#7. Gödel, Escher, Bach, Hofstadter
Il pensiero di Douglas Hofstadter può aiutarci a tirare in qualche modo le fila di tutto ciò che abbiamo argomentato finora (in particolare qui). Esplorando la natura dell’intelligenza, della creatività e della conoscenza attraverso le lenti della matematica, dell’arte e della musica, in Gödel, Escher, Bach. Un’eterna ghirlanda brillante (1979!), Hofstadter rinviene, nel modus operandi e nelle opere dei tre geni assoluti, un elemento ricorsivo e autoreferenziale e la presenza di regole e strutture di fondo che emergono via via, che contribuiscono a rimodulare l’equilibrio tra i pesi/valori di un continuum che ha alle sue estremità la conoscenza di sé e l’ignoranza di sé, e che potrebbero essere introiettate e agite anche da una IA.
Sostiene Hofstadter: «Da questa situazione di equilibrio tra conoscenza di sé ed ignoranza di sé proviene la sensazione del libero arbitrio. Si pensi, ad esempio, a uno scrittore che sta cercando di esprimere certe idee che possiede sotto forma di immagini mentali. Egli non è del tutto sicuro di come queste immagini si armonizzino l'una con l'altra nella sua mente e sperimenta, esprimendo le cose prima in un modo, poi in un altro; infine si ferma su una particolare versione.
Ma egli sa da dove tutto ciò proviene? Solo vagamente. La maggior parte della sua fonte, come un iceberg, è immersa profondamente sott'acqua, non visibile, ed egli lo sa.
Oppure si pensi a un programma per comporre musica e chiediamoci in quali circostanze ci sentiremmo a nostro agio nel considerarlo il compositore anziché uno strumento di un compositore umano. Probabilmente ci sentiremmo a nostro agio se all'interno del programma esistesse una conoscenza di sé in termini di simboli e se il programma possedesse quel delicato equilibrio tra conoscenza di sé ed ignoranza di sé.
Che il sistema stia girando in modo deterministico non ha alcuna importanza; ciò che ce lo fa considerare autore di scelte è la possibilità di identificarci con una descrizione di alto livello del processo che ha luogo quando il programma gira. A basso livello (linguaggio macchina) il programma somiglia a qualsiasi altro programma; ad alto livello (descrizioni aggregate in blocchi), possono emergere qualità come volontà, intuizione, creatività e coscienza.
L'idea importante è che questo vortice del sé è responsabile della struttura aggrovigliata, della gödelianità dei processi mentali. Mi è stato detto a volte: "Questa storia dell'autoreferenza eccetera è molto divertente e godibile, ma pensi realmente che vi sia qualcosa di serio in essa?". Io credo veramente di sì. Penso che alla fine risulterà che essa è il cuore dell'IA e che costituisce il punto focale su cui dovranno concentrarsi tutti i tentativi di chiarire in che modo funziona la mente umana».
Paradossalmente, con Hofstadter, potremmo dire che più esercitiamo il libero arbitrio, più aumenta la nostra conoscenza, di noi stessi e del mondo, e più questa aumenta, più si riduce lo spazio del nostro libero arbitrio. E, in parallelo, più conosciamo, meno attribuiamo alla creatività ciò che scopriamo.
"Le macchine possono creare"? Parafrasando Turing, è il titolo della tesina con cui ho concluso recentemente il master in Filosofia del digitale e intelligenza artificiale dell'Università di Udine. Nell'introduzione c'è il senso della mia ricerca, che da copywriter, ma soprattutto da essere umano, mi tocca molto da vicino. La pubblico a episodi. È un modesto contributo su un grande tema, che spero susciterà qualche interesse.
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