Ritengo che quanto raffigurato rappresenti in modo emblematico come frequentemente la nostra percezione della comprensione di un determinato argomento risulti distorta e superficialmente semplificata. Ci si trova facilmente a ridurre un tema complesso, convinti di averne colto l'essenza in un istante fugace. Tuttavia, è solo con un impegno profondo nell'approfondimento che si rivela la vera natura intricata e multiforme dell'argomento, portandoci a un'accresciuta consapevolezza che ciò che sembrava immediato e banale in realtà celava una complessità insospettata. Questa riflessione, a mio avviso, si estende a tutti gli aspetti della nostra esistenza; solo con uno sforzo consapevole e metodico possiamo acquisire una comprensione autentica, per giungere a una visione veramente profonda e illuminata delle cose.
Post di Alessandro Maistrello
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Ogni tanto ri-condivido vecchia riflessione… Giudicare/valutare senza conoscere. Quanto è scorretto giudicare, valutare, esprimere un parere/opinione …senza conoscere. Oltre che (evidentemente) molto scorretto – soprattutto quando giudizi e valutazioni hanno ricadute sui vissuti e i percorsi professionali delle Persone – l’atto di giudicare/valutare senza conoscere è indicativo di tante altre questioni fondamentali, che riguardano da vicino, non soltanto lo spessore e l’onestà delle Persone, ma anche le nostre Società e le democrazie co-create nel tempo. Non da oggi, certe dinamiche vanno, per tante ragioni e per logiche di sistema, vanno sempre più consolidandosi, radicalizzandosi e, soprattutto, vengono sempre più legittimate dalle comunità/gruppi (professionali e non) di riferimento. E così, la superficialità e, talvolta/spesso, la stessa scorrettezza sono, ormai, assurte a principi-guida dell’agire, pienamente legittimati, anche all’interno delle istituzioni educative e formative e, più in generale, nell’ecosistema dell’industria culturale e nella Società. In altri termini, superficialità e scorrettezza dominano, ormai, incontrastate dal momento che, a sentire anche chi si rende protagonista di certi comportamenti/certe condotte, non si commette “nulla di grave” in fondo …in fondo. Nulla di nuovo all’orizzonte…questione culturale, morale e, perfino, educativa. Lungo, lunghissimo periodo. 🟧 Dopo quasi trent’anni di attività di ricerca e didattica, di conferenze, seminari, presentazioni, di Persone incontrate e conosciute, ma anche, e soprattutto, di processi di valutazione “subiti” e/o effettuati, non dovrei più stupirmi. Eppure, non posso farne a meno… 🟧In particolare, tra le tante questioni fondamentali che si potrebbero analizzare (e sulle quali, peraltro, son tornato più volte, nel tempo), davvero non si riesce/non riesco a comprendere con quale coraggio (?) ma, prima di ogni altro aspetto, con quale presunzione, non soltanto intellettuale, con quale correttezza e senso di responsabilità, si possano valutare articoli, libri, pubblicazioni, scientifiche e divulgative – qualunque testo/contenuto e/o prodotto dell’attività intellettuale e culturale – senza averli mai – sottolineo “mai” – letti/studiati/analizzati/visionati e, men che meno (non sia mai!), approfonditi e, laddove necessario, comparati. 🟧 C’è tanta superficialità, ma – appunto – non è soltanto questione di superficialità. È questione di un tipo di disonestà, sempre coniugata ad una parzialità e ad una superficialità – a dir poco – insopportabili. Comportamenti / atteggiamenti / fenomeni / processi che alimentano e contribuiscono a definire i confini di quell’immensa, sterminata, “zona grigia” – che è la “vera” questione delle nostre società/democrazie – tra legalità e illegalità […] CONTINUA ➡️ https://lnkd.in/dENrERPr #CitaregliAutori
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Ogni tanto ri-condivido vecchia riflessione… Giudicare/valutare senza conoscere. Quanto è scorretto giudicare, valutare, esprimere un parere/opinione …senza conoscere. Oltre che (evidentemente) molto scorretto – soprattutto quando giudizi e valutazioni hanno ricadute sui vissuti e i percorsi professionali delle Persone – l’atto di giudicare/valutare senza conoscere è indicativo di tante altre questioni fondamentali, che riguardano da vicino, non soltanto lo spessore e l’onestà delle Persone, ma anche le nostre Società e le democrazie co-create nel tempo. Non da oggi, certe dinamiche vanno, per tante ragioni e per logiche di sistema, vanno sempre più consolidandosi, radicalizzandosi e, soprattutto, vengono sempre più legittimate dalle comunità/gruppi (professionali e non) di riferimento. E così, la superficialità e, talvolta/spesso, la stessa scorrettezza sono, ormai, assurte a principi-guida dell’agire, pienamente legittimati, anche all’interno delle istituzioni educative e formative e, più in generale, nell’ecosistema dell’industria culturale e nella Società. In altri termini, superficialità e scorrettezza dominano, ormai, incontrastate dal momento che, a sentire anche chi si rende protagonista di certi comportamenti/certe condotte, non si commette “nulla di grave” in fondo …in fondo. Nulla di nuovo all’orizzonte…questione culturale, morale e, perfino, educativa. Lungo, lunghissimo periodo. 