Ogni tanto ri-condivido vecchia riflessione… Giudicare/valutare senza conoscere. Quanto è scorretto giudicare, valutare, esprimere un parere/opinione …senza conoscere. Oltre che (evidentemente) molto scorretto – soprattutto quando giudizi e valutazioni hanno ricadute sui vissuti e i percorsi professionali delle Persone – l’atto di giudicare/valutare senza conoscere è indicativo di tante altre questioni fondamentali, che riguardano da vicino, non soltanto lo spessore e l’onestà delle Persone, ma anche le nostre Società e le democrazie co-create nel tempo. Non da oggi, certe dinamiche vanno, per tante ragioni e per logiche di sistema, vanno sempre più consolidandosi, radicalizzandosi e, soprattutto, vengono sempre più legittimate dalle comunità/gruppi (professionali e non) di riferimento. E così, la superficialità e, talvolta/spesso, la stessa scorrettezza sono, ormai, assurte a principi-guida dell’agire, pienamente legittimati, anche all’interno delle istituzioni educative e formative e, più in generale, nell’ecosistema dell’industria culturale e nella Società. In altri termini, superficialità e scorrettezza dominano, ormai, incontrastate dal momento che, a sentire anche chi si rende protagonista di certi comportamenti/certe condotte, non si commette “nulla di grave” in fondo …in fondo. Nulla di nuovo all’orizzonte…questione culturale, morale e, perfino, educativa. Lungo, lunghissimo periodo. 🟧 Dopo quasi trent’anni di attività di ricerca e didattica, di conferenze, seminari, presentazioni, di Persone incontrate e conosciute, ma anche, e soprattutto, di processi di valutazione “subiti” e/o effettuati, non dovrei più stupirmi. Eppure, non posso farne a meno… 🟧In particolare, tra le tante questioni fondamentali che si potrebbero analizzare (e sulle quali, peraltro, son tornato più volte, nel tempo), davvero non si riesce/non riesco a comprendere con quale coraggio (?) ma, prima di ogni altro aspetto, con quale presunzione, non soltanto intellettuale, con quale correttezza e senso di responsabilità, si possano valutare articoli, libri, pubblicazioni, scientifiche e divulgative – qualunque testo/contenuto e/o prodotto dell’attività intellettuale e culturale – senza averli mai – sottolineo “mai” – letti/studiati/analizzati/visionati e, men che meno (non sia mai!), approfonditi e, laddove necessario, comparati. 🟧 C’è tanta superficialità, ma – appunto – non è soltanto questione di superficialità. È questione di un tipo di disonestà, sempre coniugata ad una parzialità e ad una superficialità – a dir poco – insopportabili. Comportamenti / atteggiamenti / fenomeni / processi che alimentano e contribuiscono a definire i confini di quell’immensa, sterminata, “zona grigia” – che è la “vera” questione delle nostre società/democrazie – tra legalità e illegalità […] CONTINUA ➡️ https://lnkd.in/dENrERPr #CitaregliAutori
Post di Piero Dominici
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Ogni tanto ri-condivido vecchia riflessione… Giudicare/valutare senza conoscere. Quanto è scorretto giudicare, valutare, esprimere un parere/opinione …senza conoscere. Oltre che (evidentemente) molto scorretto – soprattutto quando giudizi e valutazioni hanno ricadute sui vissuti e i percorsi professionali delle Persone – l’atto di giudicare/valutare senza conoscere è indicativo di tante altre questioni fondamentali, che riguardano da vicino, non soltanto lo spessore e l’onestà delle Persone, ma anche le nostre Società e le democrazie co-create nel tempo. Non da oggi, certe dinamiche vanno, per tante ragioni e per logiche di sistema, vanno sempre più consolidandosi, radicalizzandosi e, soprattutto, vengono sempre più legittimate dalle comunità/gruppi (professionali e non) di riferimento. E così, la superficialità e, talvolta/spesso, la stessa scorrettezza sono, ormai, assurte a principi-guida dell’agire, pienamente legittimati, anche all’interno delle istituzioni educative e formative e, più in generale, nell’ecosistema dell’industria culturale e nella Società. In altri termini, superficialità e scorrettezza dominano, ormai, incontrastate dal momento che, a sentire anche chi si rende protagonista di certi comportamenti/certe condotte, non si commette “nulla di grave” in fondo …in fondo. Nulla di nuovo all’orizzonte…questione culturale, morale e, perfino, educativa. Lungo, lunghissimo periodo. 