia Lewent venne confinata nel ghetto di Varsavia. Nel 1942, mentre Abraham rimaneva nascosto nel sottotetto, i Tedeschi catturarono sua madre e le sue sorelle in una retata: morirono tutte. Qualche tempo dopo, anche Abraham venne mandato ai lavori forzati, ma riuscì poi a fuggire e a tornare da suo padre, nel ghetto. Nel 1943, entrambi vennero deportati a Majdanek, dove il padre di Abraham morì. Successivamente, Abraham venne trasferito a Skarzysko, poi a Buchenwald, Schlieben, Bisingen e infine Dachau. Le truppe americane liberarono Abraham mentre i Tedeschi stavano evacuando i prigionieri.

Attribuzione:
  • US Holocaust Memorial Museum Collection

Quando la Germania occupò la Polonia, nell’autunno del 1939, e stabilì la zona del Governatorato Generale, le autorità tedesche occupanti obbligarono la popolazione maschile ebrea e polacca a prestare lavoro forzato non salariato. Le autorità tedesche obbligarono prima gli Ebrei polacchi a trasferirsi nei ghetti, successivamente utilizzandoli nei lavori forzati, la maggior parte dei quali era costituito da attività manuali. Per esempio, nel ghetto di Lodz, imprenditori tedeschi pubblici e privati realizzarono 96 impianti e fabbriche, per produrre beni di varia natura necessari allo sforzo bellico della Germania. La pratica del lavoro forzato si intensificò nella primavera del 1942, a seguito di alcuni cambiamenti avvenuti nell’amministrazione dei campi di concentramento.

Dopo l’inizio della cosiddetta “Soluzione Finale” (il piano con cui i Tedeschi intendevano eliminare l’intera popolazione ebraica d’Europa) per gli Ebrei l’essere abili al lavoro spesso rappresentò l’unica possibilità di sopravvivere. Coloro che venivano ritenuti fisicamente inabili al lavoro, invece, furono spesso tra i primi a essere fucilati o deportati.

Forced labor in the quarry of the Mauthausen concentration camp.

Lavori forzati nella cava del campo di concentramento di Mauthausen. Austria, data incerta.

Attribuzione:
  • National Archives and Records Administration, College Park, MD

In effetti, i Nazisti perseguirono una politica consapevole di “annientamento attraverso il lavoro”, nell’ambito della quale certe categorie di prigionieri venivano eliminate tramite attività disumane. Con questa politica, i prigionieri dei campi venivano obbligati a lavorare in condizioni che portavano inevitabilmente a malattie, incidenti e, spesso, alla morte. Per esempio, nel campo di concentramento di Mauthausen, prigionieri già deboli ed emaciati erano obbligati a salire, correndo, i 186 gradini che collegavano la cava di pietra al campo, trasportando al contempo pesanti massi sulle spalle.

Dopo l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, iniziata nel giugno del 1941, i tedeschi causarono la morte di milioni di prigionieri di guerra sovietici, attraverso un sistema di premeditata negligenza che includeva insufficienza di cibo, di vestiario, di alloggiamenti appropriati e di assistenza medica. Tuttavia, nella primavera del 1942, le autorità tedesche cominciarono anche ad impiegare i prigionieri di guerra sovietici per il lavoro forzato, in varie industrie belliche. Dal 1942 al 1944, i Tedeschi deportarono a tale scopo circa tre milioni di cittadini sovietici in Germania, in Austria, in Boemia e in Moravia.

Alla fine della guerra, in Germania si trovavano milioni di profughi non-tedeschi, incluse alcune decine di migliaia di Ebrei che erano sopravvissuti alla Soluzione Finale, tutti vittime della deportazione Nazista ai lavori forzati.

Major camps for Jewish displaced persons, 1945-1946

Al termine della Seconda Guerra Mondiale, diverse migliaia di Ebrei, che erano sopravvissuti allo sterminio, si ritrovarono nei campi creati per i profughi. Gli alleati istituirono questi campi nella parte di Germania da loro occupata - nonché in Austria e in Italia - per ospitare i rifugiati che attendevano di lasciare l'Europa. La maggior parte dei profughi ebrei scelse di emigrare in Palestina, ma molti cercarono anche asilo negli Stati Uniti; nell'attesa di poter partire, essi decisero di rimanere nei campi. Alla fine del 1946, il numero di profughi ebrei era stimato in 250.000, dei quali 185.000 si trovavano in Germania, 45.000 in Austria e 20.000 in Italia; molti di loro provenivano dalla Polonia, in quanto, durante la guerra, avevano cercato di lasciare la Germania per rifugiarsi in Unione Sovietica. Altri profughi ebrei provenivano anche dalla Cecoslovacchia, dall'Ungheria e dalla Romania.

Attribuzione:
  • US Holocaust Memorial Museum

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