Qualche ora fa è stata presentata su Orizzonte Scuola un'intervista a Dario Ianes, noto sostenitore dell’inclusione scolastica e sociale intitolata: "Gli alunni speciali sono una ricchezza per i normodotati, gli scettici cavalcano l’onda della fatica". Questo titolo ha suscitato in me notevole preoccupazione per le parole utilizzate. Preoccupazione che si è trasformata in sollievo dopo aver ascoltato l’intervista e constatato che nessuna delle espressioni citate - quali “alunni speciali” e “normodotati” - figurava nelle effettive dichiarazioni di Ianes e, soprattutto, che un titolo così infelice non era minimamente adeguato a riassumere quanto detto. La discrepanza tra titolo e contenuto dell’intervista solleva diverse questioni. Anzitutto quella sul rispetto del pensiero originale dell'autore. Ma non è su questa che vorrei soffermarmi, quanto sull’importanza che hanno le parole che scegliamo per rappresentare la realtà. Le parole plasmano le opinioni, modellano il discorso pubblico e influenzano gli atteggiamenti sociali. Da qui la necessità di un uso più consapevole e avveduto del linguaggio. Dal titolo scelto per l’intervista verrebbe da concludere che gli alunni e le alunne con disabilità andrebbero inclusi anzitutto perché rappresentano un beneficio per il resto della classe. Affermazioni come queste non fanno altro che ribadire la subalternità sociale delle persone con disabilità e la alimentano. L’inclusione delle persone con disabilità va promossa non per ottenere un qualsivoglia “valore aggiunto”, ma perché rappresenta un principio basilare di giustizia sociale. Inoltre, usare espressioni come “alunni speciali” e “normodotati”, per di più in contrapposizione, non solo rafforza una visione segregazionista della scuola ma costruisce un'immagine di persone con disabilità come esseri straordinariamente diversi anziché che come membri a pieno titolo della società. Quello dell’inclusione è un imperativo che riconosce la diversità umana come componente essenziale di ogni società che voglia essere equa e giusta. Con le parole di Ianes, la scuola inclusiva “dà una risposta personalizzata, differenziata, libera, tagliata su misura al 100% delle alunne e degli alunni”. Ecco, questo sì che sarebbe stato un bel titolo da dare all’intervista. (qui l'intervista: https://lnkd.in/dXN46QK5)
Post di Tania Parisi
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Abbiamo letto la proposta del generale Vannacci di ritornare alle classi differenziali per gli studenti e le studentesse disabili, un’idea che, come molte altre opinioni che il generale da mesi a questa parte elargisce con generosità, rappresenta un salto indietro nel tempo a momenti che speravamo archiviati. In questo caso, a prima del 1977, anno in cui le classi differenziali vennero abolite con la legge 517/77, affermando di fatto il ruolo centrale della scuola nel processo di inclusione. Ovviamente, il discorso abilista di Vannacci ha suscitato molte reazioni. E tra queste ce n’è una che sta girando parecchio sul web che mi interessa particolarmente perché, sebbene in buona fede, rappresenta una visione della disabilità purtroppo ancora diffusa, quella che per meritarsi la parità di opportunità la persona disabile debba diventare una specie di super disabile. Questo maldestro – seppure sicuramente in buona fede – tentativo di difendere l’inclusione scolastica dagli attacchi discriminatori del generale prende come esempio, come fonte di ispirazione, l’astrofisico britannico Stephen Hawking. Più o meno in vari post si dice che sono brutte le parole di Vannacci, vanno assolutamente condannate, la scuola deve essere inclusiva, pensate che accadrebbe a Stephen Hawking a scuola oggi, se la proposta del generale venisse messa in pratica, ci perderemmo un genio della cosmologia. Ma questo discorso è problematico sotto diversi punti di vista. Prima di tutto, questa argomentazione cade nell’Inspiration P0rn, termine coniato dall’attivista disabile Stella Young per descrivere la narrazione che vede le persone disabili come fonte di ispirazione, che racconta la disabilità come limite da superare e non come il risultato di barriere create da una società sviluppata intorno a un ideale fittizio di persona “normale”. Una narrazione che dice: se sei disabile ti accettiamo, ma a patto che tu faccia cose straordinarie, che tu sia estremamente intelligente, che tu eccella nello sport, che tu sia una super-disabile. Il grosso problema di questo tipo di argomentazioni è che non si può sostenere l’inclusione solo perché potremmo perdere il prossimo Stephen Hawking. Questo punto di vista trascura la realtà della stragrande maggioranza delle persone disabili che, esattamente come la maggioranza delle persone non disabili, non sono geni e hanno diritto a vivere vite significative e piene, indipendentemente dal raggiungimento di traguardi accademici o professionali eccezionali. La scuola inclusiva non è preziosa solo per il potenziale genio nascosto in alcuni, ma perché riconosce il diritto di ogni individuo a partecipare pienamente alla vita della comunità scolastica. [Continua a leggere sul blog: https://lnkd.in/dvtWU7_D ]
