Professioni e competenze che potrebbero definire il lavoro nei prossimi anni Secondo il report "Future of Jobs 2023" del World Economic Forum, il mercato del lavoro sta vivendo una fase di trasformazione profonda, alimentata dai progressi tecnologici, dalla transizione verso la sostenibilità e da mutate esigenze economiche. Tra il 2023 e il 2033, nuove figure professionali e competenze specialistiche prenderanno forma, mentre diversi ruoli tradizionali vedranno una riduzione della domanda. Tecnologie come intelligenza artificiale, big data e cybersecurity stanno modellando i settori digitali, generando una domanda crescente per figure specializzate. L’adozione di automazione e algoritmi ha spostato il confine tra attività umane e attività svolte da macchine, con previsioni di automazione che riguardano il 44% dei compiti aziendali entro il 2027. I ruoli legati all’analisi dei dati, alla programmazione e alla gestione della cybersecurity sono indicati tra i più in crescita, segno di un mercato sempre più orientato alla digitalizzazione e alla protezione delle informazioni. Parallelamente, l'automazione sta riducendo la domanda di mansioni tradizionali, in particolare ruoli amministrativi e operativi. Le figure professionali legate a compiti ripetitivi e standardizzati, come operatori di data entry, impiegati amministrativi e contabili, sono tra quelle più esposte al calo. Questo ridimensionamento è attribuibile alla crescente capacità delle tecnologie di gestire in modo autonomo attività di routine, riducendo così la necessità di supporto umano in specifici processi operativi. La spinta verso un’economia sostenibile sta creando nuove professioni legate alla gestione ambientale e all’energia rinnovabile. I ruoli in ambito ambientale, come ingegneri delle energie rinnovabili e specialisti ESG, stanno registrando una crescita significativa, riflettendo l’attenzione verso la sostenibilità da parte dei settori pubblico e privato. L'impegno verso obiettivi climatici ha aperto la strada a investimenti che influenzano positivamente l’occupazione in questi ambiti. La trasformazione in atto non riguarda solo i ruoli ma anche le competenze richieste. Il pensiero analitico e creativo, la flessibilità e l’alfabetizzazione tecnologica emergono come competenze sempre più fondamentali. Inoltre, il report rileva che circa il 50% della forza lavoro necessita di aggiornamenti professionali nei prossimi anni per mantenere la competitività in un mercato in rapida evoluzione. Il quadro delineato per il futuro del lavoro presenta un mercato in continua evoluzione, in cui le competenze richieste e la composizione della forza lavoro si stanno trasformando in risposta alle nuove tendenze globali. #economia #lavoro #nuovecompetenze #futureofjobs #linkedin #torcha
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- Milano
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- Società privata non quotata
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- 2020
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- editoria, social media, informazione, news media e news
Località
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Milano, IT
Dipendenti presso Torcha
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Quanti stipendi servono per comprare un'auto oggi? L'auto è stata il simbolo del boom economico italiano, la sua diffusione è stata il segno tangibile di quanto il benessere fosse accessibile per una larga fetta di cittadini. Confrontare oggi il numero di stipendi necessari per acquistare un'auto rispetto agli anni ‘60, prendo come metro di misura lo stipendio di un insegnante, permette di vedere concretamente il calo del potere d'acquisto del cittadino medio Anche se gli stipendi lordi sono aumentati negli ultimi 64 anni, è cresciuto contestualmente anche il peso delle imposte e il costo dei beni di consumo, incluse le auto. Basti pensare che per compare una Fiat 600, una delle utilitarie più in voga nel 1960, erano