In molti la definiamo la resilienza, ma in definitiva la possiamo chiamare forza d'animo. Ma cosa hanno in comune queste due passioni. Ebbene la resilienza è una versione in termini psicologici della forza d'animo. É la resistenza che le persone impiegano e a cui fanno ricorso per affrontare e superare le innumerevoli difficoltà della vita; la resilienza secondo gli antichi filosofi è ciò che i filosofi Epitteto e Marco Aurelio chiamavano “forza d’animo”. Nietzsche affermava che quello che non ci uccide ci rende più forti. Quante volte che ci siamo trovati nei momenti più difficili ci siamo detti: "Bhe? Cos'altro mi potrà succedere? Morirò? E allora? Peggio che vada morirò." E intanto mentre ci dicevamo questo riprendevano il filo del discorso, di tutto quello che c'era ancora da fare per uscirne. La vita è una cosa meravigliosa. A volte vorrei ricordare alle persone che in un momento difficile si sono trovate in depressione, poi ci sono tutti quei momenti invece, che è tornata la voglia di vivere e di ringraziare per tutto quello che avevano di bello e di forte a cui oramai non possono più ricorrere. A tutti quei meravigliosi panorami e a quella bellezza che si affaccia in noi quando siamo felici. Cita la massima di Nietzsche già nelle prime pagine un recente libro di Anna Oliverio Ferraris e Alberto Oliverio. Parla di resilienza come la capacità psicologica di riprendersi reagendo ai traumi e agli errori. Ma noi vogliano farne una questione di carattere o meglio di personalità. Certamente questo attributo è a favore di tipi ottimisti e rappresenta la capacità di emergere superando esperienze difficili mantenendo un attitudine sufficientemente positiva nei confronti dell'esistenza. Non dovrebbe essere una dote eccezionale e, comunque chi non ne è fornito fin dall'inizio, potrà certamente riprendersi utilizzando diverse abilità acquisite dall'esperienza e dalla pratica ottimistica. C'entrano comunque senso d'identità, fiducia in se stessi, una buona dose di pensare positivo e avere forti convinzioni e tenacia nel perseguire l'obiettivo. Inoltre chi ha una buona resilienza è dotato di buone capacità comunicative e di stabilire relazioni, solidarizzare, condividere e rimanere aperti alle esperienze, nonchè empatia. Una delle caratteristiche di personalità che favorisce la resilienza è di avere doti di autoironia e la capacità di non mantenere il broncio a lungo. Se siete forniti di almeno metà di tutte le caratteristiche che avete letto sopra avete buone possibilità di fare tesoro delle esperienze negative trasformandole in doti che vi rafforzano. In alternativa, preparatevi ad impararle. La Speranza è il sentimento con cui guardiamo fiduciosi al futuro; resilienza è forza d'animo con cui superiamo i traumi subiti. Queste due “passioni felici” rappresentano il filo conduttore delle strategie terapeutiche da affrontare. #resilienza #fururo #guardareavanti #passioni
Post di Antonio Gentile Specialist Bquadro - Astidental Spa
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Siate stoici, vi servirà nella vita Lo stoicismo, nato ad Atene come scuola filosofica, ma portata alla conoscenza dei più grazie all'imperatore Marco Aurelio che ne era un convinto seguace e ci ha lasciato uno scritto molto interessante che invito a leggere, senza fretta: Colloqui con se stesso. Per cambiare atteggiamento o modo di vivere non occorre per forza cambiare lavoro, andare a vivere in un altro luogo o attendere eventi rivoluzionari. Il cambiamento si può attuare da subito e lo stoicismo aiuta in questo senso. Approfondendo questa filosofia si comprende che ci aiuta a capire che l'infelicità, le vicende negative, i dolori interiori, quello che oggi chiamiamo