L’Ocse: “L’Italia è il Paese con il maggior calo dei salari reali tra le grandi economie”. E richiama il governo sull’Assegno di inclusione: “Estendere l’accesso all’Adi a tutta la popolazione a rischio di povertà e con limitate prospettive di lavoro permetterebbe di proteggere i più vulnerabili concentrando le limitate risorse per la formazione sulle persone più vicine al mercato del lavoro" https://lnkd.in/dEhffdZ6
Post di Chiara Brusini
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Il mercato del lavoro necessità di una ristrutturazione in termini di adeguamento al contesto economico sociale, il modello attuale fermo alla contrattazione collettiva appare ormai superato.Il Welfare può rappresentare una soluzione ma va considerato non come una misura marginale o facoltativa, ma come elemento necessario per aumentare le retribuzioni e la produttività.
In Italia si guadagna meno che nel 1990, è l’unico paese Ue dove i salari reali sono scesi: il grafico Il grafico dell’Ocse sul raffronto tra il costo della vita e i salari nei principali Paesi europei: Italia con variazione negativo e fanalino di coda Un interessante articolo su #CorrieredellaSera “L’Italia è inviluppata da anni in una storia di salari troppo bassi, come plasticamente evidenziato dalla classifica dell’Ocse su dati Eurostat che vede i redditi medi italiani sotto ai livelli degli anni ’90. D’altronde c’è una vasta area di povertà fatta di chi non ha un contratto fisso, spesso finisce travolto — è il caso dei giovani — nel girone dantesco dei tirocini, composta da «due milioni di lavoratori», fatta anche di contratti stagionali nel turismo e nei servizi in cui la dimensione del «nero» non è irrilevante e le cornici contrattuali scavalcate da illegalità e difese malamente dai pochi controlli. La vera misura di quanto guadagnano le persone è quello che in economia si chiama salario reale, cioè il salario rapportato ai prezzi. Secondo i dati Ocse, l’Italia è tra le grandi economie il Paese in cui i salari reali sono diminuiti di più. Meno 7,3% solo nel 2022 rispetto al 2021, anno in cui la crescita dei prezzi trainata dal rincaro dell’energia ha ridotto pesantemente il potere d’acquisto delle famiglie. Paghiamo anni di redditi al palo bloccati (anche) da una produttività stagnante e il conto si scarica pure su chi un lavoro lo ha. Il problema è che si tratta di una tara storica. Come agire sul potere d’acquisto per alleviare le difficoltà di chi «vive sotto i 35 mila euro all’anno» però è oggetto di dibattito da sempre. Il ritardo storico I salari reali in Italia, secondo l’Ocse, erano già scesi del 2,9% dal 1990 al 2020. Se fino a questo punto i protagonisti della storia sono due — i #salari e i #prezzi — per capire che cosa stia succedendo bisogna introdurre un terzo attore: la #produttività. La quantità di prodotto che si riesce a sfornare nell’unità di tempo. Il nanismo delle nostre imprese Spiega Tommaso Monacelli, ordinario di Macroeconomia all’Università Bocconi di Milano, che «i bassi salari sono la spia di un malessere profondo dell’economia. Che derivano da una crescita anemica della produttività totale dei fattori. I salari fermi sono, a mio avviso, la più grande ferita nel modello di specializzazione produttiva dell’Italia, basata sulle piccole e medie imprese. Con un impatto inevitabile anche sulla demografia. Con una forza lavoro anziana e poco istruita, per una scarsa percentuale di lavoratori con istruzione avanzata, ne risente anche la produttività. A ciò si aggiunga un mercato dei capitali poco dinamico e la ridotta dimensione delle imprese anche per sfuggire ai radar del fisco, generalmente poco aperte per questo all’innovazione tecnologica e dunque al valore aggiunto che ciò genera sulla produttività, retaggio anche di un capitalismo familiare affetto dal dogma del controllo». #flpnews
