Post di Carlo Galati

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Il cambio (in)atteso Sta suscitando molto scalpore la notizia del cambio di nome del piccolo nuovo suv di casa Alfa Romeo, da Milano a Junior. Ora, tralasciando la giornata che avranno avuto all’interno della direzione marketing di Alfa (vi sono vicino), trovo questa decisione, assolutamente corretta e di buon senso. Ricostruiamo con l’aiuto dei colleghi di Quattroruote: “Un cambio di rotta deciso dalla Casa dopo la polemica innescata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che aveva evocato la violazione dell'articolo 144, comma 1 bis sull'Italian Sounding: ovvero, la pratica "finalizzata alla falsa evocazione dell’origine italiana" di un prodotto”. Nessuno dotato di un minimo di conoscenza del mondo, in un mercato globalizzato, potrebbe mai minimamente mettere in dubbio la decisione di produrre questo mezzo in Polonia. Giusto, corretto, secondo le logiche di produzione e di costo. Però tutto ha un costo, anche il risparmio. In questo caso il costo è dovuto al non poter utilizzare un nome che evidentemente richiama l’italianità, Milano appunto, di un prodotto che di italiano non ha praticamente nulla. Come disse a più riprese Luca Cordero di Montezemolo, le varie scelte industriali in questo Paese, susseguitesi negli anni, hanno portato all’impoverimento dell’industria automobilistica italiana. Questo è un dato di fatto, non un’opinione. Quindi evviva Alfa Romeo che decide di produrre in Polonia (libertà massimo di farlo) ed evviva chi decide di provare, non dico a difendere, ma perlomeno ad instillare il dubbio che qualcosa di grande sia sparito, forse per sempre, dall’Italia.

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