stress, non è frutto degli eventi esterni, bensì dei giudizi che diamo interiormente a questi eventi in base al valore che gli attribuiamo. Perciò se vogliamo cambiare, il primo passo è imparare ad esercitare un vero controllo su noi stessi. Tutto ciò che è all'esterno di noi stessi può venire a mancare o esserci sottratto. Come possiamo fare affidamento per la nostra felicità e il nostro benessere futuro sui beni materiali o promesse che possono svanire da un giorno all'altro ? Paura e insicurezza nascono spesso da questo. Lo stoicismo ci guida a creare una felicità incrollabile nella nostra vita. L'unica cosa su cui possiamo realmente contare. Un messaggio molto importante e straordinariamente attuale anche in questi momenti di grande incertezza. Marco Aurelio nonostante fosse allora l'uomo più potente della terra e con un potere illimitato, aveva compreso in modo profondo questa verità. Quanto la vera felicità e serenità risiedano in noi stessi. "La qualità della vita dipende da ciascuno di noi" amava ripetere, perché anche se non abbiamo la possibilità di controllare ciò che accade abbiamo però la piena autonomia e capacità di decidere come reagire agli eventi esterni. Indipendentemente dalle prove a cui siamo sottoposti: dolori, disonestà, ingiustizie, ingratitudini, gelosie; noi abbiamo la facoltà di scegliere la calma e l'imperturbabilità. Per lo stoicismo ciò non significa rinunciare all'azione anzi, nell'applicare questo atteggiamento saremo più efficaci nella reazione perché più lucidi e distanti. Lo stoicismo è un potente strumento che può aiutarci ad attuare un cambiamento fondamentale in noi. Non farsi più contagiare dagli eventi esterni conoscendo la natura delle persone e avere il controllo sulla misura in cui gli eventi esterni ci possono controllare, dona una grande soddisfazione e pace interiore. Non essere più d'ostacolo a se stessi e sapere che nessun danno potrete ricevere da altri rafforza la propria autostima.
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Non mi è mai piaciuta la parola resilienza! Prelevare dalla fisica un termine (resilienza) impiegato per indicare la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi, significa trattare l’uomo alla stregua di un oggetto. Significa trascurare il fatto che l’uomo non è una cosa. Perché in lui si agitano passioni, emozioni, sentimenti, angosce, dolori, fantasie in quel gioco vertiginoso e incerto che è la vita! Ecco, io vorrei sapere se i resilienti sono anche capaci di comprendere chi non ce la fa, e quindi di assisterli, confortarli, aiutarli. Se conoscono, oltre alla resilienza, anche l’accudimento, il soccorso, la cura. Perché solo chi conosce la propria debolezza è in grado di comprendere la debolezza altrui. Solo chi è caduto può sostenere chi sta cadendo. E sa soccorrere con parole che non siano di generico incoraggiamento, ma di autentica partecipazione, quella che i greci chiamavano compassione, nell’accezione non di compatire ma di partecipare a quel « patire» comune di cui nessuno può dirsi immune. Di partecipazione abbiamo bisogno. Di socialità e non di orgoglio individuale ostentato da chi ce l’ha sempre fatta. Mettere in comune le sconfitte mi pare molto più interessante che resistere o vincere a tutti i costi. Confucio una volta disse: Un uomo è grande non perché non ha fallito. O perché si è rialzato. Ma perché da quel fallimento ha imparato che quella che ora vedi come una debolezza, un giorno diventerà la forza di qualcun altro. Perché la vera forza non è sorpassare chi ti sta davanti, ma tendere la mano verso chi ti cammina dietro. Umberto Galimberti #filosofia #cultura #resilenzia