🟧 Dopo quasi trent’anni di attività di ricerca e didattica, di conferenze, seminari, presentazioni, di Persone incontrate e conosciute, ma anche, e soprattutto, di processi di valutazione “subiti” e/o effettuati, non dovrei più stupirmi. Eppure, non posso farne a meno… 🟧In particolare, tra le tante questioni fondamentali che si potrebbero analizzare (e sulle quali, peraltro, son tornato più volte, nel tempo), davvero non si riesce/non riesco a comprendere con quale coraggio (?) ma, prima di ogni altro aspetto, con quale presunzione, non soltanto intellettuale, con quale correttezza e senso di responsabilità, si possano valutare articoli, libri, pubblicazioni, scientifiche e divulgative – qualunque testo/contenuto e/o prodotto dell’attività intellettuale e culturale – senza averli mai – sottolineo “mai” – letti/studiati/analizzati/visionati e, men che meno (non sia mai!), approfonditi e, laddove necessario, comparati. 🟧 C’è tanta superficialità, ma – appunto – non è soltanto questione di superficialità. È questione di un tipo di disonestà, sempre coniugata ad una parzialità e ad una superficialità – a dir poco – insopportabili. Comportamenti / atteggiamenti / fenomeni / processi che alimentano e contribuiscono a definire i confini di quell’immensa, sterminata, “zona grigia” – che è la “vera” questione delle nostre società/democrazie – tra legalità e illegalità […] CONTINUA ➡️ https://lnkd.in/dENrERPr #CitaregliAutori
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Giudizio critico, valutazione puntuale, discernimento responsabile e consapevolezza della complessità come antidoti alla superficialità e alle menzogne
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Ritengo che quanto raffigurato rappresenti in modo emblematico come frequentemente la nostra percezione della comprensione di un determinato argomento risulti distorta e superficialmente semplificata. Ci si trova facilmente a ridurre un tema complesso, convinti di averne colto l'essenza in un istante fugace. Tuttavia, è solo con un impegno profondo nell'approfondimento che si rivela la vera natura intricata e multiforme dell'argomento, portandoci a un'accresciuta consapevolezza che ciò che sembrava immediato e banale in realtà celava una complessità insospettata. Questa riflessione, a mio avviso, si estende a tutti gli aspetti della nostra esistenza; solo con uno sforzo consapevole e metodico possiamo acquisire una comprensione autentica, per giungere a una visione veramente profonda e illuminata delle cose.
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🧠 Stiamo attraversando un momento storico in cui, qualche volta, le parole perdono la loro potenza. I modelli di riferimento che per mera esposizione entrano in contatto con noi (quindi con la nostra percezione, la nostra attenzione, la nostra memoria), lavorano per condizionare il senso ed i significati delle parole. Se da un lato lo sviluppo delle imprese evolve incoraggiando il concetto (ed il principio) di autorevolezza (che va a braccetto con competenza, credibilità e fiducia), la politica, e in moltissimi casi anche l’informazione, provano a legittimare l’autorità. Qual è la differenza tra questi due concetti? L’autorità fa riferimento ad un ruolo e alle decisioni che vengono prese (e devono essere rispettate) in virtù dell’erogazione da parte dell’autorità di quel ruolo. L’autorevolezza, invece, non deriva da una posizione formale e si riferisce alla capacità di influenzare e ispirare attraverso la conoscenza, la competenza ed il rispetto. Adesso, l’autorevolezza è una moneta difficile da conquistare e non è scontato che una persona di potere ne sia dotata. Anche perché va sottolineato che è una qualità conferita (eventualmente e ad ognuno di noi) dal giudizio altrui. Immagino o spero sia chiaro che l’autorità è indice di debolezza rispetto alla più sobria e complessa autorevolezza. Bisogna tenere sempre a mente che le due cose non si toccano sempre. Anzi. Per questo dovremmo imparare tutti a considerare la metrica dell’autorevolezza come una buona misura per l’evoluzione. Delle aziende. Del Paese. Delle persone. Ci tenevo a fare questo post perché ultimamente avverto un certo abuso da parte delle Autorità e una scarsissima dotazione di autorevolezza. Lavoro in realtà complesse - ma quali non lo sono? - ma quando (anche nelle grandi aziende) l’autorità non è abusata, usata gli ingranaggi funzionano meglio. Ecco l’autorità è disfunzionale. No? Buon lavoro a tutti!
