Leggo di questo progetto, così potente. Lettere a cui è stato impedito di viaggiare, hanno viaggiato il tempo in direzione ostinata e contraria e incontrano, ora, lettere per chi non c’è più da parte di chi vuole esserci. Lettere per noi, perché noi siamo fatti di storie, siamo fatti del modo in cui scegliamo di raccontarle. Lettere per ricordare che il compito della psichiatria è quello di trattare bene le persone. Dal sito di Corrispondenze immaginarie: Ci. Corrispondenze immaginarie è un progetto d’arte pubblica partecipata dell’artista Mariangela Capossela, ideato nel contesto di Volterra Prima Città Toscana della Cultura 2022, ad oggi in fase di realizzazione in altre città in Italia e all’estero. Il processo di corrispondenza inizia dall’attivazione di memorie e di archivi locali, riportando alla luce le lettere che i pazienti degli ex manicomi non ebbero la possibilità di spedire, e che come loro rimasero recluse, per reindirizzarle a chi accoglie l’invito di diventare oggi un nuovo interlocutore. Prima della legge Basaglia in Italia, ed in altri luoghi d’Europa, era prassi impedire alle persone ricoverate qualsiasi forma di relazione con il mondo esterno, così queste scritture sequestrate giacciono nelle cartelle cliniche delle strutture sanitarie. Corrispondenze immaginarie rompe il sistema di isolamento ed emarginazione, chiedendo una presa in carico del passato nel presente, rivolta al singolo e alle comunità. Il coinvolgimento si articola in due fasi: Gli scrittoi pubblici, momenti performativi in cui scuole, abitanti, gruppi o individui, sono invitati a trascrivere le lettere degli ex pazienti. La seconda fase è una chiamata aperta a chiunque voglia ricevere queste lettere per rispondere idealmente ai loro autori. Le corrispondenze, una volta innescate e ritessute, trovano per ciascun luogo una forma site-specif di restituzione. Attraverso l’atto lento del trascrivere manualmente, Corrispondenze immaginarie, agita le microstorie contenute tra le carte, nella ricerca di un nuovo spazio di attenzione, tra dimensione domestica, soggettiva e responsabilità sociale, per muovere ad un discorso pubblico intorno alla malattia mentale e una necessaria risposta collettiva.
Post di Benedetta Donghi
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Evoluzioni una rivista con cui collaboro, uno sguardo sul counseling e sul mondo del counseling in generale. Buona lettura!
"La Vita è uno stato mentale", recitava lo slogan che accompagnò la diffusione del film che dà il nome alla rubrica nel 1980. E oggi, ispirati da quella visione, vogliamo invitarvi a varcare la soglia di un mondo dove le parole non sono solo suoni ma ponti verso l'invisibile, lo sfuggente, il non detto. Oltre il giardino è uno spazio della rivista Evoluzioni, dove segnalare ciò che sfugge, il non detto, ciò che è nell’aria intorno a noi. Oggi, assieme all'autrice dell'articolo Rossella Cardinale, vogliamo soffermarci a riflettere quanto (e perché) le parole siano importanti. Qui l’articolo ➡️ https://lnkd.in/dxT2z95U L'immagine riproduce l'opera “Classic Family for La Galleria BPER” di Fabrizio Dusi.
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Non bisogna far finta di niente, è un problema serio che riguarda la salute e la vita dei nostri figli. Consiglio la lettura dell'articolo e anche del libro "La generazione ansiosa di Jonathan Haidt"
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Ho appena terminato la lettura di #comechiederelaumento e #lesignorenonparlanodisoldi di Azzurra Rinaldi e li ho apprezzati molto entrambi. Consigliati per chi vuole saperne di più, dati alla mano, sulla disparità economica di genere nel nostro Paese, imparando strategie e pratiche per riconoscersi il giusto valore, a partire dalla autoconsapevolezza. Due libri ironici e concreti che si leggono volentieri anche nei momenti di relax.
