BIENNALE D’ARTE // VENEZIA 2019
Delusione, Caduta, Redenzione in laguna

BIENNALE D’ARTE // VENEZIA 2019 Delusione, Caduta, Redenzione in laguna

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Questo testo ha lo scopo di parlare dell’esperienza vissuta alla 58° Biennale d’Arte di Venezia. Il mio personale viaggio dell’Eroe si svolge in tre atti: delusione, caduta, redenzione. L’intento dell'articolo è esprimere un parere personale che possa ispirare chi legge: perché la kermesse evoca determinati pensieri? Quali temi tocca? In quale modo si propone ai visitatori?

Premessa filosofica a mo’ di scusa

Penso sia doveroso dichiarare la mia posizione all’interno del variegato cursus honorum che avvicina lo spettatore all’arte contemporanea. Un percorso che inizia con il legittimo “Avrei potuto farlo anch’io” e nel quale il “Non mi interessa” costituisce un diritto inalienabile. Nel momento in cui scrivo avverto di trovarmi un passetto più avanti rispetto all’ “avrei potuto ecc.” (ripeto: sacrosanta condizione di partenza).

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La Biennale

La Biennale d’Arte di Venezia, o semplicemente “La Biennale”, è una famosissima esposizione internazionale d’arte contemporanea nelle sue forme più variegate: installazioni, dipinti, fotografie e numerose altre forme espressive.

Il palcoscenico è rappresentato dalla duplice sede espositiva (Giardini e Arsenale) e da Venezia stessa: le calli lagunari ospitano i “Padiglioni Nazionali” (sotto forma di atelier) e gli “Eventi Collaterali” (mostre temporanee come la retrospettiva sul greco Jannis Kounellis presso la Fondazione Prada e “Dysfunctional”, una potente mostra all’interno della Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro).

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Quali sono gli “interesting times” in cui “may you live”?

La Biennale 2019 si intitola “May you live in interesting times”. Ma cosa significa? A mio parere, il titolo è frutto della comunicazione rivolta a un target internazionale, tuttavia le mostre con titoli in inglese rischiano di provocare un effetto disfunzionale di cui, se volete approfondire, parlo in questo articolo dedicato alla mostra “Time is out of joint” allo GNAM.

La sfumatura di “May you live in interesting times” non è immediatamente comprensibile; in nostro aiuto accorre una brochure: l’ambivalente motto “Che tu possa vivere in tempi interessanti” può essere letto sia come augurio che come minaccia.

E le opere parlano proprio dei “tempi interessanti” d’oggigiorno:

// Riscaldamento globale

// Cambiamento + senso di spaesamento + ambivalenza

// Geopolitica

// Collasso + decollo

// Questione migratoria

// Ridefinizione dell’identità

// Arbitrarietà dei confini

I migliori esempi, a mio parere, sono il cancello semovente dell’artista indiana Shilpa Gupta (crediti video Artribune.com) che potete vedere qui sotto...

... e “Can’t help myself” della coppia artistica cinese Sun Yuan & Peng Yu: un’installazione che mostra una macchina industriale in gabbia che cerca ossessivamente di pulire il pavimento coperto da un liquido color sangue (crediti vieo: Guggenheim Museum) ...

Delusione

Armata di un biglietto Regular, che mi ha permesso di effettuare un solo ingresso in ciascuna sede espositiva nello stesso giorno o in giorni diversi, ho usufruito della riduzione Under26.

I Giardini sono stati il primo impatto con la Biennale. Lo ammetto: sono rimasta delusa. Personalmente, ho pensato che le opere lì esposte fossero banali e prive di contenuti. Non mi hanno suscitato alcuna reazione costruttiva, ma neanche irritazione, rabbia o senso di provocazione. Non ho pensato neanche “Avrei potuto ecc.” perché, semplicemente, ho provato una totale indifferenza, soprattutto di fronte a “Mondo cane” nel padiglione belga.

Tuttavia, l'opera ha ricevuto un riscontro positivo da altri visitatori. In particolare consiglio di dare un’occhiata a questo blog fresco e simpatico di una giovane esperta d’arte che menziona il padiglione belga nella “Top 3” della Biennale.

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Caduta

Eh sì: proprio ai Giardini sono stata protagonista di una… caduta (ma non era una performance!). Entro nel padiglione della Svizzera: la sala è totalmente buia; avanzo pian piano inconsapevole che, davanti a me, si parano tre gradini in discesa avvolti nell'oscurità. E tutto il resto è noia. Così, con un polso gonfio e un po’ di frustrazione, decido di prendermi un giorno di pausa dalla Biennale.

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Redenzione

Due giorni dopo visito l’Arsenale, nel quale personalmente penso si trovino le opere di maggior spessore: personaggi digitali che piangono (ha senso provocare la sofferenza di un bambino di pixel? Un’animazione digitale ammette il senso del tempo?), a sedie minacciose (il potere logora chi ce l’ha), fino a cartelloni pubblicitari caduti (la pubblicità propone immagini ritoccate e idilliache che ci fanno sentire frustrati dalla quotidianità).

Il maggiore coinvolgimento provato nella sede Arsenale, unitamente alla location storica, evocativa e sospesa, hanno ribaltato il senso di desolazione post-Giardini.

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Morale della favola

Penso che la Biennale d’Arte sia un’occasione per:

  • Percepire le tendenze della contemporaneità
  • Sintonizzarsi con artisti provenienti da tutto il mondo
  • Domandarci perché una cosa ci piace e una no
  • Rivedere i propri pregiudizi
  • Ricevere energia
  • Meravigliarci, ogni volta, che una città come Venezia possa veramente esistere…

… nonostante sia molto impegnativa.

Consigli “pratici” per la visita

A chi volesse visitare la Biennale consiglierei di dirigersi subito all’Arsenale, curiosare nei Padiglioni Nazionali e nelle mostre temporanee disseminate in tutta la città all’interno di Gallerie e palazzi storici. Consiglio di dedicare ai Giardini una minore attenzione.

Consigli “mentali” per la visita

Rinunciare all'idea di vedere tutto; prendersi una pausa fra una mostra e l’altra per “metabolizzare” quanto si è visto (tanta arte tutta insieme può farci sentire mentalmente affaticati); non leggere per forza le didascalie (o divertirsi a percepire se l’opera d’arte susciti emozioni diverse da quelle descritte); fidarsi delle proprie emozioni; avere uno sguardo aperto di fonte a una nuova forma espressiva e poi (solo poi) dire “non fa per me”; sentirsi liberi di dire “non mi piace”.

Articolo di: Alice Palombarani

Scritto e pubblicato il: 30.09.2019

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