EDUCARE ALLA PARITÀ DI GENERE

EDUCARE ALLA PARITÀ DI GENERE

Due studi recenti hanno rilevato che esiste ancora un forte gender gap riguardo le competenze STEM. Con progetti mirati si può lavorare per eliminarlo.

I risultati sono sconfortanti. Parliamo dell’indagine PIAAC sulle competenze di base delle persone tra i 16 e i 65 anni realizzata dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) che misura principalmente tre competenze:

  • la comprensione del testo, 
  • la capacità di fare calcoli anche semplici, 
  • quella di risolvere problemi in varie situazioni. 


Un problema italiano

L’indagine PIAAC ha una cadenza decennale e permette di registrare l’evoluzione di competenze fondamentali per lo sviluppo personale, ma anche per quello economico e sociale a livello globale. Per realizzarla sono stati coinvolti, tra il 2022 e il 2023, 160mila adulti dei 31 Paesi appartenenti all’OCSE. La valutazione sui risultati emerge dal confronto con le medie degli altri Paesi. 

L’esito, pubblicato a inizio dicembre, mostra una situazione molto negativa per gli adulti residenti in Italia, che hanno dimostrato abilità mediamente inferiori rispetto agli altri Paesi in tutti e tre gli ambiti rilevati: siamo sempre nelle ultime posizioni. 

In Italia, infatti, gli intervistati hanno ottenuto in media:

  • 245 punti in comprensione del testo (contro una media OCSE di 260), 
  • 244 in abilità di calcolo (media OCSE 263), 
  • 231 nella capacità di risolvere i problemi (contro 250 di media OCSE). 

È triste rilevare inoltre che, rispetto a dieci anni fa, non abbiamo fatto progressi.


Le donne adulte e la matematica

Se il dato è allarmante nel suo complesso, diventa drammatico se considerato da una prospettiva di genere. Gli uomini infatti hanno migliori risultati delle donne nella capacità di calcolo (ma non vi sono differenze nella comprensione del testo e nel ‘problem solving’). Nel nostro Paese, la differenza di genere nelle competenze matematiche aumenta quando le rilevazioni si limitano alle persone con diploma di scuola secondaria superiore. I risultati tra uomini e donne si allineano, invece, se si considerano le persone laureate in percorsi STEM, vale a dire in discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche.  Il problema  che le donne hanno con queste discipline non è dunque strutturale ma culturale, legato a stereotipi che affliggono ancora bambine, ragazze e adulte, e che compromettono non solo la parità di genere, ma anche la crescita complessiva delle competenze del nostro Paese.


Le bambine e la matematica

Queste considerazioni si rafforzano guardando i risultati di un’altra indagine internazionale, la IEA TIMSS 2023, promossa dalla IEA (International association for the evaluation of Educational Achievement) che valuta le competenze in matematica e scienze degli studenti del quarto e dell’ottavo anno di scolarità (rispettivamente quarta elementare e terza media in Italia). 

I dati confermano che in tutto il mondo esiste un problema di ‘gender gap’: in 40 su 58 Paesi analizzati, i bambini al quarto anno di scuola hanno ottenuto punteggi medi superiori rispetto alle bambine. In Italia il divario tra i primi e le seconde è addirittura di 22 punti. Anche per la terza media, l’Italia è tra i Paesi dove le differenze di genere nella scala di matematica sono a favore dei maschi (509 vs 492) con una differenza di 16 punti. In entrambi i casi, si tratta di una delle differenze di genere più elevate fra i Paesi partecipanti. 


Le ragioni del gender gap? Sono culturali

Gli studi delle neuroscienze dimostrano, però, che non vi sono differenze tra i sessi nelle abilità di ragionamento meccanico e matematico, nel pensiero astratto, nella memoria semantica e procedurale, nell’immaginazione, nella memoria spaziale, nell’abilità musicale, nel riconoscimento di oggetti, nell’analisi sensoriale

La differenza nei risultati sulle competenze matematiche dipende quindi dagli stereotipi sociali e culturali che danno forma a come ci percepiamo. Fin da piccoli, bambini e bambine ricevono un messaggio più o meno esplicito: la matematica è adatta ai maschi mentre le femmine sono più portate per le materie umanistiche. Questa diventerà una convinzione talmente radicata e inconsapevole che determinerà le scelte che ragazzi e ragazze faranno rispetto ai loro studi e avrà conseguenze anche sulla loro autostima e sulle loro performance.