🟧 Dopo quasi trent’anni di attività di ricerca e didattica, di conferenze, seminari, presentazioni, di Persone incontrate e conosciute, ma anche, e soprattutto, di processi di valutazione “subiti” e/o effettuati, non dovrei più stupirmi. Eppure, non posso farne a meno… 🟧In particolare, tra le tante questioni fondamentali che si potrebbero analizzare (e sulle quali, peraltro, son tornato più volte, nel tempo), davvero non si riesce/non riesco a comprendere con quale coraggio (?) ma, prima di ogni altro aspetto, con quale presunzione, non soltanto intellettuale, con quale correttezza e senso di responsabilità, si possano valutare articoli, libri, pubblicazioni, scientifiche e divulgative – qualunque testo/contenuto e/o prodotto dell’attività intellettuale e culturale – senza averli mai – sottolineo “mai” – letti/studiati/analizzati/visionati e, men che meno (non sia mai!), approfonditi e, laddove necessario, comparati. 🟧 C’è tanta superficialità, ma – appunto – non è soltanto questione di superficialità. È questione di un tipo di disonestà, sempre coniugata ad una parzialità e ad una superficialità – a dir poco – insopportabili. Comportamenti / atteggiamenti / fenomeni / processi che alimentano e contribuiscono a definire i confini di quell’immensa, sterminata, “zona grigia” – che è la “vera” questione delle nostre società/democrazie – tra legalità e illegalità […] CONTINUA ➡️ https://lnkd.in/dENrERPr #CitaregliAutori
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«Creazionismo giudiziario» : un argomento per chi è senza veri argomenti? Leggo, osservo e provo a riflettere, con tutti i miei limiti. E tra le cose che osservo non posso esimermi dal notare che spesso riemerge nel discorso giuridico (almeno di alcuni) la cattiva abitudine di usare la espressione “creazionismo giudiziario” in modo spregiativo verso la tesi avversaria, come espediente retorico per cercare di imporre, in realtà, il proprio punto di vista, sulla base di una pretesa superiorità di partenza della propria posizione (basata sulla intima presunzione di essere portatori della “vera” e “corretta” tesi interpretativa). Ciò dimostra a mio giudizio almeno due cose: a) di non sapere sostenere una tesi in libertà, limitandosi ad offrire in modo laico nel dibattito solo la forza logico-sistematica e persuasiva degli argomenti che si ritiene di avere ed accettando un confronto sereno con gli argomenti opposti; b) dal punto di vista della teoria del diritto e della filosofia e epistemologia del linguaggio (in cui la pratica sociale del diritto e’ immersa), una grande ingenuità teorica, sulla quale rinvio per ragioni di spazio - i pochi giovani lettori che fossero curiosi e mi leggessero - al chiaro e bel saggio di Guastini che allego (tra centinai di fonti recenti sul tema).
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https://lnkd.in/gKneJkBv Buonasera Condivido con voi un Articolo Scientifico che da me scritto. Si tratta di una rivista in fascia A, ossia quei contributi riconosciuti come eccellenti a livello internazionale per il rigore delle procedure di revisione e per la diffusione, prestigio e impatto nelle comunità degli studiosi del settore. Potete leggere l'articolo dal titolo... •Pedagogia speciale e dell'Inclusione: "Scienza della soggettività e dell'intersoggettività".
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Credo di aver commesso un errore nelle mie Valutazioni non di Quantità ma di Qualità, nel senso che l'errore che viene commesso nel giudicare la mia Teoria non valida/non appropiata/non meritevole o non voler considerare la Teoria etc... non ha nulla di personale verso la mia persona per cui rimaniamo estranei, ma è data da forme d'interesse coscienti o inconscie. E' interessante allora riagganciarsi a quanto detto negli altri post e su come l'interesse abbia forme inconscie che pregiudicano il progresso Scientifico oltre ovviamente a quelle coscienti. La capacità di stabilire queste due forme cambia la prospettiva della Relazione.