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IL SILENZIO NELLE AZIENDE DOVE REGNA LA GENERAZIONE SILENT Nelle aziende capita di convivere ancora con la generazione Silent, cioè i nati tra il 1928 e il 1945, coloro che credono nell’essenzialità, nella formalità, nella vicinanza e nella disciplina. E capaci di sopravvivere anche in circostanze drammatiche. Ma gli imprenditori della prima generazione, appunto perché “silent”, silenziosa, non sempre sono davvero in grado di comunicare e di esprimersi emotivamente, cresciuti piuttosto nel riserbo, senza manifestare i propri sentimenti. La citazione è tratta dal mio libro "L'urlo disumano. Il passaggio del testimone nelle imprese famigliari" edito da Rubbettino: un saggio che racconta le sfide del passaggio generazionale anche attraverso numerosi casi, e rivalutando il contributo del teatro e della psicologia. #GenerazioneSilenziosa #PassaggioGenerazionale #CulturaAziendale #ComunicazioneInAzienda
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Ad un certo punto ci si rende conto che in noi c'è qualcosa che non va. Intimamente forse lo abbiamo sempre saputo. Ripensiamo quindi ad alcuni momenti importanti della vita e ci rivediamo: come eravamo, cosa avevamo capito, cosa ci aspettavamo e soprattutto, quanto ci siamo sentiti sofferenti, sensibili o non proprio "in quadro" in quei momenti. La realizzazione di soffrire di qualcosa di particolare a volte, fa' lo slalom attraverso certi ricordi. È la comprensione della sua nascita dentro di noi o, più tecnicamente, della sua insorgenza. A volte proprio quando pensiamo di aver trovato la nostra unica strada possibile. A volte invece si ha proprio la lucidità di ricordare esattamente questo momento. Testimonianze che diventano narrazioni ✍🏻 di vite in comune all'interno del gruppo partecipante al Laboratorio Redazione web 🌐 "La senti questa voce - storie racconti notizie". Uno dei percorsi riabilitativi organizzati dal Servizio Riabilitazione Psichiatrica 🧠 ASL Cagliari. Un'equipe di operatori che, attraverso progetti personalizzati, indirizzano gli individui affetti da patologie psichiatriche verso la riappropriazione della propria vita e dei propri talenti. #centrodiurno #psichiatria #riabilitare #percorsi #talenti #la_p_artesana #pazientiefamiliari #salutementale #benessere #salute #crescitapersonale #saluteebenessere #benesserepsicologico #ansia #emozioni #limiti #paura #malattia #psiche #società #stigma #relazioni #dolore #lascritturacomecura
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Per #LetterateMagazine ho intervistato Giuliana Zeppegno sul suo nuovo romanzo "L'indignata", un libro politico e letterario che mescola memorie ed esperimenti di utopia quotidiana. A poche ore dall'insediamento di Trump alla presidenza USA, e camminando sulle punte del ceasefire in Palestina, "L'indignata" restituisce una prospettiva di speranza politica al presente. Amanda: Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Al di là delle recriminazioni, trovo che questa fallimentare campagna elettorale abbia avuto almeno il pregio di mettere in luce, un’altra volta, le criticità insite nella democrazia rappresentativa pensata come una delega una tantum del potere politico. Come dice Andrés, «la tentazione originale: “Ecco il mio voto, adesso fate voi”». I nodi del romanzo sono molti, ma quello della responsabilità politica individuale e collettiva, pur nella sua imperfezione e nelle sue criticità, parla a un presente in cui la cabina elettorale si rivela sempre di più come uno spazio distopico e alieno, quasi parodistico… Giuliana: È un'osservazione molto azzeccata. Il dibattito sul valore del voto e sui limiti o addirittura sulla perversità del modello democratico rappresentativo è complesso e io non ho competenze sufficienti per ricapitolarlo. In due punti del romanzo do conto della critica esistente in certi ambienti rispetto alla trasformazione istituzionale di una parte del movimento 