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La gratitudine ci aiuta a liberarci dall’ansia del futuro, dal rimpianto del passato, permettendoci di trovare pace nel momento presente. La gratitudine è uno stato mentale che va costruito nel tempo. Sviluppare la gratitudine richiede un lavoro interiore di profonda trasformazione del modo attraverso cui percepiamo la vita. Il primo passo è la consapevolezza: dobbiamo fermarci per osservare con attenzione ciò che accade nel presente. Spesso viviamo proiettati nel futuro o immersi nel passato, dimenticando che la gratitudine è radicata nel qui e ora. Psicologicamente, questo significa allenare la mente a vedere e sentire la realtà con attenzione, come un osservatore attento che coglie i dettagli nascosti. Ridefinire delle aspettative. Nella nostra cultura, siamo abituati a considerare ciò che riceviamo come dovuto, piuttosto che come un dono. La psicologia ci insegna che ridimensionare le aspettative è essenziale per sviluppare la gratitudine: ogni cosa che arriva, piccola o grande, deve essere vista non come scontata, ma come un’opportunità di arricchimento personale. Cambiare delle abitudini mentali. Uno strumento efficace è tenere un diario di gratitudine, dove annotiamo quotidianamente anche le piccole cose per cui ci sentiamo riconoscenti. Questo esercizio, apparentemente semplice, ha un forte impatto psicologico: ci abitua a focalizzarci sugli aspetti positivi, ristrutturando così i nostri schemi di pensiero in direzione di una maggiore apertura e ottimismo. Accettare la vulnerabilità. Riconoscere che dipendiamo dagli altri e che non tutto è sotto il nostro controllo è un atto di profonda umiltà. La gratitudine nasce, in parte, dalla comprensione che ciò che ci è dato proviene da una rete complessa di connessioni umane ed esperienziali. In questo senso, è un riconoscimento della nostra interdipendenza e del valore intrinseco delle relazioni. La gratitudine è una pratica che si espande quando smettiamo di guardare la vita come una somma di successi o fallimenti, ma come un flusso continuo di esperienze, dove ogni evento, persino le difficoltà, ci offre qualcosa di prezioso. Sviluppare la gratitudine, dunque, è imparare a vedere la vita non come una serie di conquiste da accumulare, ma come un dono da assaporare momento per momento, con apertura e meraviglia. GRAZIE! Centro Anisé - via A. Nini da Fano, 5 | 24129 - BERGAMO Tel: +39 035 219263 /+39 366 56 55 950 Email: segreteria@anise.eu #centroanise #psichiatrabergamo #filippotancredi #psicoterapeutabergamo #centromedico #fondazione #centropsichiatrialombardia #depressionecura #SaluteMentale #bergamo #BenesserePsicologico #SupportoPsicologico #Psicoterapia #CuraDellaMente #SaluteEmotiva #PsicologiaPositiva #AnsiaEDepressione #ChiedereAiuto #SaluteMentaleImportante
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𝐂𝐎𝐋𝐓𝐈𝐕𝐈𝐀𝐌𝐎 𝐋𝐀 𝐆𝐑𝐀𝐓𝐈𝐓𝐔𝐃𝐈𝐍𝐄 𝐏𝐄𝐑 𝐅𝐀𝐑 𝐑𝐈𝐅𝐈𝐎𝐑𝐈𝐑𝐄 𝐋𝐀 𝐍𝐎𝐒𝐓𝐑𝐀 𝐕𝐈𝐓𝐀 👉🏻 Marshall Rosenberg, padre della Comunicazione non violenta e allievo di Carl Rogers, oggi ci suggerisce delle meravigliose Parole di consapevolezza… Uno dei gesti più potenti, uno dei momenti più autentici, uno dei doni più preziosi che gli esseri umani si possono reciprocamente fare è quello di ESPRIMERE GRATITUDINE. ✅ La parola “gratitudine” deriva dal latino GRATITUDO e indica un sentimento di “disposizione d’animo positiva che comporta affetto verso chi ci ha fatto del bene”. 