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L’ONNIPOTENTE AMA I SOLISTI Nelle mie dissennate letture sulla comunicazione inciampo in un’interessante classificazione dei tipi di testo. Tranquilli, niente categorie aristoteliche. Soltanto (si fa per dire) il modello di Sabatini, autorevole linguista, filologo e lessicografo italiano. Sabatini distingue 3 tipi di testi: 📍a discorso molto vincolante (testi scientifici, giuridici e tecnici) 📍a discorso mediamente vincolante (saggi, scrittura divulgativa, articoli giornalistici) 📍a discorso poco vincolante (letteratura, poesia, testi pubblicitari) Nella tabella proposta da Sabatini fra i tratti caratterizzanti dei testi giuridici vi sarebbe, fra l’altro 📍un ordine di costruzione impostato in modo RIGOROSO, con blocchi di testo ABBASTANZA BREVI, per lo più numerati e concatenati DA CHIARI LEGAMENTI SINTATTICI 📍la definizione ESATTA di fenomeni, comportamenti, oggetti e codificazione dei relativi termini Questo è ciò che dovrebbe essere, ma non è. Nel mondo reale ognuno codifica come gli pare. Perché non soltanto non c’è mai un’interpretazione univoca su un istituto, argomento o problematica. Il Tar, il Consiglio di Stato, per non parlare delle SS.UU. che giocano a mora cinese. C’è proprio un modo arzigogolato di scrivere, tanto negli atti normativi e amministrativi quanto nelle sentenze, che persino Cicerone gliene direbbe quattro. Con la differenza che le versioni di Cicerone, con un’adeguata capacità di analisi del periodo, sono fattibilissime, mentre i passaggi di alcune sentenze sono impenetrabili. Per non parlare dell’ambito semantico, che ognuno interpreta in base alla congiunzione astrale del giorno. È facile dire «eh ma qui il Testo unico dice chiaramente che gli interventi di ristrutturazione edilizia … sono soggetti a permesso di costruire!». Certo, però poi lo stesso TUE dice che è la REGIONE a decidere quali mutamenti (cioè quali tipi di ristrutturazione) ricadono nell’ambito del PdC o della Scia. Lo avevate considerato il FATTORE REGIONALE? Evidentemente no, ed ecco perché a Milano ultimamente è tutto un ricorso al TAR tra uno Spritz e un ossobuco. 👏👏👏👏 In realtà il diritto è piuttosto barocco, anzi manierista. La sua affettazione tradisce un’entropia sistemica sulle azioni da intraprendere per risolvere i problemi (ma abbiamo capito quali sono i problemi del mondo reale?). Una comunicazione tecnica che si rivolge, appunto, ai tecnici: un riflesso nello specchio, una bolla di auto-referenzialità. È qui che casca la pigna: se le leggi devono essere eseguite, devono a priori essere comprese. Comprese da TUTTI. Il giurista è un solista, questa è la verità. Preci di folla Confuse voci inascoltate in cielo L’Onnipotente ama i solisti! Con buona pace dei magni derelitti. Il brano completo nel primo commento. #homehunter #consulenzaimmobiliare #comunicazione #accordiedisaccordi
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Attendevo da tempo questo libro di Peter Agstner, che adotta una prospettiva nuova ed obiettivamente stimolante: lo leggerò con grande interesse!
Con quest’opera monografica si chiude un lungo periodo di ricerca, durante il quale confido di avere dimostrato questo fatidico "Stehvermögen" di cui alla dedica indirizzata ai miei genitori. https://lnkd.in/dECvvj3F Il lavoro intende indagare il tema dei conflitti tra soci nelle società di capitali chiuse, non tanto – come spesso accade – per fornire un ricettario di clausole utilizzabili per fare fronte alle comuni situazioni di contrapposizione endosocietaria (abuso di maggioranza o di minoranza, stallo decisionale), ma per indagare le ragioni più profonde dell’emersione di simili contrasti e il ruolo rivestito dal giudice e dal legislatore nella regolazione degli stessi. Sullo sfondo, come emerge dal sottotitolo, si staglia il tema di vertice della dialettica tra fallimenti (empiricamente dimostrati) dell’autonomia statutaria e legittimità e grado di estensione degli interventi paternalistici “correttivi”. In tal modo si vuole affrontare quello che è stato descritto da uno dei più insigni esponenti della giuscommercialistica moderna come la “wohl schwierigste Frage des Gesellschaftsrechts” (Karl Wieland). Tutto ciò avviene con approccio fortemente interdisciplinare, facendo tesoro dei saperi scientifici più vari (economia comportamentale del diritto in primis, neuroscienze e psicologia sperimentale, empirismo, filosofia), non per abdicare al ruolo (fermo) di “giurista” più tradizionale, ma per dare luogo ad una profittevole operazione ermeneutica di tipo “circolare”, una specie di fertilizzazione epistemologica reciproca “[vom] Positiven hinaus, um in das Positive wieder hineinzukommen” (Feuerbach), consapevole appunto, come dice Popper, che “la nostra conoscenza ha fonti di ogni genere, ma nessuna ha autorità”. Forse non a tutti piacerà, ma come ha avuto modo di dire un autorevole giurista della nostra materia (che ha dedicato il suo prezioso tempo alla lettura di parte del mio lavoro), occorre fare ricerca non per compiacere, ma perché si crede in quello che si scrive. E proprio in questa prospettiva dovrà essere valutato il mio modesto apporto a questo tema di così grande rilevanza teorico-pratica.