15M, trasformazione che portò alla nascita di partiti politici nazionali e locali, e secondo alcune persone svuotò le piazze ancora più della repressione. Personalmente, non vedo conflitti tra il fatto di mettere una croce su una casella una volta ogni quattro anni e quello di partecipare alla vita comunitaria anche in altro modo. E credo che si viva meglio in un Paese, come la Spagna, in cui i partiti di sinistra hanno un peso istituzionale. Detto questo, tutto quello che sta accadendo nel mondo ci mostra da una parte l'enorme impotenza di masse di persone che vorrebbero cambiare le cose, o anche solo scongiurare il peggio, dall'altra la corsa scellerata verso il peggio di molti governi, votati da altre masse di persone, anch'esse "popolo". Che cosa si può fare, allora? Io non lo so. https://lnkd.in/e7ArfbZV
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#TRAME è la sezione di Fanrivista dedicata al #racconto. Così come non ci sono confini a restringere l’immaginazione, non ci sono limiti ai tipi di opere ospitati. Che si tratti di #narrativa scritta o di testi concepiti per la narrazione audio-visuale, che si stia scrivendo con la penna, con la voce o con la telecamera poco importa: quello che conta sono le storie, le trame! I contenuti privilegiati di questo format saranno strutturati come degli spogli intrecci narrativi. Bozze di romanzi, sceneggiature, copioni, racconti brevi, fantasiosi o realistici, saranno intelaiati con eventi di storia e di #cronaca, quest’ultima intesa come storia iper-contemporanea. In questa rubrica troverete principalmente frammenti di narrazioni più o meno sconnessi e incompleti. Le infinite varianti di una storia immaginaria, come le molteplici variazioni reali da imprimere nella società, potranno essere sviluppate in maniera collettiva. Non ce ne vogliano i sostenitori dei vari determinismi, a cominciare dall’approccio strutturalista alla #narratologia (che è anche alla base di marketing e pubblicità con lo schema “problema, soluzione e vittoria”), per arrivare ad alcune specifiche letture e rielaborazioni marxiane, secondo cui, rispettivamente, le strutture narrative sono essenzialmente tutte le stesse o per i quali i percorsi di lotta sono tutti e sempre “matematicamente” già definiti. Obiettivo primario è allenare i muscoli dell’immaginazione stimolando, in maniera più diretta e partecipata, sia la creatività nello “#storytelling” che la riflessione sul reale, riempiendo dei “buchi” narrativi o creando nuove cavità da colmare con la fantasia, abbattendo le “quarte pareti” ed erigendone di nuove. A questo scopo potranno essere re-immaginate le mutazioni di storie, fittizie o reali, già esistenti. E poi, perché no, potremmo anche annodare grovigli di intrighi, storie a lieto fine e senza una vera e propria trama nell’enorme puzzle universale dell’esistenza. Da una stessa "radice" di un racconto possono spuntare tanti alberi e nuovi frutti, si possono sperimentare innesti o scartare piante malvagie. Non c’è nemmeno bisogno di precludersi la possibilità di cimentarsi nell’impiegare l’arte del narrare da una prospettiva prettamente “no-fiction” e realistica, perfino giornalistica, come hanno fatto gli esponenti della corrente del new journalism. Buona lettura e scrittura! Giullarə Contemporaneə https://lnkd.in/dxwvdjxN
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Due generazioni di trentenni a confronto nel mio ultimo articolo per Echo Raffiche