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🚨 ACCESSIBILITÀ ED ESPERIENZE "DIFFERENZIALI" Non è la prima volta che qualcuno vuole separare le esperienza delle persone con disabilità da quelle di tutte le altre. Accade anche quando ci si approccia all'accessibilità digitale: perché non fare una versione del sito o dell'app apposta per le persone con disabilità? Come fa notare Fabrizio Acanfora nel post (che si concentra sul tema delle classi differenziali) questa "specializzazione", anche se in certi casi è ipotizzata non con intenti negativi, resta comunque discriminatoria. Perchè <<concepisce la disabilità come limite da superare e non come il risultato di barriere create da una società sviluppata intorno a un ideale fittizio di persona “normale”>>. L'approccio all'accessibilità digitale quindi non può essere visto come un modo per "superare" i limiti che le persone disabili avrebbero nel fruire un'esperienza considerata "normale". Piuttosto è il prodotto digitale (l'app, il sito) che deve essere progettato GIÀ con la varietà di possibilità che un utente può avere nel fruirla. L'approccio all'accessibilità digitale dovrebbe quindi essere parte integrante del processo progettuale: un approccio inclusivo, centrato sull'utente e che garantisca esperienze digitali che rispettino la diversità e offrano opportunità a tutte le persone.
Responsabile della Comunicazione e relazioni Esterne per Specialisterne It ׀ Esperto in Comunicazione Inclusiva ׀ Neurodiversity Advocate ׀ Divulgatore ׀ Autore ׀ Blogger ׀ Docente
Abbiamo letto la proposta del generale Vannacci di ritornare alle classi differenziali per gli studenti e le studentesse disabili, un’idea che, come molte altre opinioni che il generale da mesi a questa parte elargisce con generosità, rappresenta un salto indietro nel tempo a momenti che speravamo archiviati. In questo caso, a prima del 1977, anno in cui le classi differenziali vennero abolite con la legge 517/77, affermando di fatto il ruolo centrale della scuola nel processo di inclusione. Ovviamente, il discorso abilista di Vannacci ha suscitato molte reazioni. E tra queste ce n’è una che sta girando parecchio sul web che mi interessa particolarmente perché, sebbene in buona fede, rappresenta una visione della disabilità purtroppo ancora diffusa, quella che per meritarsi la parità di opportunità la persona disabile debba diventare una specie di super disabile. Questo maldestro – seppure sicuramente in buona fede – tentativo di difendere l’inclusione scolastica dagli attacchi discriminatori del generale prende come esempio, come fonte di ispirazione, l’astrofisico britannico Stephen Hawking. Più o meno in vari post si dice che sono brutte le parole di Vannacci, vanno assolutamente condannate, la scuola deve essere inclusiva, pensate che accadrebbe a Stephen Hawking a scuola oggi, se la proposta del generale venisse messa in pratica, ci perderemmo un genio della cosmologia. Ma questo discorso è problematico sotto diversi punti di vista. Prima di tutto, questa argomentazione cade nell’Inspiration P0rn, termine coniato dall’attivista disabile Stella Young per descrivere la narrazione che vede le persone disabili come fonte di ispirazione, che racconta la disabilità come limite da superare e non come il risultato di barriere create da una società sviluppata intorno a un ideale fittizio di persona “normale”. Una narrazione che dice: se sei disabile ti accettiamo, ma a patto che tu faccia cose straordinarie, che tu sia estremamente intelligente, che tu eccella nello sport, che tu sia una super-disabile. Il grosso problema di questo tipo di argomentazioni è che non si può sostenere l’inclusione solo perché potremmo perdere il prossimo Stephen Hawking. Questo punto di vista trascura la realtà della stragrande maggioranza delle persone disabili che, esattamente come la maggioranza delle persone non disabili, non sono geni e hanno diritto a vivere vite significative e piene, indipendentemente dal raggiungimento di traguardi accademici o professionali eccezionali. La scuola inclusiva non è preziosa solo per il potenziale genio nascosto in alcuni, ma perché riconosce il diritto di ogni individuo a partecipare pienamente alla vita della comunità scolastica. [Continua a leggere sul blog: https://lnkd.in/dvtWU7_D ]