sufficienti 10 mensilità, mentre oggi servono due stipendi in più per acquistare il suo corrispettivo, la Fiat 500 Il fatto è che negli anni ‘60 le tasse sul reddito erano più contenute: incidevano per il 15-20% sul reddito, circa, e con uno stipendio lordo annuo di 860-960mila lire, un insegnante guadagnava intorno alle 60-65mila lire mensili nette. Oggi, invece, il sistema fiscale incide molto di più: l’IRPEF (introdotta nel 1973) pesa dal 23 al 43% e i contributi previdenziali e assistenziali riducono ulteriormente lo stipendio netto. Con un lordo annuo di 28-35mila euro, infatti, si ottiene un netto mensile di circa 1500-1700 euro Inoltre, il mercato automobilistico è cambiato, soprattutto negli ultimi 10 anni: mentre negli anni ‘60-‘90 abbondavano le utilitarie, oggi, quelle che vengono chiamate citycar trovano poco spazio. Dal 2012, i modelli di utilitarie disponibili sono passati da circa 26 a 10. In sostanza, se negli anni ’60 per comprare un’auto era necessario meno di un anno di stipendio, oggi, con uno stipendio annuale medio, è impossibile comprare un’auto nuova #economia #lavoro #auto #stipendio #linkedin #torcha
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C'è sempre più lavoro, ma chi lavora è sempre più povero Oggi, in Italia, chi ha un lavoro non necessariamente sfugge alla povertà. L’Istat ha diffuso i dati più recenti sulla povertà, dai quali emerge una situazione in peggioramento in tutto il Paese, soprattutto rispetto ad alcuni indicatori. Nel 2023 in Italia le persone in povertà assoluta erano quasi 6 milioni e le famiglie oltre 2 milioni. L’Istat calcola il valore di povertà assoluta sulla base della spesa mensile in beni e servizi, che è un indice di uno standard di vita accettabile, variabile in base alla zona d’Italia e alla composizione del nucleo familiare. Analizzando i dati sull’incidenza della povertà, un dato colpisce in particolar modo: quello della crescita della povertà tra gli occupati negli ultimi 10 anni. Nonostante il tasso di occupazione sia al momento del 62,3%, in costante crescita da anni, l’incidenza della povertà fra coloro che un lavoro ce l’hanno è cresciuta di quasi 3 punti percentuali, passando dal 4,9% del 2014 al 7,6% del 2023. Se quindi di lavoro ce ne è sempre di più, come si spiega tutto ciò? La questione è complessa e le cause più di una. C’è da considerare, innanzitutto, che l’Italia è l’unico dei Paesi OCSE in cui i salari tra il 1990 e il 2020 sono diminuiti, avendo invece registrato una crescita in tutti gli altri Paesi. Negli ultimi 6 anni, poi, l’inflazione, cioè l’aumento generalizzato dei prezzi di beni e servizi, ha determinato la perdita di potere d’acquisto. #attualità #povertà #lavoro #stipendi #linkedin #torcha
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L'80% dei professionisti non sa gestire il tempo Il time management, o gestione del tempo, è diventato una delle soft skills più richieste nel mondo del lavoro, eppure una recente indagine di LinkedIn rivela che l'82% dei professionisti fatica a gestire il proprio tempo in maniera efficace. Questo si traduce in ritardi nel completamento dei progetti, aumento dello stress, e un impatto diretto sulla produttività. Ma perché così tanti professionisti faticano a organizzare il loro tempo? La risposta non è banale. Non si tratta solo di sapere usare un’agenda o scaricare l’ennesima app di gestione attività, ma di comprendere le cause profonde che rendono il time management una sfida continua. Spesso queste difficoltà derivano da aspetti personali, come la motivazione, l’abitudine di sovraccaricarsi di impegni, o una percezione distorta di quanto tempo richiedono effettivamente le attività. La gestione del tempo non riguarda solo tecniche, ma la consapevolezza di come affrontiamo il lavoro quotidiano e le priorità. Per questo motivo è diventata una delle soft skills più richieste sul mercato, essenziale per chi vuole eccellere nel proprio ruolo e mantenere un equilibrio sostenibile tra lavoro e vita privata. 