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Italia: Un confronto economico preoccupante Condivido post e articolo ricchi di Interessanti spunti Secondo l'ultimo studio dell'#OCSE, l'Italia rimane l'unico paese dell'UE dove i salari reali, ovvero quelli adeguati al costo della vita, sono diminuiti rispetto al 1990. Con un calo del 7,3% solo nel 2022, si evidenzia una crisi del potere d'acquisto significativa. Mentre altre economie europee registrano incrementi salariali, l'Italia lotta con una produttività stagnante e un mercato del lavoro frammentato da contratti precari e scarsa innovazione nelle #PMI. Questo scenario solleva questioni urgenti sulla #sostenibilità del modello economico italiano e sulle #politiche necessarie per rivitalizzare la crescita e il benessere dei lavoratori. È tempo di riflettere seriamente su come invertire questa tendenza negativa e garantire un futuro economico più equo e prospero. #EconomiaItaliana #Salari #Produttività #MercatoDelLavoro #Innovazione
In Italia si guadagna meno che nel 1990, è l’unico paese Ue dove i salari reali sono scesi: il grafico Il grafico dell’Ocse sul raffronto tra il costo della vita e i salari nei principali Paesi europei: Italia con variazione negativo e fanalino di coda Un interessante articolo su #CorrieredellaSera “L’Italia è inviluppata da anni in una storia di salari troppo bassi, come plasticamente evidenziato dalla classifica dell’Ocse su dati Eurostat che vede i redditi medi italiani sotto ai livelli degli anni ’90. D’altronde c’è una vasta area di povertà fatta di chi non ha un contratto fisso, spesso finisce travolto — è il caso dei giovani — nel girone dantesco dei tirocini, composta da «due milioni di lavoratori», fatta anche di contratti stagionali nel turismo e nei servizi in cui la dimensione del «nero» non è irrilevante e le cornici contrattuali scavalcate da illegalità e difese malamente dai pochi controlli. La vera misura di quanto guadagnano le persone è quello che in economia si chiama salario reale, cioè il salario rapportato ai prezzi. Secondo i dati Ocse, l’Italia è tra le grandi economie il Paese in cui i salari reali sono diminuiti di più. Meno 7,3% solo nel 2022 rispetto al 2021, anno in cui la crescita dei prezzi trainata dal rincaro dell’energia ha ridotto pesantemente il potere d’acquisto delle famiglie. Paghiamo anni di redditi al palo bloccati (anche) da una produttività stagnante e il conto si scarica pure su chi un lavoro lo ha. Il problema è che si tratta di una tara storica. Come agire sul potere d’acquisto per alleviare le difficoltà di chi «vive sotto i 35 mila euro all’anno» però è oggetto di dibattito da sempre. Il ritardo storico I salari reali in Italia, secondo l’Ocse, erano già scesi del 2,9% dal 1990 al 2020. Se fino a questo punto i protagonisti della storia sono due — i #salari e i #prezzi — per capire che cosa stia succedendo bisogna introdurre un terzo attore: la #produttività. La quantità di prodotto che si riesce a sfornare nell’unità di tempo. Il nanismo delle nostre imprese Spiega Tommaso Monacelli, ordinario di Macroeconomia all’Università Bocconi di Milano, che «i bassi salari sono la spia di un malessere profondo dell’economia. Che derivano da una crescita anemica della produttività totale dei fattori. I salari fermi sono, a mio avviso, la più grande ferita nel modello di specializzazione produttiva dell’Italia, basata sulle piccole e medie imprese. Con un impatto inevitabile anche sulla demografia. Con una forza lavoro anziana e poco istruita, per una scarsa percentuale di lavoratori con istruzione avanzata, ne risente anche la produttività. A ciò si aggiunga un mercato dei capitali poco dinamico e la ridotta dimensione delle imprese anche per sfuggire ai radar del fisco, generalmente poco aperte per questo all’innovazione tecnologica e dunque al valore aggiunto che ciò genera sulla produttività, retaggio anche di un capitalismo familiare affetto dal dogma del controllo». #flpnews