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[...] Per leggere un articolo di giornale bisogna certo conoscere l'alfabeto, ma per esserne influenzati occorre che si abbia già in sé un bagaglio di τόποι condiviso con l'autore. Solo così si possono conquistare i lettori con poche righe o anche con un solo slogan, a volte con una sola parola! Si resta perciò esterrefatti all'udire che la scuola offrirebbe un antidoto alla manipolazione, essendone al contrario il fondamento, la propedeutica, il requisito. [...] In questo equivoco tollerato e invero incoraggiato dalla società il semicolto sguazza e troneggia tra gli indottrinati. Egli è, tra tutti, la preda più facile da condizionare. In generale perché la sua presunzione di sapere lo mette al riparo dal dubbio collocandolo socraticamente ai vertici dell’ignoranza e della creduloneria; in senso tecnico perché, avendo egli confuso il linguaggio della conoscenza con la conoscenza stessa, gli si può vendere qualsiasi «verità» agghindandola coi ninnoli dell’accademia: numeri, calcoli, tavole, istogrammi, reminiscenze da manuale, cognomi venerabili, acronimi anglotecnici, riviste reputate ecc. Siffatte presentazioni strizzano l’occhio al semicolto e lo chiamano in causa offrendogli la gloria di tradurre il messaggio agli illetterati. Che stia casomai traducendo un falso è un problema che non può sfiorarlo, giacché l’unica prova ontologica che gli sta a cuore è quella del proprio creduto primato culturale: certificato dall’istituzione con un pezzo di carta e una corona d’alloro, destinato a riconfermarsi nella rincorsa del verbo istituzionale, non avendo altre basi. Il semicolto non si limita dunque a credere, ma è un diffusore attivo della propaganda che rilancia con una motivazione e uno zelo ignoti ai meno istruiti. https://lnkd.in/dJHTVs-C
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Il valore e la rilevanza dei contenuti: un'analisi criticamente costruttiva Imparate a valutare in modo consapevole l'utilità e la coerenza di un articolo. La critica costruttiva è il primo passo per migliorare i contenuti e ottenere una pubblicazione di qualità. Scoprite come i redattori prendono decisioni basate su questi valutazioni. #ValutazioneContenuti #CriticaCostruttiva #QualitàPubblicazione #MiglioramentoContenuti #DecisioniEditoriali #AnalisiCritica #ContenutiRilevanti #ValutazioneArticoli #ValoredeiContenuti #ConsapevolezzaEditoriale
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…Resta sempre una questione di scelte! «Nei paesi nei quali si tentarono trasformazioni radicali delle strutture giuridico-politiche, e in vista della realizzazione di tali ambiziosi programmi si negò ed ostacolò la libera critica, la scienza giuridica presentò due opposti aspetti: quello di una irrazionale ed incontrollata apologetica, vacua e monotona, che traduceva in termini diversi la retorica dei dirigenti politici; e quello di una rarefatta geometria di forme concettuali legate in un elaborato sistema, capace, almeno in apparenza, di accogliere qualsiasi contenuto. Codesta seconda tendenza – la sola che meriti di essere presa in considerazione – consentì ai cultori della scienza giuridica di opporre una barriera formale ai reiterati e sempre più insistenti tentativi di sopraffazione da parte dei neofiti entusiasti dell’altra maniera; e nel contempo costituì una remora ed un freno in ordine all’applicazione dei nuovi principi e delle nuove norme, ai quali poté imporre soste e deviazioni, che in parte ne frenarono l’impulso e ne impedirono estreme attuazioni. Non sembri paradossale: il primo compito che i giuristi di tale tendenza si addossarono e riuscirono ad attuare fu, rispetto al risultato finale, più importante del secondo, poiché con quello si realizzava l’autodifesa della scienza giuridica, con questo si reagiva ad una legislazione contingente» (Pugliatti, La giurisprudenza come scienza pratica, in Riv. it. per le scienze giuridiche, IV, 1950, pp. 50-51).
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