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Lungi da me voler difendere il generale Vannacci. Quello della disabilità è un terreno scivoloso Oggi si fa presto a commettere gaffe soprattutto quando non si conosce la scuola italiana e soprattutto quando non si conosce la disabilità, Classe separate per gli alunni disabili? Certo che no. Non possiamo tornare al passato dove i più fragili della società non solo venivano esclusi ma eliminati in quanto vite non degne di essere vissute. Però una cosa bisogna anche dirla forte e chiaro Che il modello che vige oggi nella scuola italiana non aiuta i ragazzi disabili e non aiuta i ragazzi più talentuosi a sviluppare le loro potenzialità. Quindi ben venga che si parli di questo perché oggi ci illudiamo di far vivere ai nostri figli esperienze inclusive ma sappiamo benissimo in fondo al nostro cuore che non è così Spesso abbandonati in classe con l’insegnate di sostegno a fianco in un contesto comunque di inclusione solo sulla carta. La vera inclusione verrà raggiunta solo quando ogni studente sarà trattato in maniera univoca e ci sarà una scuola adatta alle sue esigenze che siano fragilità o potenzialità. Perché se un alunno ha bisogno di uno spazio più tranquillo per poter svolgere la lezione non ci vedo nulla di male che stia in un’altra aula così come non ci vedo nulla di male che ci siano momenti di inclusione attraverso gruppi di lavoro per fare tesine, ricerche presentazioni. Questo è quello che ho sempre suggerito nelle scuole frequentate da mio figlio. Noi genitori e i nostri ragazzi non abbiamo e non vogliamo scuole speciali. Chiediamo solo il rispetto delle condizioni di fragilità dei nostri figli. Oggi la scuola ha bisogno di profondi cambiamenti e non di classi speciali perché non serve la classe speciale a separare i buoni dagli scarti. Servono insegnanti preparati, formati che siano in grado di lavorare sia con studenti neurotipici che con studenti neuro divergenti. Servono per questo investimenti in formazione continua. Oggi dobbiamo ringraziare l’insegnante di sostegno che affianca i ragazzi disabili nella quotidianità Ma l’insegnante di sostegno non è anch’esso un’insegnante speciale? Insegnante di sostegno visto spesso come la coperta di Linus, come colui che si occupa esclusivamente del ragazzo disabile ma non dovrebbe funzionare così in teoria. Allora quali cambiamenti dobbiamo auspicarci? No classi speciali per i disabili Ne insegnanti speciali per i disabili Ma insegnanti formati validi e preparati per tutti con un attenta valutazione classe per classe attraverso istituzione all’interno della scuola di comitati genitori e insegnanti per le pari opportunità di cosa è meglio per il ragazzo stesso. Non voglio una scuola speciale Voglio una scuola con delle eccellenze
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Numero insufficiente di docenti specializzati sul sostegno, carenza dell’assistenza all’autonomia e alla comunicazione anche durante l’orario mensa, trasporti scolastici non sempre operativi, barriere architettoniche, testi scolastici non inclusivi, Piani educativi individualizzati (Pei) non rispettati anche se obbligatori per legge. A più di un mese dall’inizio delle lezioni continua a essere negativa la situazione che riguarda gli alunni e le alunne con disabilità. Problemi e disagi in tutta Italia sono all’ordine del giorno. La campanella, anche per quest’anno scolastico, non suona per tutti e penalizza pesantemente studenti in condizione di estrema fragilità. Ilfattoquotidiano.it ha contattato esperti del settore e raccolto anche alcune testimonianze di mancata inclusione scolastica. “L’impressione è che non si facciano passi avanti, ma che le poche conquiste spesso vengano messe in discussione. C’è un evidente clima di precarietà dove tutto è provvisorio, ogni anno si ricomincia da capo. Riscontriamo su tutto il territorio nazionale un peggioramento complessivo dell’inclusione scolastica”. A denunciarlo a ilfattoquotidiano.it è Alessandro Chiarini, presidente del Coordinamento nazionale famiglie con disabilità (Confad).