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In Italia si guadagna meno che nel 1990, è l’unico paese Ue dove i salari reali sono scesi: il grafico Il grafico dell’Ocse sul raffronto tra il costo della vita e i salari nei principali Paesi europei: Italia con variazione negativo e fanalino di coda Un interessante articolo su #CorrieredellaSera “L’Italia è inviluppata da anni in una storia di salari troppo bassi, come plasticamente evidenziato dalla classifica dell’Ocse su dati Eurostat che vede i redditi medi italiani sotto ai livelli degli anni ’90. D’altronde c’è una vasta area di povertà fatta di chi non ha un contratto fisso, spesso finisce travolto — è il caso dei giovani — nel girone dantesco dei tirocini, composta da «due milioni di lavoratori», fatta anche di contratti stagionali nel turismo e nei servizi in cui la dimensione del «nero» non è irrilevante e le cornici contrattuali scavalcate da illegalità e difese malamente dai pochi controlli. La vera misura di quanto guadagnano le persone è quello che in economia si chiama salario reale, cioè il salario rapportato ai prezzi. Secondo i dati Ocse, l’Italia è tra le grandi economie il Paese in cui i salari reali sono diminuiti di più. Meno 7,3% solo nel 2022 rispetto al 2021, anno in cui la crescita dei prezzi trainata dal rincaro dell’energia ha ridotto pesantemente il potere d’acquisto delle famiglie. Paghiamo anni di redditi al palo bloccati (anche) da una produttività stagnante e il conto si scarica pure su chi un lavoro lo ha. Il problema è che si tratta di una tara storica. Come agire sul potere d’acquisto per alleviare le difficoltà di chi «vive sotto i 35 mila euro all’anno» però è oggetto di dibattito da sempre. Il ritardo storico I salari reali in Italia, secondo l’Ocse, erano già scesi del 2,9% dal 1990 al 2020. Se fino a questo punto i protagonisti della storia sono due — i #salari e i #prezzi — per capire che cosa stia succedendo bisogna introdurre un terzo attore: la #produttività. La quantità di prodotto che si riesce a sfornare nell’unità di tempo. Il nanismo delle nostre imprese Spiega Tommaso Monacelli, ordinario di Macroeconomia all’Università Bocconi di Milano, che «i bassi salari sono la spia di un malessere profondo dell’economia. Che derivano da una crescita anemica della produttività totale dei fattori. I salari fermi sono, a mio avviso, la più grande ferita nel modello di specializzazione produttiva dell’Italia, basata sulle piccole e medie imprese. Con un impatto inevitabile anche sulla demografia. Con una forza lavoro anziana e poco istruita, per una scarsa percentuale di lavoratori con istruzione avanzata, ne risente anche la produttività. A ciò si aggiunga un mercato dei capitali poco dinamico e la ridotta dimensione delle imprese anche per sfuggire ai radar del fisco, generalmente poco aperte per questo all’innovazione tecnologica e dunque al valore aggiunto che ciò genera sulla produttività, retaggio anche di un capitalismo familiare affetto dal dogma del controllo». #flpnews
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... come dire... un bel "problemino" strutturale sulle spalle di tutti gli italiani... Dal Corriere della Sera La rincorsa prezzi-salari — che innescherebbe una preoccupante spirale inflattiva che ricorda tanto gli anni della «scala mobile» — è da evitare, certo. L’Italia però è inviluppata da anni in una storia di salari troppo bassi, come plasticamente evidenziato da questa classifica dell’Ocse su dati Eurostat che vede i redditi medi italiani sotto ai livelli degli anni ’90 (vedi tabella in alto). D’altronde c’è una vasta area di povertà fatta di chi non ha un contratto fisso, spesso finisce travolto — è il caso dei giovani — nel girone dantesco dei tirocini. L’Inps, registrò l’allora presidente Pasquale Tridico, ritiene che questa area sia composta da «due milioni di lavoratori», fatta anche di contratti stagionali nel turismo e nei servizi in cui la dimensione del «nero» non è irrilevante e le cornici contrattuali scavalcate da illegalità e difese malamente dai pochi controlli. Il salario reale: la discesa inesorabile dal 1990 La vera misura di quanto guadagnano le persone è quello che in economia si chiama salario reale, cioè il salario rapportato ai prezzi. Secondo i dati Ocse, l’Italia è tra le grandi economie il Paese in cui i salari reali sono diminuiti di più. Meno 7,3% solo nel 2022 rispetto al 2021, anno in cui la crescita dei prezzi trainata dal rincaro dell’energia ha ridotto pesantemente il potere d’acquisto delle famiglie. Paghiamo anni di redditi al palo bloccati (anche) da una produttività stagnante e il conto si scarica pure su chi un lavoro lo ha. Il problema è che si tratta di una tara storica. Come agire sul potere d’acquisto per alleviare le difficoltà di chi «vive sotto i 35 mila euro all’anno» però è oggetto di dibattito da sempre