👉🏻 Essere grati e, soprattutto, esprimere tale sentimento, ci permette di concederci del tempo per valorizzare le persone che ci circondano, di fermarci a godere delle relazioni. Spesso la gratitudine ci aiuta ad “ammirare” la bellezza che, nelle sue varie forme, ci circonda e ci avvolge, come in Natura succede con un paesaggio o un tramonto. La gratitudine è uno dei sentimenti più potenti che possiamo coltivare come esseri umani. Essa ci permette di spostare il focus da ciò che ci manca a ciò che già possediamo, portando un senso di abbondanza e soddisfazione nella nostra vita quotidiana. Essere grati non significa ignorare le difficoltà o le sfide, ma riconoscere e apprezzare le piccole e grandi “benedizioni” che riceviamo ogni giorno. La scienza ha dimostrato che praticare la gratitudine può migliorare il nostro benessere mentale, ridurre lo stress e aumentare la nostra resilienza. Ricordiamo quindi di dedicare ogni giorno qualche minuto per riflettere su ciò per cui siamo grati: un gesto semplice, ma dal grande potere trasformativo: ✳️ Essere grati fa bene agli altri ma, soprattutto, a noi stessi, ci aiuta a sviluppare resilienza e flessibilità; ✳️ Al contrario della tristezza e della paura, è un sentimento positivo che aumenta la nostra sensazione (sia fisica che psicologica) di benessere e autostima; Attraverso la gratitudine abbiamo la possibilità di arricchire, in modo autentico e rispettoso, la vita degli altri… E ci ricorda, nel momento in cui la manifestiamo, che possiamo “andare oltre noi stessi” e che le nostre vite sono immerse in una profonda connessione e interdipendenza, con tutto quello che ci circonda. ➡️ E tu, come consideri la gratitudine? ➡️ Hai notato come ti senti quando la pratichi? #crescitapersonale #gratitudine #parolediconsapevolezza #comunicazioneefficace #persone #intelligenzaemotiva #emozioni
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Non mi è mai piaciuta la parola resilienza! Prelevare dalla fisica un termine (resilienza) impiegato per indicare la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi, significa trattare l’uomo alla stregua di un oggetto. Significa trascurare il fatto che l’uomo non è una cosa. Perché in lui si agitano passioni, emozioni, sentimenti, angosce, dolori, fantasie in quel gioco vertiginoso e incerto che è la vita! Ecco, io vorrei sapere se i resilienti sono anche capaci di comprendere chi non ce la fa, e quindi di assisterli, confortarli, aiutarli. Se conoscono, oltre alla resilienza, anche l’accudimento, il soccorso, la cura. Perché solo chi conosce la propria debolezza è in grado di comprendere la debolezza altrui. Solo chi è caduto può sostenere chi sta cadendo. E sa soccorrere con parole che non siano di generico incoraggiamento, ma di autentica partecipazione, quella che i greci chiamavano compassione, nell’accezione non di compatire ma di partecipare a quel «patire» comune di cui nessuno può dirsi immune. Di partecipazione abbiamo bisogno. Di socialità e non di orgoglio individuale ostentato da chi ce l’ha sempre fatta. Mettere in comune le sconfitte mi pare molto più interessante che resistere o vincere a tutti i costi. Confucio una volta disse: Un uomo è grande non perché non ha fallito. O perché si è rialzato. Ma perché da quel fallimento ha imparato che quella che ora vedi come una debolezza, un giorno diventerà la forza di qualcun altro. Perché la vera forza non è sorpassare chi ti sta davanti, ma tendere la mano verso chi ti cammina dietro. Umberto Galimberti #filosofia #cultura