1️⃣ Mancanza di motivazione: Quando un compito non ci appassiona, è facile procrastinare. La chiave sta nel trovare motivazioni interne, che ci spingano ad agire senza aspettare la pressione delle scadenze. 2️⃣ Sovraccarico di impegni: Accettare troppi incarichi porta inevitabilmente al burnout. Saper dire di no e delegare quando possibile è fondamentale per mantenere un equilibrio. 3️⃣ Percezione errata del tempo: Spesso sottovalutiamo quanto tempo richieda davvero un’attività. Imparare a pianificare con realismo ci permette di evitare stress e ritardi. 4️⃣ Pianificazione scadente: Senza una chiara strategia di pianificazione, gestire il tempo diventa impossibile. Ogni professionista deve trovare il metodo più adatto alle proprie esigenze, che sia un’agenda cartacea o un’app digitale. Il time management non è solo una questione di trucchi e strumenti, ma richiede un cambiamento di mentalità. Comprendere le cause delle nostre difficoltà è il primo passo per riprendere il controllo del nostro tempo. E tu, quali strategie hai trovato efficaci nella gestione del tempo? #attualità #gestionedeltempo #timemanagement #lavoro #consigli #torcha
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5 segnali di sottovalutazione al lavoro e come affrontarli Sentirsi sottovalutati sul posto di lavoro può essere frustrante e demotivante. Abbiamo individuato cinque segnali che potrebbero indicare che non stai ricevendo il riconoscimento che meriti, insieme a qualche consiglio su come affrontare ciascuna situazione. Sei escluso dalle decisioni Se ti accorgi che le tue opinioni non vengono mai prese in considerazione durante le riunioni o che non sei coinvolto nelle discussioni strategiche, è un chiaro segno di sottovalutazione. Cosa fare: Chiedi attivamente di partecipare a progetti decisionali e proponi di presentare le tue idee. Fai sentire la tua voce. Ti vengono assegnati compiti di routine e nessun progetto impattante Se il tuo lavoro si limita a compiti ripetitivi e non ti viene mai data l'opportunità di lavorare su progetti significativi, potrebbe essere un segno che non sei considerato un elemento chiave. Cosa fare: Esprimi il tuo desiderio di lavorare su progetti più impegnativi e chiedi feedback sui tuoi obiettivi di carriera. Dimostra di essere pronto a fare di più. Il tuo ruolo si espande senza ricompensa Se ti trovi ad assumerti ulteriori responsabilità senza alcun aumento di stipendio o riconoscimento, questo può portare a sentirti sfruttato. Cosa fare: Discuti con il tuo supervisore della tua crescita professionale e chiedi chiaramente quale sia il percorso per un avanzamento o un adeguamento salariale. Nessun riconoscimento Se i tuoi successi vengono ignorati e non ricevi mai un riconoscimento per il lavoro svolto, è un segnale che il tuo valore non è apprezzato. Cosa fare: Non aver paura di sottolineare i tuoi risultati durante le riunioni o nei rapporti di performance. Mostrare dati e risultati concreti può aiutare a farti notare. Compenso inadeguato Se senti che il tuo stipendio non riflette il tuo lavoro e le tue competenze, potrebbe essere un chiaro segnale di sottovalutazione. Cosa fare: Fai ricerche sui salari nel tuo settore e prepara un caso solido per discutere un aumento. Presenta il tuo valore in modo oggettivo e chiedi un incontro per discutere del tuo compenso. E tu? Ti sei mai trovato in una situazione simile? Quali passi hai intrapreso per affrontarla? #riflessione #sottovalutazione #compensoinadeguato #consigli #linkedin #torcha
