L’influencer marketing non è morto, cambia e cambierà. Ecco come

L’influencer marketing non è morto, cambia e cambierà. Ecco come

Vi ho promesso spunti per l’anno nuovo, ma prima, doveroso, partiamo da cosa è successo e se questo ha segnato o meno creator e influencer, ma ancor di più le attività di influencer marketing.

Abbiamo vissuto l’anno del Pandoro Gate, l’arrivo del Tavolo Tecnico AGCOM e quello del codice ATECO per creator e influencer. Non poco. Tanti hanno visto in tutto questo la solita “morte”. Sì, quella dell’influencer marketing (per un anno non è quella della SEO).

La crisi, lato Pandoro Gate, è infatti stata più mediatica che generata dagli utenti: il buzz è stato infatti fortissimo, ma momentaneo e per lo più spinto da realtà editoriali.


Tolto il picco iniziale (Dicembre-Gennaio), i numeri sono ridotti e per lo più in linea con il pre-crisi.

Ma non solo. Chiara ha perso da inizio crisi circa 770mila follower, appena il 3,45%, vedendo pressoché invariate le interazioni generate.


A cambiare, nettamente, le sue attività #ad, praticamente morte. Se prima della crisi nei top 10 post #ad di ogni mese c’erano, sempre, almeno 2/3 suoi contenuti oggi queste collabs non è che non performano più. Non esistono.

Una fatto più legato a Chiara però e che ha toccato il settore meno, molto meno, di quello che tanti pensano. E non vi chiedo di credere a me o alle mie sensazioni, ma ai numeri.

Paragonando le attivazioni #ad su Instagram dei primi sei mesi del 2023 a quelle del 2024 vediamo un aumento: si passa infatti da 112.9mila contenuti a 120.1mila (+6,3%). Ma ad aumentare non solo solo le attivazioni, ma anche le interazioni a conferma che nulla (o poco) è cambiato non solo per i brand, lato fiducia, ma soprattutto negli utenti: da 60.4 a 68.8 milioni (+13,9%).


Tutto uguale quindi? Non proprio. Il Pandoro Gate e tutto quello seguito ha toccato comunque delle corde. Una su tutte la crescente rilevanza dei creator rispetto agli influencer tradizionali, ovvero la valenza del contenuto VS visibilità. Analizzando le conversazioni sul topic influencer durante la crisi ci accorgiamo come INFLUENCER sia un termine dal sentiment fortemente negativo, mentre invece CREATOR sia uno di quelli con la miglior percezione. Non un caso.


Ma svelato l’arcano della buona salute dell’influencer marketing quali sono i punti chiave che, secondo me, saranno decisivi nelle campagne 2025? Ecco alcune riflessioni

Da One Shot a Strategico - AKA collabs più lunghe e strutturate

Si palesa da anni della necessità di rendere più strategico l’utilizzo di creator e influencer. Certo, di strada dalle prime attivazioni esotiche e scollegate ne abbiamo fatta tanta, ma si può e si deve migliorare ancora. Perché questo è importante:

  • Creator e influencer sempre più integrati nelle attività di brand: non c’è declinazione (persino l’advertising) che oggi non veda la presenza, seppur piccola, di queste figure.
  • Scenario affollato lato collaborazioni = necessità di maggiore trust: lo abbiamo visto. Il numero di attivazioni è enorme e questo porta a dover operare in modo più rilevante e integrato a livello di marketing
  • Il “peso” dei talent segna e totalizza il rapporto: ne parlavo in una vecchia newsletter. La “forza” dei talent segna la collaborazione, spesso in modo netto. L’unica salvaguardia possibile per bilanciare il rapporto e farne un driver è creare una strategia forte (e sensata)
  • Utenti fin troppo abituati alle collabs = andare più “deep”: non basta più il set di Stories. Gli utenti vedono troppe collabs e questo ci costringe ad essere più profondi sia in termini di contenuto che di collaborazione

Collaborazioni più lunghe aiutano in tal senso, perché necessitano di una messa a terra più curata e un pensiero alla base più profondo. Ma non basta “allungarle”, il come fa la differenza.

Una possibile risposta sta nelle potenzialità del format, capace di dare senso con la sua narrazione alla collabs, generando trust, affinità e connessione con gli utenti. Non solo. Grazie al format possiamo sfruttare plus come:

  • Riconoscibilità e familiarità per generare fiducia e rapporto
  • Approccio transmediale, così da portare sì avanti la narrazione di brand, ma in modo funzionale ai canali social
  • Algorithm oriented, sì perché molto format sfruttano le dinamiche dei trend possono per questo essere premiati dalla piattaforma
  • Creare una reale brand integration grazie ad uno spazio, fisico e narrativo, più ampio in cui calare in modo sensato e naturale il brand/prodotto

Creator = firestarter di visibilità - AKA scegliere in modo aumentato

Il crescente peso/ruolo di creator e influencer è sì una grande opportunità per i brand, ma anche qualcosa che va gestito in modo molto accurato perché non solo porti risultati, ma soprattutto non sia generatore di criticità.