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“COSA IMPLICA UN PROCESSO INTERIORE DI CAMBIAMENTO?” Quando cambiano i “filtri” attraverso cui si percepisce se stessi dall’interno in relazione all’esterno, è come se venisse rimosso un velo dagli occhi che fino a quel momento offuscava la vista, interiore ancor prima che esteriore. All’improvviso, si inizia a vedere ciò che prima non si vedeva ed a vedere in maniera diversa o a non vedere più ciò che prima ci si obbligava o faceva ancora “comodo” vedere: PER PAURA, ATTACCAMENTO ED INCONSCIA IDENTIFICAZIONE CON LE ESPERIENZE DI VITA E MEMORIE PERCETTIVE DEI PROPRI PREDECESSORI ED ANTE~NATI, CHE LI SI ABBIA CONOSCIUTI OPPURE NO. Come per incanto, si ha la nitida impressione che sia tornata la vista dopo un lungo ed interminabile periodo di cecità. Trattandosi di un vero e proprio spiazzamento quale è un cambiamento interiore percettivo, l’organismo tende automaticamente a reagire in senso adattivo, come la Natura lo ha predisposto a fare nell’arco di quattro miliardi di anni di evoluzione: ATTACCO O FUGA. Ma è proprio qui che si rivela fondamentale evitare a livello interiore ed esteriore resistenza, rigidità, opposizione e rifiuto che finirebbero per impedire, ostacolare o rallentare il movimento di cambiamento già innescato a livello profondo. Consapevole e conoscitore delle sopra descritte meccaniche di funzionamento percettivo, ho coscientemente scelto di pormi al servizio della vita e della sua evoluzione ideando, mettendo a punto e brevettando un metodo sistematico di aiuto e facilitazione al cambiamento. Se ti trovi in questa delicata fase di transizione e non sai come passare al di là della sponda del torpore ipnotico dove ad attenderti c’è la VITA, sarò onorato e grato di poterti accompagnare per quel breve tratto. Ma ricorda: nessuno può farlo al posto tuo, se non TU. Quando si è disponibili e disposti a vedere, guardare ed osservare dal profondo di se stessi con cristallina onestà e sincerità, tutto può cambiare come per magia, sia dentro che fuori. E TU, SEI DISPONIBILE E DISPOSTO A VEDERE COSA E CHI TI STA ASPETTANDO AL DI LÀ DEL VELO? CON QUALI OCCHI VEDI E TI VEDI, ADESSO E QUI? Ti auguro buon discernimento, buona ricerca e buon cammino. Giuliano Santucci Ricercatore Indipendente – Genealogista; Ideatore del Metodo di aiuto all’evoluzione U.S.R.® {Utilizzo Strategico ed armonico delle proprie Risorse} #lavorosudisé #evoluzioneinterioredelluomo #cambiaresipuò #metodousr
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Non mi è mai piaciuta la parola resilienza! Prelevare dalla fisica un termine (resilienza) impiegato per indicare la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi, significa trattare l’uomo alla stregua di un oggetto. Significa trascurare il fatto che l’uomo non è una cosa. Perché in lui si agitano passioni, emozioni, sentimenti, angosce, dolori, fantasie in quel gioco vertiginoso e incerto che è la vita! Ecco, io vorrei sapere se i resilienti sono anche capaci di comprendere chi non ce la fa, e quindi di assisterli, confortarli, aiutarli. Se conoscono, oltre alla resilienza, anche l’accudimento, il soccorso, la cura. Perché solo chi conosce la propria debolezza è in grado di comprendere la debolezza altrui. Solo chi è caduto può sostenere chi sta cadendo. E sa soccorrere con parole che non siano di generico incoraggiamento, ma di autentica partecipazione, quella che i greci chiamavano compassione, nell’accezione non di compatire ma di partecipare a quel « patire» comune di cui nessuno può dirsi immune. Di partecipazione abbiamo bisogno. Di socialità e non di orgoglio individuale ostentato da chi ce l’ha sempre fatta. Mettere in comune le sconfitte mi pare molto più interessante che resistere o vincere a tutti i costi. Confucio una volta disse: Un uomo è grande non perché non ha fallito. O perché si è rialzato. Ma perché da quel fallimento ha imparato che quella che ora vede come una debolezza, un giorno diventerà la forza di qualcun altro. Perché la vera forza non è sorpassare chi ti sta davanti, ma tendere la mano verso chi ti cammina dietro. #UmbertoGalimberti #filosofia #cultura #ProfessorX #fullmetalmind #dagliocchidiunsoldato #quattrochiacchiere