Dall’università ai ruoli professionali

La debolezza delle competenze di bambine e ragazzine nell’ambito delle discipline STEM influisce quindi sulle scelte riguardo gli studi universitari. Dallo studio “Osservatorio STEM 2024 - Empowering the multiple transitions through STEM skills” realizzato da Fondazione Deloitte e dal Public Policy Program di Deloitte emerge che nonostante le donne siano la maggioranza nelle università, a Ingegneria sono solo il 27 per cento delle persone iscritte, e va addirittura peggio se si guarda all’ambito ICT: tra le studentesse STEM lo sceglie solo il 12,4 per cento. La mancata specializzazione delle donne nelle discipline STEM va a limitare la loro possibilità di realizzazione professionale futura visto che le competenze più ricercate dalle aziende europee oggi riguardano l’ambito dell’ingegneria, seguito da quello di scienza e tecnologia. Gli stereotipi culturali che associano scienza e tecnologia a ruoli "maschili" continuano dunque a ostacolare la preparazione delle bambine in ambito matematico e allontanano la parità di genere anche sul piano della realizzazione professionale. 


La parola chiave per cambiare: empowerment

Che fare quindi per invertire questo processo di discriminazione che inizia nella prima infanzia? La parola chiave è empowerment: il processo attraverso il quale prendiamo il controllo sulla nostra vita e riusciamo a imprimere per noi, in modo consapevole, una direzione e obiettivi ben definiti. Nel caso di bambine e ragazze, si tratta di agire, per esempio, con progetti educativi specifici, magari realizzati in collaborazione con imprese dove la parità di genere sul lavoro è una priorità ed è una conquista realizzata. L’obiettivo è rafforzare la loro autostima, le loro competenze, superando visioni stereotipate riguardanti il proprio ruolo nella società, nel mondo del lavoro e nei percorsi di crescita professionale. Solo così potranno acquisire una maggiore capacità di autodeterminazione e avranno gli strumenti per realizzarsi sia sul piano personale sia su quello lavorativo.

Quattro idee per invertire la rotta:

  • APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE

Il primo passo è interrogarsi su come insegniamo le discipline STEM: bisogna agire su più fronti, in modo multidisciplinare, creando una nuova alleanza fra scienze, discipline umanistiche, arti e tecnologia. D’altro canto si parla sempre più spesso di STEAM: a Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica si aggiunge la A di Arte, che significa incorporare il pensiero creativo e laterale in quello tecnico per scoprire modi ingegnosi di risolvere problemi secondo un approccio multidisciplinare e sinergico tra materie scientifiche e umanistiche.

  • OFFRIRE UNA RAPPRESENTAZIONE

Si può lavorare poi sul concetto di rappresentazione e di role modeling, portando a scuola esempi di donne che si sono affermate in ambiti tradizionalmente maschili: scienziate, ingegnere, astronaute, architette, imprenditrici.  Se vogliamo cioè che le bambine e le ragazze superino lo stereotipo che le vede portate per gli studi umanistici e non per le materie STEM, dobbiamo offrire una rappresentazione diversa delle donne per permettere loro di pensare anche se stesse in certi scenari o in certi ruoli. 

  • EDUCAZIONE ALLA PARITA’ DI GENERE 

Ci sono poi progetti come Domande scomode at school, che intervengono sulla parità di genere a tutto tondo: dall’educazione all’affettività sana e consapevole alla sensibilizzazione sugli stereotipi che affliggono femmine e maschi, fino a quella sul linguaggio inclusivo, perché le parole creano il pensiero e la visione del mondo. E allora, per esempio, possiamo incoraggiare l’uso delle declinazioni al femminile dei ruoli professionali, che ci suonano strane solo perché non sono ancora entrate nel linguaggio abituale; possiamo invitare a evitare il maschile sovraesteso, sostituito da formule linguistiche che comprendano sia il maschile sia il femminile. Imparare a usare le parole in modo adeguato vuol dire modificare i rapporti di potere.

E ancora, ci sono corsi di formazione gratuiti come quello offerto dal progetto Youth For Love che mirano a offrire al corpo docente consapevolezza e strumenti concreti per decostruire in classe gli stereotipi di genere: proposte e schede didattica, tracce metodologiche e materiali da utilizzare con studentesse e studenti.  

  • PERCORSI DI ORIENTAMENTO

È fondamentale infine il lavoro di orientamento; per esempio con progetti come WonderWhat, che aiuta ragazzi e ragazze a liberare potenziale, talenti e aspirazioni. Come? Con informazioni e news aggiornate, interviste video a professionisti e professioniste di diversi settori, con incontri e percorsi di PCTO che mirano a far sviluppare le competenze utili nel mondo del lavoro di oggi e del futuro. 


In conclusione

L’impegno deve mirare a far sì che anche le ragazze vedano nella scienza e nelle tecnologie percorsi ricchi di possibilità per un futuro migliore. Bisogna che il mondo reale, le sfide economiche, ambientali, politiche e sociali che ci aspettano entrino in classe e che anche le ragazze se ne sentano protagoniste e si percepiscano come agenti di cambiamento. Senza condizionamenti e libere da stereotipi.

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altri articoli di La Fabbrica

Altre pagine consultate