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La #scuola dovrebbe essere la priorità nel nostro paese. Ancora prima della sanità, del lavoro, della politica estera, del turismo... Senza una scuola che funziona, non c'è futuro. Eppure la nostra scuola pubblica continua ad andare avanti con un sistema vecchio, farraginoso, per niente flessibile. Un sistema, un carrozzone, che non ha saputo adattarsi al cambiamento della società. E le cui distorsioni ricadono su tutti i bambini, e soprattutto su quelli che hanno una #disabilità. Ogni anno, il copione si ripete: mancano gli insegnanti di sostegno, quelli che ci sono non sono formati, è una lotta per fare i Glo, i Pei, i Pdp. Una lotta tra i genitori e gli insegnanti, i primi che cercano una scuola inclusiva, i secondi che a volte ci provano, ma molto spesso inventano muri che in realtà non hanno senso di esistere. Sono muri incostituzionali. Perché ogni bambino ha diritto ad andare a scuola. Ce lo dice la Costituzione. Ogni giorno ascolto storie di mamme e papà devastati da questi muri, da questi ostacoli che potrebbero essere spazzati via in un attimo, con la giusta forza di volontà. E competenza. Non ci sono educatori, non vengono assegnate abbastanza ore di sostegno, non vengono formati gli insegnanti di sostegno in modo adeguato, e i docenti di ruolo scaricano tutto su questi, come se non fosse una loro responsabilità. Per non parlare della formazione di chi insegna alle elementari. Il risultato è una scuola che farebbe molto volentieri a meno della disabilità. Questo va detto. Andrebbe detto ogni maledetto giorno. Il Ministro dell'Istruzione non ha speso una parola in questo senso, non ho sentito nulla per questi bambini. Sento solo parlare di merito e voti, non di inclusione seria e fattibile. E sapete cosa succede? Chi può toglie i figli dal circuito pubblico e li inserisce in quello privato. Chi non può, va avanti e subisce. E i bambini che non hanno disabilità impareranno ad escludere chi ce l'ha. Perché lo hanno imparato a scuola. Se noi come società non ci ribelliamo a questo massacro silenzioso, le generazioni future ne pagheranno le conseguenze. Non si tratta solo dei bambini con disabilità, si tratta di un approccio educativo fuori dal tempo, prettamente nozionistico e per nulla formativo a quella che è la vita, la relazione, lo stare al mondo, confrontarsi con gli altri, allenare il pensiero critico, condividere. Questo articolo ne è l'ennesima prova. Alessandro Chiarini, Presidente CONFAD – Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità, lo spiega bene a Ivana Barberini in questa intervista per PERSONE, Medicina&Società. https://lnkd.in/dzXa3RZj
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📌 #Inclusione scolastica, “Non è solo questione di finanziamenti, serve la #competenza” è il titolo dell'intervista, a firma di Anna Maria Gioia, rilasciata al Corriere della Sera dal prof. Luigi d'Alonzo, ordinario di Pedagogia Speciale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e Delegato del Rettore, per lo stesso ateneo, per gli studenti con DSA e disabilità. "(...) Aiutare gli alunni con disabilità nella loro esperienza scolastica significa accompagnarli nella scoperta dell’essenziale di sé: la possibilità di un cammino verso il proprio compimento. E’ necessario, pertanto, promuovere un lavoro multidisciplinare di équipe tra gli insegnanti per, in primis, soddisfare i bisogni immediati degli alunni disabili; e in un secondo momento, portarli alla loro autorealizzazione. (...) L’esperienza di #inclusione totale che dagli anni settanta ci distingue da tutti gli altri Paesi, anche economicamente più floridi, ci ha permesso di capire che è possibile includere la persona con disabilità, anzi, è assolutamente auspicabile proseguire su questa strada perché i risultati ottenuti