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MA QUALE Resilienza? Di partecipazione abbiamo bisogno. Di socialità e non di orgoglio individuale ostentato da chi ce l’ha sempre fatta Non mi è mai piaciuta la parola resilienza! Prelevare dalla fisica un termine (resilienza) impiegato per indicare la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi, significa trattare l’uomo alla stregua di un oggetto. Significa trascurare il fatto che l’uomo non è una cosa. Perché in lui si agitano passioni, emozioni, sentimenti, angosce, dolori, fantasie in quel gioco vertiginoso e incerto che è la vita! Ecco, io vorrei sapere se i resilienti sono anche capaci di comprendere chi non ce la fa, e quindi di assisterli, confortarli, aiutarli. Se conoscono, oltre alla resilienza, anche l’accudimento, il soccorso, la cura. Perché solo chi conosce la propria debolezza è in grado di comprendere la debolezza altrui. Solo chi è caduto può sostenere chi sta cadendo. E sa soccorrere con parole che non siano di generico incoraggiamento, ma di autentica partecipazione, quella che i greci chiamavano compassione, nell’accezione non di compatire ma di partecipare a quel «patire» comune di cui nessuno può dirsi immune. Di partecipazione abbiamo bisogno. Di socialità e non di orgoglio individuale ostentato da chi ce l’ha sempre fatta. Mettere in comune le sconfitte mi pare molto più interessante che resistere o vincere a tutti i costi. Confucio una volta disse: Un uomo è grande non perché non ha fallito. O perché si è rialzato. Ma perché da quel fallimento ha imparato che quella che ora vedi come una debolezza, un giorno diventerà la forza di qualcun altro. Perché la vera forza non è sorpassare chi ti sta davanti, ma tendere la mano verso chi ti cammina dietro. Umberto Galimberti
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Non mi è mai piaciuta la parola resilienza! Prelevare dalla fisica un termine (resilienza) impiegato per indicare la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi, significa trattare l’uomo alla stregua di un oggetto. Significa trascurare il fatto che l’uomo non è una cosa. Perché in lui si agitano passioni, emozioni, sentimenti, angosce, dolori, fantasie in quel gioco vertiginoso e incerto che è la vita! Ecco, io vorrei sapere se i resilienti sono anche capaci di comprendere chi non ce la fa, e quindi di assisterli, confortarli, aiutarli. Se conoscono, oltre alla resilienza, anche l’accudimento, il soccorso, la cura. Perché solo chi conosce la propria debolezza è in grado di comprendere la debolezza altrui. Solo chi è caduto può sostenere chi sta cadendo. E sa soccorrere con parole che non siano di generico incoraggiamento, ma di autentica partecipazione, quella che i greci chiamavano compassione, nell’accezione non di compatire ma di partecipare a quel « patire» comune di cui nessuno può dirsi immune. Di partecipazione abbiamo bisogno. Di socialità e non di orgoglio individuale ostentato da chi ce l’ha sempre fatta. Mettere in comune le sconfitte mi pare molto più interessante che resistere o vincere a tutti i costi. Confucio una volta disse: Un uomo è grande non perché non ha fallito. O perché si è rialzato. Ma perché da quel fallimento ha imparato che quella che ora vedi come una debolezza, un giorno diventerà la forza di qualcun altro. Perché la vera forza non è sorpassare chi ti sta davanti, ma tendere la mano verso chi ti cammina dietro. #UmbertoGalimberti #filosofia #cultura
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Antonio Gentile Specialist Bquadro - Astidental Spa 6 anni -
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POLO FIERISTICO DI SORA CON LIRITV.IT
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