Così non penso vada bene…
Who’s Next Paris
è, o almeno era, un punto di riferimento per il settore moda, un salone che dovrebbe rappresentare una vetrina strutturata e coerente per brand e buyer. Tuttavia, l’esperienza di questa edizione ha evidenziato alcune criticità sulle quali vorrei fare una riflessione, soprattutto per chi, come me e altri, punta su qualità, posizionamento e trasparenza nella produzione.
Una delle problematiche principali è legata alla disomogeneità dell’offerta espositiva:
-Collezioni fuori stagione: accanto a brand che proponevano collezioni invernali, come previsto dal calendario, erano presenti espositori che vendevano la primavera estate, che invece doveva essere venduta circa sei mesi fa.
-Mancanza di coerenza nel target: il mix di espositori spaziava da grossisti di pronto moda (spesso provenienti da produzioni asiatiche di massa e a basso costo) a brand emergenti che puntano su ricerca, artigianalità e posizionamento medio-alto. Questo ha creato a mio avviso confusione penalizzando chi investe in produzione responsabile e qualità.
Il posizionamento del brand è cruciale.
I buyer, quando scelgono un marchio da inserire nei loro store, vogliono che il livello del brand sia allineato al posizionamento complessivo del negozio. Trovandosi in una fiera così disomogenea, ci si ritrova a dover interagire con negozi non in linea con il proprio livello, mettendo il brand in difficoltà e rischiando di compromettere la coerenza del proprio posizionamento sul mercato.
Inoltre, per chi come noi investe in una produzione responsabile, sostenibile ed etica, è deludente vedere fiere che accettano espositori che non seguono questi criteri. La presenza di grossisti che importano prodotti da produzioni di massa senza requisiti etici o trasparenza nella filiera contrasta con i valori di sostenibilità e qualità che dovrebbero essere sempre più centrali nel mercato della moda.
Capisco che gli organizzatori debbano riempire gli spazi e garantire la sostenibilità economica della fiera, ma questa strategia rischia di svilire l’evento stesso. Una fiera dovrebbe essere una piattaforma dove espositori e buyer possano incontrarsi in un contesto ben definito, con valori condivisi e opportunità equilibrate. La mancanza di trasparenza e coerenza rischia di rendere inutili gli investimenti dei brand che, come il nostro, puntano a un pubblico di alto livello.
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