Troviamo i creator non solo in progetti earned, ma anche in branded content, eventi, persino negli spot televisivi. Questo costringe ad un approccio di selezione/valutazione molto più profondo, ma soprattutto “allargato”, capace cioè di tenere in considerazioni KPI molto variegati, ponendoli nella giusta connessione tra loro. La metodologia R.E.L.E.V.A.N.C.E. che abbiamo sviluppatio in 40Degrees è sicuramente un buon esempio:

  • Reputation: la reputation del talent
  • Engagement: la capacità di spingere gli utenti ad interagire (dimensione quantitativa, ma soprattutto qualitativa)
  • Loyalty: il rapporto tra talent e la sua audience
  • Effectiveness: La qualità dei contenuti prodotti
  • Verified Audience: le caratteristiche di fanbase e alpha audience
  • Affinity: l’affinità di TOV, interessi, mood tra brand - creator - audience
  • Notoriety: la riconoscibilità, anche extra social, del talent
  • Collaborations: le passate collaborazione e le prestazioni quando realizza un contenuto #ad
  • Expertise: il know-how di settore del creator/talent

Transmedialità, anche con creator e influencer - AKA progetti iperconnessi

Un corollario al punto precedente. Questa presenza allargata dei creator offre opportunità uniche ai brand, permettendo di creare progettualità che uniscano con un filo conduttore importante canali diversi, ottimizzando i costi e creando linee narrative univoche e sinergiche , quindi, più funzionali.

Con il giusto format e (creator) possiamo creare campagne che vivano sul digitale sì, ma magari abbiamo momenti di messa terra nella vita reale. Oppure che trovino spazio in branded content su tv o Radio. L’importante è non dimenticarsi la sinergia con il creator per non ridurlo a semplice volto e, soprattutto, che transmediale non significa lavorare in add-on, aggiungendo, ma in intersezione.

L’utilità è la miglior forma di influenza - AKA capire i needs e puntare su verticalità e competenza

Passano gli anni, cambiano piattaforme e contenuti, ma essere utili resta un driver fortissimo di influenza. Non a caso per gli utenti italiani secondo GlobalWebIndex la motivazione principale per utilizzare i social è cercare informazioni.

Questo va a impattare molto anche sulle progettualità con i creator: da un lato diventa sempre più importante coinvolgere creator competenti e con forti verticalità, dall’altro lavorare in modo da avere sempre chiare le necessità della nostra audience.

Il punto di contatto tra questi due punti ci permette di creare un contenuto che funziona, perché mettiamo a terra il know-how del creator e lo instradiamo perché possa rispondere alle esigenze degli utenti. Se poi questa risposta vede, contestualizzato con credibilità e trust, il brand/prodotto avremo fatto bingo.

Non sottovalutiamo, poi, l’enorme impatto della SEO lato social, TikTok in primis. La gente fa ricerche sui social, tante e pertinenti. Sta a noi capirle e inserirci in modo funzionale in questo flusso.

C’era una volta l’organico - AKA media, media, media… e un pizzico di trend

Ormai è palese e va accettato: l’organico non esiste più. Esiste la sinergia tra contenuto e strategia media… anche per l’influencer marketing. Troppo costose oggi le attivazioni per non farle rendere e per farlo serve il push media.

Questo non significa che non lavorare bene sul contenuto, anzi. Il media spinge e diventa volano quando c’è valore.

Il confronto del rapporto follower/views di TikTok nel 2023 e 204 fatto da RivalIQ è eloquente in questo senso.

Ma cosa cambia quindi in uno scenario in cui il media è always on?

  • Serve un expertise verticale lato ads anche nei team content e influencer marketing
  • Il media plan è parte integrante del progetto e nasce a monte insieme alla strategia
  • Dobbiamo essere bravi a sfruttare le opportunità date da features creator oriented come ad esempio TikTok Spark
  • Dobbiamo lavorare bene in ottica di audience intelligence per migliorare il targeting delle ads
  • La totale affinità creator/brand non è più obbligatoria. Nel senso che se un creator ha il giusto ToV e la competenza per la nostra campagna (magari su una specifica verticalità), ma un’audience non al 100% aderente alle buyer personas del brand, grazie alle ads torna in gioco. Possiamo infatti “rimediare” a questo inconveniente grazie alla targettizzazione del paid

Altro elemento da tenere in considerazione in questo calo dell’organico è l’utilizzo dei trend. Come sempre dobbiamo essere strategici nella scelta e utilizzo. C’è da capire quali siano idonei al nostro brand e come riuscire a personalizzarli con un tocco, importante, di brand integration

Competitività alta = scarsa attenzione - AKA data-driven creativity

La creatività è sempre più un tratto distintivo, ancor di più oggi che assistiamo ad un ritorno alla centralità del contenuto e viviamo in uno scenario che dire affollato è limitante.

In tutto questo oceano di post e video dobbiamo offrire rilevanza e per farlo serve tanta capacità creativa, quella affine e orientata ai canali social, ma ancor di più la giusta direzione da dare a questa creatività perché non sia fine a sé stessa.

