PADRI e FIGLI
L’altra sera, dopo canottaggio, sono andato a sentire il reading (si chiamano così delle letture di libri rappresentate in teatro) I Due Padri. Ero stanco ma mi interessava perché avevo letto il libro #Apeirogon di Colum McCann: bello, fa riflettere e affronta cose terribili viste da diversi punti di vista che si ricongiungono in un unico: il #buonsenso e il desiderio di seminarlo (il buon senso) per creare il #bene.
Mi ha fatto pensare al rapporto d’amore tra #padri e #figli, alla potenza generativa della #perdita. Vite stroncate che non hanno potuto rappresentarsi. Bambini mai diventati ragazzi e ragazzi mai divenuti adulti che non sono riusciti a far sentire la loro voce.
Perché i bambini (o i ragazzi) muoiono?
Per smuovere le coscienze del mondo.
Ma c’è bisogno di situazioni così estreme per generare un #cambiamento?
Quando ero giovane vivevo dentro la contestazione giovanile. Ragazzi che si ribellavano ai genitori, lottando contro regole e abitudini formali con cui si battevano, discutevano, si scontravano quotidianamente. Due mondi in collisione, anche violenta. Slogan gridati contro il “sistema”: Io sono mia, la lotta di classe, gli Hippy, la rivoluzione sessuale, le manifestazioni. Perfino pistole, morti, terrorismo… dentro a case private, ma soprattutto nelle pubbliche strade.
Due muri che si scontravano: quello degli adulti e quello dei #giovani.
Avevamo obiettivi alti, comuni, visionari. Volevamo costruire un mondo diverso da quello dei “babbani” e ci mettevamo forza e passione.
Ora siamo tutti d’accordo: gli stessi desideri che hanno i padri li hanno i figli. Le stesse richieste e stili di vita. Allineati dentro a strumenti digitali o abitudini concordi nella ricerca di diritti, confort, denaro, visibilità, vita comoda. Agogniamo solo a essere famosi e a renderci la vita “fisica” facile (e così ci rendiamo la vita “mentale” insopportabile).
Siamo amici, noi padri con i nostri figli. Abbiamo gli stessi problemi e gli stessi desideri.
Abbiamo le stesse paure e le stesse sofferenze. Perciò tendiamo a dare ai nostri ragazzi ciò che desiderano. Cerchiamo di rendergli la vita più facile possibile. Non c’è scontro, non c’è tensione, non c’è più nessuna dinamica in cui loro (i figli) debbano lottare contro di noi per potersi guadagnare una vita migliore. Hanno tutto e tutto gli viene dato.
Perché?
Perché soffrono, come soffriamo noi adulti in una società che non riusciamo a controllare e quindi comprendiamo il loro dolore, che però è diventato immensamente maggiore del nostro.
Ma perché soffrono se gli diamo tutto e gli togliamo qualsiasi fatica?
Com’è che funziona?
Forse perché la mente, per star bene, ha bisogno di disciplina, di confini, di senso, di concentrazione, di pulizia? Ha bisogno di punti di riferimento chiari. Ha bisogno di quiete, senza il chiasso di cui ci si “alimenta” oggigiorno.
Forse dovremmo creare il movimento del #fare (fisico) e del #silenzio (mentale).
Bill
Bullone