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Secondo i dati Ocse, l’Italia è tra le grandi economie il Paese in cui i salari reali sono diminuiti di più. Meno 7,3% solo nel 2022 rispetto al 2021, anno in cui la crescita dei prezzi trainata dal rincaro dell’energia ha ridotto pesantemente il potere d’acquisto delle famiglie. Poi ci si domanda perché i giovani emigrano all'estero e in Italia nascono pochi bambini....! https://lnkd.in/dDuzEC47
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Fra gli spunti delle #considerazionifinali del #governatore della #bancaditalia scelgo questo grafico che mi ha particolarmente colpito perché evidenzia l'evoluzione negativa dei salari italiani negli ultimi 20 anni. Dice il Governatore che "In termini pro capite, il reddito reale disponibile delle famiglie è fermo al 2000, mentre in Francia e in Germania da allora è aumentato di oltre un quinto." D'altro canto, come osservava qualcuno nel corso delle considerazioni finali di oggi, proprio i bassi costi del lavoro fanno sì che per chi vuol fare impresa oggi l'Italia sia uno dei paesi più attraenti #lavoro #Italia #economia #competitività
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L’occupazione in Italia cresce a livelli record. Ma il grande problema restano i salari. Nonostante il rallentamento della spinta inflazionistica, il nostro Paese è quello che ha registrato il maggior calo dei salari reali – quelli parametrati al costo della vita – tra le maggiori economie dell’Ocse. Che vuol dire, in pratica, perdita del potere d’acquisto per i lavoratori italiani.
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📉 Italia e salari: un campanello d’allarme dal report OCSE 📉 L’Italia è l’unico Paese OCSE in cui i salari reali sono diminuiti negli ultimi anni, con un calo del 6,9% dal 2019. Nonostante il record di occupazione, il potere d’acquisto dei lavoratori continua a ridursi, aggravato dall’inflazione e dal ritardo nel rinnovo dei contratti collettivi. Il 50% dei lavoratori è coperto da contratti scaduti da oltre due anni. Questa situazione richiede interventi urgenti per ridurre le disuguaglianze salariali e promuovere una redistribuzione più equa dei benefici economici. #Lavoro #Economia #Salari #OCSE #Italia #Inflazione
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[tempo di lettura: 55 secondi] Negli ultimi decenni, l'Italia ha affrontato una sfida significativa riguardo alla stagnazione e alla diminuzione dei salari medi reali. Secondo i dati dell'OCSE, dal 1990 ad oggi, i salari medi reali nel paese sono diminuiti del 2,9%. Questo calo rappresenta non solo una stagnazione del potere d'acquisto dei lavoratori italiani, ma anche un fenomeno che ha influenzato profondamente il tessuto sociale ed economico della nazione. Ci sono diversi fattori che hanno contribuito a questa tendenza negativa. Tra essi, si possono citare la crescita economica modesta o intermittente, che non è riuscita a generare sufficienti opportunità di aumento dei redditi per i lavoratori, oltre alle politiche fiscali e alle riforme del mercato del lavoro. Inoltre, il settore manifatturiero italiano, tradizionalmente forte, ha subito una pressione competitiva crescente a livello globale, portando talvolta a ristrutturazioni e riduzioni di personale che hanno influito sui salari. A livello strutturale, la demografia in cambiamento e l'aumento della disoccupazione giovanile hanno contribuito a creare pressioni aggiuntive sul mercato del lavoro, influenzando le dinamiche salariali. Questi fattori combinati rendono necessaria una riflessione critica sulle politiche economiche e sulle strategie per invertire la tendenza alla diminuzione dei salari reali. #ocse #salariomedio #ue
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l’Italia è tra le grandi economie il Paese in cui i salari reali sono diminuiti di più. Meno 7,3% solo nel 2022 rispetto al 2021.
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