Ci sono associazioni che lavorano per informare i pazienti sulle malattie e sulla cura, altre per far avanzare la ricerca, ci sono quelle che lavorano per supportare i propri iscritti, e altre che preferiscono lavorare in campo istituzionale.
E poi ce ne sono alcune che fanno tutte queste cose insieme e che compiono un lavoro talmente importante da essere fondamentali anche per la comunità medica di riferimento.
Succede soprattutto nell'ambito delle malattie rare, dove i pazienti sono così pochi da essere fondamentali sia per i clinici sia per chi fa ricerca.
Ho avuto modo di conoscere la FONDAZIONE ITALIANA GIST ETS lo scorso ottobre quando mi hanno chiesto di condurre il loro convegno nazionale. Il termine “GIST” è l’acronimo del nome della patologia in inglese: Gastro Intestinal Stromal Tumor. Si tratta di un tumore raro che fa parte di un gruppo di neoplasie chiamate “sarcomi dei tessuti molli”.
𝐈𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐯𝐞𝐠𝐧𝐨, 𝐢 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐜𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐥𝐚𝐯𝐚𝐧𝐨 𝐚𝐢 𝐩𝐚𝐳𝐢𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐞 𝐢 𝐩𝐚𝐳𝐢𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐥𝐚𝐯𝐚𝐧𝐨 𝐚𝐢 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐜𝐢, in un dialogo costante dove i primi fornivano informazioni cliniche e i secondi condividevano il loro vissuto esperienziale.
Mai vista una cosa del genere.
Un evento da cui tutti, in primis i clinici, sono usciti arricchiti.
Ho voluto allora capirne di più, perché oggi le associazioni di pazienti come queste stanno evolvendo dall'associazione pazienti tradizionale, e stanno ridefinendo il modo in cui i pazienti non solo convivono con la loro patologia, ma anche la stessa relazione con i medici, la comunità scientifica e le istituzioni.
𝐃𝐚𝐥 𝐩𝐚𝐳𝐢𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐥 𝐜𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐚𝐥 𝐩𝐚𝐳𝐢𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐟𝐢𝐚𝐧𝐜𝐨 𝐚𝐢 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐜𝐢, 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐝𝐨𝐯𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞.
E loro ce l'hanno fatta.
Per PERSONE ho intervistato Barbara Tamagni e Fiammetta Paloschi, rispettivamente presidente e vice presidente della Fondazione.