provano che tutto ciò è giusto. Abbiamo capito in pratica che i due termini diversità ed uguaglianza non sono antitetici, ma complementari: la diversità non esclude l’ uguaglianza e, a sua volta, l’ equiparazione non allontana la difformità; l’uomo, per essere e diventare tale, ha bisogno di vivere con gli altri uomini, in un ambiente idoneo, in un luogo dove le differenze siano normali, in cui la diversità degli altri non spaventi, non irriti, ma sia vissuta con serenità. Quando lei afferma che gli alunni con disabilità vanno aiutati nella loro esperienza scolastica, finalizzata alla scoperta dell’essenziale del sé, che cosa significa in concreto? Significa operare con competenza. I risultati ottenuti in questi anni ci dicono che la persona con disabilità, per incrementare al massimo le proprie potenzialità ha necessità di incontrare persone capaci di operare con conoscenza, abilità e professionalità. L’amore non basta, il mondo delle persone con bisogni speciali impone la competenza. Occorre molto di più. Per tanto tempo si è pensato che fossero sufficienti l’impegno personale dell’operatore, la sua buona volontà nell’assistere il soggetto con bisogni speciali, la sua delicatezza d’animo per sopportare un incontro che a molti, ancora oggi, pare insopportabile; tuttavia, le esperienze che in questi anni si sono effettuate e le riflessioni che da esse sono scaturite, indicano come preponderante l’esigenza che gli operatori operino non solo con carità, ma anche con professionalità, essenziale per soddisfare i bisogni particolari di queste persone. (continua al link). 🌐 Vai all'intervista integrale: https://lnkd.in/dyG5FPyp #cedisma #inclusione #disabilità #scuola #formazione #insegnanti #inclusioneimpresacollettiva #inclusionedituttieperciascuno #università
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La #scuola dovrebbe essere la priorità nel nostro paese. Ancora prima della sanità, del lavoro, della politica estera, del turismo... Senza una scuola che funziona, non c'è futuro. Eppure la nostra scuola pubblica continua ad andare avanti con un sistema vecchio, farraginoso, per niente flessibile. Un sistema, un carrozzone, che non ha saputo adattarsi al cambiamento della società. E le cui distorsioni ricadono su tutti i bambini, e soprattutto su quelli che hanno una #disabilità. Ogni anno, il copione si ripete: mancano gli insegnanti di sostegno, quelli che ci sono non sono formati, è una lotta per fare i Glo, i Pei, i Pdp. Una lotta tra i genitori e gli insegnanti, i primi che cercano una scuola inclusiva, i secondi che a volte ci provano, ma molto spesso inventano muri che in realtà non hanno senso di esistere. Sono muri incostituzionali. Perché ogni bambino ha diritto ad andare a scuola. Ce lo dice la Costituzione. Ogni giorno ascolto storie di mamme e papà devastati da questi muri, da questi ostacoli che potrebbero essere spazzati via in un attimo, con la giusta forza di volontà. E competenza. Non si cono educatori, non vengono assegnate abbastanza ore di sostegno, non vengono formati gli insegnanti di sostegno in modo adeguato, e i docenti di ruolo scaricano tutto su questi, come se non fosse una loro responsabilità. Per non parlare della formazione di chi insegna alle elementari. Il risultato è una scuola che farebbe molto volentieri a meno della disabilità. Questo va detto. Andrebbe detto ogni maledetto giorno. Il Ministro dell'Istruzione non ha speso una parola in questo senso, non ho sentito nulla per questi bambini. Sento solo parlare di merito e voti, non di inclusione seria e fattibile. E sapete cosa succede? Chi può toglie i figli dal circuito pubblico e li inserisce in quello privato. Chi non può, va avanti e subisce. E i bambini che non hanno disabilità impareranno ad escludere chi ce l'ha. Perché lo hanno imparato a scuola. Se