Essere IT nella Pubblica Amministrazione: perchè?

Essere IT nella Pubblica Amministrazione: perchè?

I paragrafi che seguono vogliono essere un provocazione ma anche un'amara presa d'atto. Dopo oltre vent'anni al servizio della Pubblica Amministrazione, prima come tecnico IT e passo dopo passo come responsabile dell'Innovazione Tecnologica, posso trarre un primo bilancio del ruolo schizofrenico che ricoprono gli Informatici negli Enti pubblici.

Essere un funzionario IT significa gestire in modo trasversale le mille competenze che la macchina pubblica gli affida. Quali esempi non esaustivi ricordo queste skills: amministrare le reti, essere motore propulsivo per l'innovazione tecnologica, gestire gli appalti di competenza, dare assistenza ai colleghi e agli stakeholders che con l'Ente di appartenenza interagiscono, attuare le direttive del Legislatore, dell'Agenzia per l'innovazione digitale, garantire l'accessibilità di informazioni e strumenti ai soggetti con disabilità, garantire la disponibilità dei dati, predisporre ogni azione necessaria a garantire la sicurezza dei sistemi, essere un programmatore, un amministratore di data base, e molte altre impellenze.

La Scienza dell'Informazione si è evoluta negli ultimi quarant'anni da una conoscenza trasversale verso una conoscenza verticale, specializzata. Il funzionario IT deve garantire la traversalità e, per quanto possibile, la specializzazione nei campi sopra elencati. Ovviamente questa aspettativa non può essere soddisfatta in assoluto.

Eppure il contratto di assunzione narra di una figura con alte competenze specifiche che necessita di formazione continua. Ma attenzione: mentre un corso di formazione sulll'ennesimo decreto legge che modifica la legge di bilancio o il codice degli appalti si concretizza in una giornata interlocutoria, accompagnata da una mole di slide, un corso a contenuto tecnologico richiede più giorni di lezione da tenersi in aule attrezzate con pc afferenti ad un data center, licenze ecc. Va da sé che il costo sia di un ordine di grandezza più grande rispetto al primo, e non tutti gli Enti sono disposti a “spendere” (già, non ad investire) tutto quel danaro. Ne segue che la formazione, l'aggiornamento, sono delegate alla libera iniziativa del nostro IT manager, senza contributi economici del datore del lavoro né del conseguente riconoscimento dello stesso utile alla valutazione e, in definitiva, all'assegnazione degli incentivi di produttività.

Il buon senso mi dice che ad una figura così caratterizzata, salvo conclamati casi di incompetenza, spetti un adeguato trattamento economico, basato sulla competenza e sugli obiettivi raggiunti. Ma stiamo parlando di Enti pubblici, in cui lo stipendio è basato su tabelle precostituite che consegnano al dipendente di pari livello la stessa retribuzione, senza distinzione del contributo che ognuno dà al pubblico servizio. La conseguenza? Molto semplice: lo stipendio di un funzionario IT dipendente di un Ente pubblico è pari a meno della metà di un tecnico IT che, nel privato, è specializzato in una delle molteplici attività che svolge il suo omologo pubblico.

Ci sarebbero altri aspetti di cui discorrere, ad esempio dei criteri di valutazione della performance ancorati a parametri burocratici assolutamente avulsi dalla concretezza tecnica, della dipendenza gerarchica da figure che non hanno la minima conoscenza in campo IT se non quelle che permettono loro di inviare una email o di redigere un atto con un software di videoscrittura, e altro.

Quindi, tornando al titolo che ho dato a questo mio intervento, perchè? Perchè non salutare colleghi e amministratori e rimettersi in gioco nel privato? Perchè non ricercare altrove il riconoscimento che non ci viene dato nel pubblico?

Non credo si tratti di servilismo, di masochismo. Sono più propenso a credere che per svolgere questo ruolo in un Ente pubblico, piccolo o grande che sia, si debba essere fortemente convinti che la propria mission sia lavorare per i cittadini, per le imprese, per le associazioni del territorio, con lo scopo di garantire servizi migliori e contemporanei in termini tecnologici, semplificando la vita di fronte al mostro burocratico della Pubblica Amministrazione. Nonostante non solo si debba rinunciare ad un adeguato trattamento economico e ad un riconoscimento in termini di carriera, ma anche al semplice, ma negato, “Grazie”.

Giuseppe Marmo

IT System Administrator

4 anni

Sig. Castiglioni mi permetta di dirle che ne penso: anche nel privato la formazione viene vista come spesa tale e quale, é tutto asservito allo scopo dell'azienda: se da servizi non tecnologici, se é produttiva, ecc. L'unica differenza é che il privato riconosce un bisogno (di solito) quando questo serve al business, nel pubblico probabilmente no. Probabilmente fare parte di una onlus tecnologica o dello staff di un'ente di ricerca sarebbe più stimolante. Ottima riflessione comunque.

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