Post di Giuseppe Cavallaro

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Direttore Generale

Che il lavoro “venga prima” non per forza è una brutta notizia. La questione forse sta nel contrapporre lo studio al lavoro? Oppure di che lavoro parliamo? Di qualità o meno? Più che alle famiglie e agli allievi forse tocca alle scuole e agli enti di formazione professionale fare in modo che al lavoro si arrivi con il massimo della cultura anche umanistica, scientifica e spirituale. Alle imprese tocca fare in modo che durante il lavoro una persona possa ceescere come persona e come professionista. Nulla vieta ad un “liceale” di imparare a cablare o di conoscere il funzionamento di una caldaia e ad un “professionale” di conoscere l’etimologia di alcune parole del mestiere o di farsi illuminare dalle pagine dei Promessi Sposi. La responsabilità ricade a mio avviso pertanto più sulle scuole che devono imparare a collaborare virtuosamente per innalzare il sapere a 360 gradi allargando il concetto di cultura. E sulle imprese che devono investire in una formazione continua differente che abbia al centro la persona. L’università a questo punto potrebbe sorridere veramente perché sarebbe frequentata non in alternativa al lavoro ma per proseguire e rafforzare nella propria crescita professionale e personale magari proprio mentre si lavora.

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