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L'aumento dei costi sta spingendo i brand verso le celebrità Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un cambio di rotta significativo nel mondo dell’influencer marketing. Da un trend che privilegiava micro e nano influencer per la loro autenticità e per la capacità di raggiungere pubblici di nicchia, stiamo ora assistendo a un ritorno ai grandi nomi: celebrità e influencer con milioni di seguaci stanno riemergendo come protagonisti delle campagne pubblicitarie. Secondo un recente studio di Linqia, tra il 2023 e il 2024, la percentuale di marketer intenzionati a collaborare con celebrity è aumentata dal 30% al 40%, mentre l’interesse verso i micro influencer, definiti come coloro con meno di 500.000 seguaci, è diminuito dal 74% al 62%. Questa tendenza si riflette anche nella diminuzione delle opportunità per i nano influencer, che hanno visto il loro impiego calare dal 37% al 28%. Ma cosa sta alla base di questo fenomeno? Uno dei motivi principali di questo cambiamento è l’aumento dei costi associati alla collaborazione con micro influencer. Le tariffe per i post sponsorizzati sono cresciute fino al 20% nel corso dell’ultimo anno, rendendo più difficile per i marketer vedere un ritorno sull’investimento. Inoltre, l’enorme quantità di contenuti presenti su piattaforme come TikTok e Instagram ha reso sempre più complesso catturare l'attenzione del pubblico, anche per i creator più autentici. In questo contesto, i brand si stanno orientando verso un approccio che prevede “meno collaborazioni, ma più significative”. Concentrarsi su influencer con un pubblico già ampio consente di raggiungere obiettivi di engagement con meno sforzi. I risultati recenti delle campagne con celebrità, come quelle di Michael Cera per CeraVe o le partnership tra brand di lusso e star del K-pop, dimostrano che queste scelte strategiche possono risultare molto fruttuose. Nonostante le sfide, non si può dire che l'era dei micro influencer sia finita. I dati di eMarketer suggeriscono che il mercato dei contenuti sponsorizzati negli Stati Uniti potrebbe raggiungere gli 8 miliardi di dollari quest'anno, indicando che ci sono ancora opportunità per i creator con pubblici più piccoli. Soluzioni come user-generated content e collaborazioni basate sulle performance possono ancora offrire spazi di crescita per i micro influencer, abbassando le barriere all’ingresso e permettendo una maggiore flessibilità. In definitiva, mentre il mercato dell’influencer marketing continua a evolversi, sarà fondamentale per i micro influencer adattarsi a queste nuove dinamiche e trovare modi innovativi per mantenere la loro rilevanza. La chiave potrebbe risiedere nel combinare l'autenticità con strategie creative che rispondano alle esigenze in continua evoluzione dei brand. #economia #microinfluencer #influencermarketing #brand #LinkedIn #torcha
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Buoni pasto e licenziamenti in Meta - una questione di regole o di valori? Negli ultimi giorni, Meta ha destato scalpore per una serie di licenziamenti avvenuti nella sede di Los Angeles. Il motivo? L’uso improprio dei buoni pasto da parte di 24 dipendenti, che li hanno utilizzati per acquistare prodotti per l’igiene personale e articoli per la casa come dentifricio e sapone, anziché per il cibo, come previsto dalle regole aziendali. L’indagine interna è partita da segnalazioni anonime su Blind, una piattaforma di messaggistica utilizzata dai dipendenti per discutere questioni lavorative in forma anonima. Un dipendente ha scritto di aver usato i buoni per acquistare articoli non alimentari nei giorni in cui non mangiava in ufficio, motivando la scelta con il desiderio di non sprecare i fondi assegnati. L’azienda ha avviato un’inchiesta che ha portato prima a richiami per chi aveva infranto le regole solo in modo sporadico, e poi a 24 licenziamenti per chi aveva abusato dei buoni in modo più sistematico. Meta, che nei suoi uffici più grandi offre pasti gratuiti ai dipendenti tramite mense aziendali, utilizza i buoni pasto nelle sedi minori, come quella di Los Angeles, dove i dipendenti ricevono un credito giornaliero per colazione ($20), pranzo ($25) e cena ($25) da utilizzare su app di delivery come UberEats e Grubhub. Tuttavia, l'uso dei buoni è strettamente regolamentato: possono essere usati solo nei giorni lavorativi e per