Per il primo punto la riposta è una soltanto: i creator. Figure che hanno le chiavi comunicative delle diverse piattaforme e riescono spesso ad esser rilevanti.

Per il secondo, invece, serve capacità di comprendere: percezione degli utenti, driver conversazionali, behaviour degli utenti.

È nella sinergia tra creator e insight che possiamo trovare le performance che ci servono.

Crescono i costi e le responsabilità - AKA misurare l’impatto. Per davvero

I budget necessari a realizzare una buona campagna di IM crescono molto rapidamente trimestre dopo trimestre. Questo comporta una maggiore spesa da parte dei brand e, conseguentemente, più responsabilità per chi fa campagne.

Oltre che la maggior strategicità di cui parlavamo all’inizio, questo porta un focus molto forte sulla necessità di misurare in modo corretto e profondo le campagne. Non basta più accontentarsi di numeri superficiali, serve un’integrazione di valutazioni qualitative e di impatto sul brand.

Al di là dello sviluppo di sistemi ad hoc che integrino e mettano in relazione performance delle campagne e numeri (concreti) lato brand (es. vendite), già oggi è possibile andare maggiormente in profondità.

  • Valutazione sentiment e intention to buy dei commenti: una critica o un emoji sono diversi da un commento relativo al soggetto del post. Così come di un altro in cui emerge interesse per il prodotto. Non tutte le interazioni sono uguali (bye bye engagement rate)
  • Reach reale e caratteristiche/behaviour del pubblico raggiunto: il quanto è importante solo se affine al mio target
  • Analisi del pubblico che ha interagito con i contenuti di campagna: come sopra. Posso avere raccolto moltissime interazioni, ma se sono realizzate da un pubblico non in linea avranno ovviamente un valore minore per il brand
  • Analisi dei behavior del pubblico coinvolto e che ha visitato landing page o ecommerce grazie al push della campagna di IM: non basta spesso sapere il traffico portato dal creator. Molte volte è al qualità dello stesso a permetterci valutazioni più rilevanti
  • Analisi delle conversazioni online: utili a capire l’impatto, al di là dei numeri di campagna, l’impatto del progetto sulla percezione più ampia del brand

Senza dimenticarci che anche sulle metriche più superficiali, 1 non è sempre 1. Prendiamo ad esempio le views: ogni piattaforma ha un calcolo diverso e, quindi, spesso paragonarle o (peggio) sommarle diventa un gioco stupido oltre che inutile.

Giusto per recap:

  • Instagram: 3 secondi
  • Facebook: 3 secondi
  • Pinterest: 3 secondi
  • LinkedIn: 2 secondi
  • TikTok: immediata

Lo status quo cambia - AKA forse è il momento di riscoprire YouTube

Mai in hype davvero, ama come il Tamarro è sempre in voga perché non è di moda mai. La rilevanza di YouTube è in fortissima crescita, soprattutto sul pubblico più giovane. Questo perché offre il giusto spazio per affrontare ogni tema, perché mette al centro l’intrattenimento, ma anche l’informazione e lo fa in modo molto più easy.

E poi se TikTok si boomerizza i ragazzi cercano altre vie… e noi lì dobbiamo andare/esserci.

Più che UGC è tempo di EGC - AKA employee advocacy

In uno scenario dove competenza, credibilità e spontaneità sono decisivi il coinvolgimento dei dipendenti nella comunicazione social è una via preferenziale. Loto hanno infatti tutte queste caratteristiche: conoscono bene il settore, il lavoro e l’azienda, hanno forte trust vista la loro mansione, sono “naturalmente” quelli.

Per molti settori, B2B su tutti, l’employee advocacy è una delle poche strade percorribili parlando di content creation. Basta però progettare tutto in modo adeguato: non solo perché funzioni, ma soprattutto per non creare attriti/problemi con le risorse.

Molti brand hanno iniziato a fare progetti del genere scoprendo che i migliori creator ce li avevano già in casa…

Massimiliano Dona

Avvocato, presidente Consumatori.it 🛒 Porto la voce dei consumatori all'interno di eventi e conferenze. Divulgatore, content creator da 1 milione di follower (Instagram e Tiktok), podcaster con Will-Chora, 2x Tedx

3mo

Parlare con i dati 📊 📈 offre molteplici punti lettura, grazie Matteo Pogliani per averli condivisi! 🙏🏼

Andrea Della Bella

Amministratore delegato presso ComUnica srl

3mo

Complimenti Matteo e grazie per aver condiviso un'altra delle tue analisi, completa e con molte suggestioni.

Michela Spagnuolo

PR & Influencer Marketing Lead @ Connexia || Aiuto i brand a raccontare la loro storia || Approccio "3C": Connettere, Coinvolgere, Convertire

3mo

Un'analisi lucida e completa, utilissima nei mesi a venire. Grazie Matteo!

Arianna Chieli

Consulente di content & influencer marketing. Digital Creator in abiti preloved. Ballerina-scarsa-di salsa

3mo

Bravo Matteo 🥰 , come sempre

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