noi come società non ci ribelliamo a questo massacro silenzioso, le generazioni future ne pagheranno le conseguenze. Non si tratta solo dei bambini con disabilità, si tratta di un approccio educativo fuori dal tempo, prettamente nozionistico e per nulla formativo a quella che è la vita, la relazione, lo stare al mondo, confrontarsi con gli altri, allenare il pensiero critico, condividere. Questo articolo ne è l'ennesima prova. Alessandro Chiarini, Presidente CONFAD – Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità, lo spiega bene in questa intervista. https://lnkd.in/dzXa3RZj
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L’inclusività non è solo accogliere la diversità visibile, ma abbattere ogni barriera - architettonica, culturale e sociale - che limita l’accesso al diritto di essere parte del tutto.
🌷 Giornalista professionista | parlo e scrivo di #medicina #sanità #inclusione | ✒️ Scrivo nell'interesse dei lettori e dei pazienti | Credo nel giornalismo come servizio pubblico
La #scuola dovrebbe essere la priorità nel nostro paese. Ancora prima della sanità, del lavoro, della politica estera, del turismo... Senza una scuola che funziona, non c'è futuro. Eppure la nostra scuola pubblica continua ad andare avanti con un sistema vecchio, farraginoso, per niente flessibile. Un sistema, un carrozzone, che non ha saputo adattarsi al cambiamento della società. E le cui distorsioni ricadono su tutti i bambini, e soprattutto su quelli che hanno una #disabilità. Ogni anno, il copione si ripete: mancano gli insegnanti di sostegno, quelli che ci sono non sono formati, è una lotta per fare i Glo, i Pei, i Pdp. Una lotta tra i genitori e gli insegnanti, i primi che cercano una scuola inclusiva, i secondi che a volte ci provano, ma molto spesso inventano muri che in realtà non hanno senso di esistere. Sono muri incostituzionali. Perché ogni bambino ha diritto ad andare a scuola. Ce lo dice la Costituzione. Ogni giorno ascolto storie di mamme e papà devastati da questi muri, da questi ostacoli che potrebbero essere spazzati via in un attimo, con la giusta forza di volontà. E competenza. Non ci sono educatori, non vengono assegnate abbastanza ore di sostegno, non vengono formati gli insegnanti di sostegno in modo adeguato, e i docenti di ruolo scaricano tutto su questi, come se non fosse una loro responsabilità. Per non parlare della formazione di chi insegna alle elementari. Il risultato è una scuola che farebbe molto volentieri a meno della disabilità. Questo va detto. Andrebbe detto ogni maledetto giorno. Il Ministro dell'Istruzione non ha speso una parola in questo senso, non ho sentito nulla per questi bambini. Sento solo parlare di merito e voti, non di inclusione seria e fattibile. E sapete cosa succede? Chi può toglie i figli dal circuito pubblico e li inserisce in quello privato. Chi non può, va avanti e subisce. E i bambini che non hanno disabilità impareranno ad escludere chi ce l'ha. Perché lo hanno imparato a scuola. Se noi come società non ci ribelliamo a questo massacro silenzioso, le generazioni future ne pagheranno le conseguenze. Non si tratta solo dei bambini con disabilità, si tratta di un approccio educativo fuori dal tempo, prettamente nozionistico e per nulla formativo a quella che è la vita, la relazione, lo stare al mondo, confrontarsi con gli altri, allenare il pensiero critico, condividere. Questo articolo ne è l'ennesima prova. Alessandro Chiarini, Presidente CONFAD – Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità, lo spiega bene a Ivana Barberini in questa intervista per PERSONE, Medicina&Società. https://lnkd.in/dzXa3RZj