l’acquisto di cibo. Questa vicenda si inserisce in un contesto più ampio di riduzione dei costi da parte di Meta. Nel corso del 2023 e 2024, l’azienda ha già licenziato migliaia di dipendenti a livello globale, con un piano di ottimizzazione delle risorse che ha colpito in particolare realtà come WhatsApp, Instagram e Reality Labs. C'è quindi chi sospetta che i licenziamenti legati ai buoni pasto possano essere una scusa per ulteriori tagli, mascherati dietro violazioni delle policy aziendali. Rimane aperto il dibattito su quanto sia stata giustificata la decisione di Meta. Da un lato, le regole aziendali sono chiare e il loro rispetto è fondamentale per mantenere l’equità all’interno dell’organizzazione. Dall’altro, c'è chi ritiene che la vicenda dei buoni pasto sia stata strumentalizzata per giustificare ulteriori licenziamenti, in un contesto di generale riduzione dei costi. Considerando che Meta è una delle aziende più ricche al mondo, con un valore di mercato di oltre 1.2 trilioni di dollari, i licenziamenti per una violazione tutto sommato minore potrebbero sembrare a molti sproporzionati. Cosa ne pensi? Quali sono le implicazioni per il futuro dei benefit nelle aziende tech? 💬 #attualità #meta #buonipasto #bigtech #LinkedIn #torcha
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I 10 paesi più attrativi per lavorare all'estero Nel 2023 un professionista su quattro ha cercato attivamente lavoro in altri Paesi e quelli più predisposti ci sono coloro che si occupano del settore legale, del design, dell’architettura e in generale le professioni creative. Lo dice report internazionale “Decoding Global Talent 2024” realizzato da BCG (Boston Consulting Group) per indagare la mobilità dei talenti e la capacità di attrarne dei principali Paesi al mondo. La ricerca ha raccolto le risposte di 150mila lavoratori di 180 Paesi, equamente distribuiti tra uomini e donne, con diversi livelli di istruzione, background lavorativo e stati occupazionali, nonché situazione abitativa. Globalmente, il totale di coloro che sono orientati a trasferirsi all’estero si attesta al 63%, leggermente meno del 66% del 2020 e del 78% del 2018. Tra le mete più ambite, l’Australia si aggiudica il primo posto, un primato che nel 2014 e nel 2018 era stato degli USA e, nel 2020, del Canada. Successivamente troviamo diversi Paesi europei (es. Germania e Svizzera) e alcune destinazioni asiatiche come Giappone e Singapore. Ma cosa rende certi Paesi più attrattivi? Il progresso professionale, ragione specificata dal 68% dei rispondenti che hanno indicato l’Australia e dal 77% di coloro che hanno indicato gli USA. Seguono fattori quali la qualità della vita, il reddito e il costo della vita, la sicurezza e la stabilità, la cultura accogliente e inclusiva, ma anche l’ambiente family-friendly, l’assistenza sanitaria, l’innovazione e la digitalizzazione, così come la facilità di accesso a processi per visti e permessi di lavoro. #attualità #lavoro #expat #Australia #LinkedIn #torcha
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Perché dovresti sempre inviare un’email di ringraziamento dopo un colloquio di lavoro Hai appena concluso un colloquio per una posizione che ti interessa davvero. E ora? La maggior parte dei candidati pensa che il processo sia finito, ma in realtà c’è un ultimo passaggio cruciale: l’email di ringraziamento. Abbiamo pensato a quattro motivi per cui inviarla può fare la differenza: 1️⃣ Mostri professionalità e attenzione ai dettagli Un semplice gesto come inviare un’email di ringraziamento dimostra che hai a cuore le relazioni professionali e sei capace di seguire un processo dall'inizio alla fine. I responsabili delle assunzioni cercano persone con queste qualità, e una breve email ben scritta può riflettere esattamente questo. 2️⃣ Rafforzi la tua candidatura Nel messaggio puoi richiamare uno o due punti chiave discussi durante l’intervista, evidenziando il tuo entusiasmo per l’azienda e la posizione. Questo non solo dimostra che hai prestato attenzione, ma permette anche all'intervistatore di ricordarti meglio tra tanti candidati. 