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«Creazionismo giudiziario» : un argomento per chi è senza veri argomenti? Leggo, osservo e provo a riflettere, con tutti i miei limiti. E tra le cose che osservo non posso esimermi dal notare che spesso riemerge nel discorso giuridico (almeno di alcuni) la cattiva abitudine di usare la espressione “creazionismo giudiziario” in modo spregiativo verso la tesi avversaria, come espediente retorico per cercare di imporre, in realtà, il proprio punto di vista, sulla base di una pretesa superiorità di partenza della propria posizione (basata sulla intima presunzione di essere portatori della “vera” e “corretta” tesi interpretativa). Ciò dimostra a mio giudizio almeno due cose: a) di non sapere sostenere una tesi in libertà, limitandosi ad offrire in modo laico nel dibattito solo la forza logico-sistematica e persuasiva degli argomenti che si ritiene di avere ed accettando un confronto sereno con gli argomenti opposti; b) dal punto di vista della teoria del diritto e della filosofia e epistemologia del linguaggio (in cui la pratica sociale del diritto e’ immersa), una grande ingenuità teorica, sulla quale rinvio per ragioni di spazio - i pochi giovani lettori che fossero curiosi e mi leggessero - al chiaro e bel saggio di Guastini che allego (tra centinai di fonti recenti sul tema).
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Dichiarazione di Intento Critico Da oggi in poi scelgo consapevolmente di non prestare ascolto a discorsi che si basano su slogan, opinioni semplificate o ripetizioni acritiche di narrazioni preconfezionate. Rifiuto il dibattito sterile che si nutre di parole d’ordine e superficialità, e scelgo di dedicare la mia attenzione solo a chi è disposto ad approfondire, argomentare con rigore e mettere in discussione le proprie convinzioni. Credo nella forza del pensiero critico, nella complessità delle idee e nella necessità di un confronto che non si riduca a mere ripetizioni di opinioni altrui. Il mio tempo e la mia energia sono risorse preziose, e voglio investirle in dialoghi autentici, basati su fatti, logica e apertura mentale. Questo non è un rifiuto al confronto, ma un atto di difesa della qualità del pensiero.
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𝐏𝐥𝐚𝐠𝐢𝐚𝐫𝐞 𝐬𝐞 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐢 𝐩𝐮𝐨̀. 𝐋𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐚𝐭𝐞? Non tutti lo sanno, ma se il plagio degli altri è un reato (quando non si cita correttamente la fonte), anche l’𝐚𝐮𝐭𝐨𝐩𝐥𝐚𝐠𝐢𝐨 è una pratica scorretta se si cita un proprio contributo, un pensiero già formulato in un lavoro precedente, spacciandolo per nuovo e originale. Nessuno verrà ad arrestarvi ma darete prova di un comportamento non proprio onesto intellettualmente e di certo fuorviante per chi magari vi legge per la prima volta. Sapete, nel mondo delle pubblicazioni scientifiche si cammina sulle uova, ed è anche giusto, perché tutti danno il proprio contributo a un discorso comune, e senza un certo rigore si rischia di far perdere il filo di quel discorso – quello della vostra materia di ricerca – che state seguendo in molti in tutto il mondo. Per evitare questo genere di intoppi esiste una tecnica utile e addirittura necessaria. Sto parlando della parafrasi. Anche se riprendere concetti da lavori precedenti è inevitabile, lo possiamo fare con attenzione. La parafrasi in questo è preziosa. Infatti vi permette di rielaborare idee già esplorate usando nuove parole e strutture per mantenere originalità e chiarezza. Che cosa significa parafrasare in modo efficace? Non è questione di cambiare semplicemente qualche parola qua e là. Bisogna riformulare il concetto modificando anche la struttura della frase. Magari potete usare dei sinonimi e inserire nuove connessioni logiche, mantenendo però l'integrità del messaggio originale. Nel contesto del 𝑝𝑒𝑒𝑟 𝑟𝑒𝑣𝑖𝑒𝑤 (cioè la valutazione e selezione di quali articoli o progetti possono entrare in una rivista o accedere a un finanziamento), una parafrasi fatta bene dimostra la vostra padronanza della materia, e in più permette di presentare le vostre ricerche sotto una luce nuova. Il risultato sarà un testo più fluido e comprensibile, che aggiunge valore alla discussione accademica. Finisce che anche le parafrasi che si facevano a scuola servivano a qualcosa… Chissà se lo sospettavate.
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Tenere a mente, voce del verbo Pensare! Vi invito a leggere qualche mia riflessione su alcuni temi importanti che ho il piacere di vivere nella mia pratica clinica e, se vi piacciono, si accettano cuoricini e commenti!! 👇🏼🩷 https://lnkd.in/dPz4U-KY
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