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📌 #Inclusione scolastica, “Non è solo questione di finanziamenti, serve la #competenza” è il titolo dell'intervista, a firma di Anna Maria Gioia, rilasciata al Corriere della Sera dal prof. Luigi d'Alonzo, ordinario di Pedagogia Speciale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e Delegato del Rettore, per lo stesso ateneo, per gli studenti con DSA e disabilità. "(...) Aiutare gli alunni con disabilità nella loro esperienza scolastica significa accompagnarli nella scoperta dell’essenziale di sé: la possibilità di un cammino verso il proprio compimento. E’ necessario, pertanto, promuovere un lavoro multidisciplinare di équipe tra gli insegnanti per, in primis, soddisfare i bisogni immediati degli alunni disabili; e in un secondo momento, portarli alla loro autorealizzazione. (...) L’esperienza di #inclusione totale che dagli anni settanta ci distingue da tutti gli altri Paesi, anche economicamente più floridi, ci ha permesso di capire che è possibile includere la persona con disabilità, anzi, è assolutamente auspicabile proseguire su questa strada perché i risultati ottenuti provano che tutto ciò è giusto. Abbiamo capito in pratica che i due termini diversità ed uguaglianza non sono antitetici, ma complementari: la diversità non esclude l’ uguaglianza e, a sua volta, l’ equiparazione non allontana la difformità; l’uomo, per essere e diventare tale, ha bisogno di vivere con gli altri uomini, in un ambiente idoneo, in un luogo dove le differenze siano normali, in cui la diversità degli altri non spaventi, non irriti, ma sia vissuta con serenità. Quando lei afferma che gli alunni con disabilità vanno aiutati nella loro esperienza scolastica, finalizzata alla scoperta dell’essenziale del sé, che cosa significa in concreto? Significa operare con competenza. I risultati ottenuti in questi anni ci dicono che la persona con disabilità, per incrementare al massimo le proprie potenzialità ha necessità di incontrare persone capaci di operare con conoscenza, abilità e professionalità. L’amore non basta, il mondo delle persone con bisogni speciali impone la competenza. Occorre molto di più. Per tanto tempo si è pensato che fossero sufficienti l’impegno personale dell’operatore, la sua buona volontà nell’assistere il soggetto con bisogni speciali, la sua delicatezza d’animo per sopportare un incontro che a molti, ancora oggi, pare insopportabile; tuttavia, le esperienze che in questi anni si sono effettuate e le riflessioni che da esse sono scaturite, indicano come preponderante l’esigenza che gli operatori operino non solo con carità, ma anche con professionalità, essenziale per soddisfare i bisogni particolari di queste persone. (continua al link). 🌐 Vai all'intervista integrale: https://lnkd.in/dgx5efgJ #cedisma #inclusione #disabilità #scuola #formazione #insegnanti #inclusioneimpresacollettiva #inclusionedituttieperciascuno #università
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Sensibilità alla Disabilità: Un ponte tra Scuola e Lavoro 🌟 La sensibilità alla disabilità non è solo una questione di conformità legale, ma una componente fondamentale dell'educazione inclusiva e degli ambienti lavorativi equi. È essenziale che scuole e aziende collaborino per creare un passaggio fluido per gli studenti con disabilità, trasformando le sfide in opportunità di crescita e successo. 📚 A scuola, questo significa adottare metodi di insegnamento inclusivi e supporti adeguati che preparino tutti gli studenti a contribuire con fiducia. 💼 Nel mondo del lavoro, significa creare ambienti in cui le diverse abilità sono viste come risorse preziose, dove ogni dipendente può esprimere il proprio potenziale senza ostacoli. La nostra missione è di garantire che ogni transizione sia supportata da una profonda comprensione e rispetto delle diverse abilità, promuovendo una società più giusta e inclusiva. #Inclusione #Diversità #Educazione #Lavoro #Disabilità
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