3️⃣ Ti distingui dagli altri candidati Pochissimi candidati inviano un messaggio di ringraziamento, nonostante l’80% dei recruiter affermi che questo gesto influisce positivamente nella valutazione. Prenderti il tempo per farlo ti permette di uscire dalla "marea" di CV che passano tra le mani dei selezionatori. 4️⃣ Confermi il tuo interesse per il ruolo Un'email di ringraziamento è l'occasione perfetta per ribadire che sei davvero interessato alla posizione, eliminando eventuali dubbi. Mostra che sei coinvolto nel processo e che ti vedi nel ruolo per il quale ti sei candidato. Il consiglio che fa la differenza: invia l’email di ringraziamento entro 24 ore dall’intervista, con un tocco personale per ciascun intervistatore. Sii professionale, ma senza dimenticare un tocco di autenticità. Spesso è questo dettaglio a fare la differenza e ad aprire le porte per il prossimo step! #riflessioni #candidature #emaildiringraziamento #consigli #linkedin #torcha
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I prezzi che finiscono in '99' non sono sempre un affare Quando ci imbattiamo in prezzi come €6,99 invece di €7, spesso siamo portati a pensare che stiamo risparmiando. Ma c'è molto di più dietro questo meccanismo psicologico che un semplice centesimo. È una strategia di prezzatura psicologica, meglio conosciuta come "effetto 99", che sfrutta alcuni dei nostri bias cognitivi per influenzare le nostre decisioni d'acquisto. Alla base di tutto c'è il cosiddetto "effetto del numero a sinistra". Quando vediamo un prezzo come €9,99, il nostro cervello si concentra automaticamente sulla cifra iniziale (9) e, inconsciamente, classifica questo prezzo come inferiore a €10, anche se la differenza reale è solo di un centesimo. La cifra a sinistra influenza in modo sproporzionato la nostra percezione del prezzo totale, facendoci pensare che stiamo spendendo molto meno di quanto in realtà stiamo facendo. Oltre a questo, esiste un altro elemento psicologico, noto come "charm pricing", che rafforza l'effetto del '99'. I numeri dispari, come il 9, sono percepiti come meno arbitrari e più autentici rispetto ai numeri pari. Questo fa sì che un prezzo come €19,99 sembri più giusto o conveniente rispetto a €20, anche se la differenza è trascurabile. La ragione per cui l'effetto 99 continua a essere così efficace è legata alla percezione del risparmio. I consumatori, soprattutto in mercati dove il prezzo gioca un ruolo decisivo (ad esempio, nei beni di consumo quotidiani o nell'elettronica), sono più propensi a scegliere prodotti che sembrano rappresentare un affare. In contesti come gli aumenti di prezzo, i rivenditori possono utilizzare questa strategia per rendere l'incremento meno evidente e quindi più accettabile. Passare da €8,50 a €9,99 sembra meno drastico rispetto a un arrotondamento diretto a €10, pur rappresentando quasi lo stesso aumento. Ma attenzione: solo perché un prezzo finisce con ‘99’ non significa automaticamente che stiamo risparmiando. Molte aziende utilizzano questa tecnica per manipolare la percezione del valore senza offrire veri sconti. Cosa significa tutto questo per noi consumatori? Capire il meccanismo dietro l'effetto 99 ci permette di fare acquisti in modo più consapevole. Anche se la differenza tra €9,99 e €10 è minima, la percezione che abbiamo è spesso distorta. Il nostro cervello si affida a scorciatoie mentali per valutare rapidamente se un prezzo è conveniente, soprattutto quando siamo sommersi da tante scelte. Tuttavia, vale la pena fermarsi un attimo e riflettere: quel ‘99’ sta davvero rappresentando un risparmio, o è semplicemente un'illusione ben orchestrata? E voi, come reagite di fronte ai prezzi che terminano in ‘99’? Vi fidate di questa strategia o preferite fare valutazioni più approfondite prima di acquistare? #economia #charmpricing #risparmio #LinkedIn #torcha