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Oggi voglio rendere omaggio a Eugenio Borgna, un grande uomo e pensatore che ci ha appena lasciati, ma che ci ha regalato un’eredità straordinaria: il suo modo di leggere la sofferenza umana attraverso ascolto, empatia e dignità. Borgna non è solo uno psichiatra, è sicuramente una guida per chiunque voglia mettere al centro l’essere umano, con la sua complessità e unicità. Penso che i suoi scritti e il suo approccio debbano essere letti e approfonditi, non solo da chi lavora in ambito sanitario, ma anche da chi si occupa di sicurezza sul lavoro: i datori di lavoro, gli RSPP, gli RLS. La sua capacità di rifiutare schemi rigidi e categorizzazioni generiche è una lezione che possiamo applicare anche alla valutazione dei rischi. Pensiamo a quanto sia importante andare oltre le “macro-categorie” (genere, età, ruolo) e analizzare con attenzione le reali specificità di chi lavora accanto a noi. Per esempio, nel mondo dell’aviazione: • Un pilota giovane affronta pressioni legate all’inesperienza, molto diverse da quelle di un comandante esperto, che invece può risentire della responsabilità costante. • Un istruttore vive la tensione di formare gli altri e il rischio di burnout, che spesso viene sottovalutato. • Una donna pilota potrebbe trovarsi ad affrontare ostacoli legati a pregiudizi culturali, mentre un uomo potrebbe sentirsi spinto a nascondere il proprio stress per timore di apparire debole. Borgna ci avrebbe ricordato che ogni lavoratore è unico, con la propria storia, i propri bisogni e vulnerabilità. Ascoltarli davvero è la chiave per costruire un ambiente di lavoro più sicuro, inclusivo e rispettoso della dignità di ciascuno. Nella sua ultima intervista al Corriere della Sera, Borgna ha detto: “La tenerezza è rivoluzionaria. È il modo più forte di entrare in contatto con la sofferenza degli altri.” Credo che questo messaggio possa guidarci anche nel lavoro: la sicurezza non è solo un insieme di regole, è un gesto di cura verso le persone. Vi lascio il link all’intervista, che per me merita davvero di essere letta: https://lnkd.in/duqEKwXn #EugenioBorgna #SicurezzaSulLavoro #Ascolto #Empatia #Dignità #ValutazioneDeiRischi #RSPP #RLS #Leadership #Formazione #Inclusione #laereoeunluogodilavoro
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Quando la politica, pure necessaria, si mantiene alla giusta distanza: la lettura delle pagine culturali dei giornali rappresenta, per chi segue questi argomenti, una quotidiana fonte di conoscenza e di ispirazione. Solo negli ultimi giorni lo hanno dimostrato: la bella intervista rilasciata da #AlbertoAbruzzese ad #AntonioGnoli (su #Robinson di #Repubblica di domenica 20 ottobre) dove il noto sociologo ricorda il crescente impatto dei media sviluppatosi negli anni Settanta; nella stessa data l'articolo di #CaterinaOrsenigo su #Domani, riguardo la recente tendenza letteraria di autori meno inclini alla cultura umanistica e più vicini ai temi della terra e della natura; infine il fondo di #CristinaPiccino, su #IlManifesto di venerdì 25 ottobre, a proposito dei trentacinque anni di "Fuori Orario", la raffinata rubrica di #Rai3 a firma di #EnricoGhezzi. Quando invece la politica diminuisce quella distanza (giustificandosi tramite l'urgenza della cronaca, e producendo la più nota delle sue manifestazioni e cioè la polemica) allora anche le pagine culturali perdono interesse. Il riferimento è alle decine di articoli (da quello di #MaraGergolet, sul #CorrieredellaSera di mercoledì 29 maggio; a quello di #MaurizioCrippa, su #IlFoglio di martedì 22 ottobre) che hanno avuto per oggetto la partecipazione italiana alla #FieradelLibrodiFrancoforte, all'insegna dell'egemonia della Sinistra e della censura della Destra. L'impressione generale è che la questione, del tutto politica, abbia riguardato più gli addetti ai lavori che il pubblico dei lettori. Acuto infatti il commento di #RaffaellaDeSantis (su #Repubblica di giovedì 17 ottobre) che nel suo pezzo ha fatto notare il silenzio degli editori - che alle fiere partecipano per ragioni commerciali e non ideologiche. Terminata la fiera terminate le polemiche, che hanno evidentemente un timer. Questo naturalmente fino al prossimo appuntamento pubblico, quando le faide torneranno ad accendersi. L'unica certezza è che tutte le parti in causa, che poi sostanzialmente sono un paio, hanno deciso di avere ragione.
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