Il 28 gennaio, Festa di San Tommaso D’Aquino, I dicasteri vaticani per la Dottrina della Fede e quello della Cultura e l’Educazione hanno pubblicato la “Nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana” dal titolo “Antiqua et Nova”, che potremmo tradurre in “le cose antiche e nuove”, e che si riferisce a Mt 13,52: “[…] Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".
E in effetti questa Nota è davvero un tesoro: un documento interessante, profondo, e davvero coinvolgente, perché analizza la relazione esistente tra l’intelligenza artificiale e quella umana, valorizzando in modo puntuale le caratteristiche proprio del pensiero dell'uomo.
Così, il capitolo terzo della Nota contiene una lunga riflessione su cosa caratterizza l’intelligenza umana dal punto di vista della traduzione filosofica e teologica, mettendo in evidenza aspetti come la relazionalità, l’apertura verso la Verità e la corporeità.
E’ solo dopo questa premessa che il documento comincia a considerare il ruolo dell’etica nello sviluppo e nell’uso dell’IA, e quindi le questioni specifiche, come il rapporto dell’IA con la società, con il lavoro, con la sanità, passando per il problema dei bias o del consumo energetico.
Tornerò ancora su questa Nota, che è davvero ricca di spunti di riflessione per chi si occupa di intelligenza artificiale, sia esso credente o meno.
Una prima osservazione è che, curiosamente, l’intero documento parla sempre di intelligenza artificiale al singolare, mentre Papa Francesco da tempo ha scelto di parlare di intelligenze artificiale, sottolineando le diverse tecnologie esistenti (Si veda ad esempio il Messaggio per la LVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali o il discorso tenuto al G7).
Poi vorrei togliermi un sassolino dalla scarpa. Ad un incontro di esperti sull’IA dell’Università Cattolica avevo proposto come tema di riflessione le implicazioni antropologiche di un eventuale avvento dell’AGI. Con ciò non intendevo dire che sia realizzabile un’intelligenza artificiale generale, ma che la sua tematizzazione andava affrontata. Mi fu risposto che si trattava di temi sciocchi, che non meritavano un approfondimento. Beh, il Documento vaticano non ha invece paura ad usare il termine AGI, definito come “una forma ipotetica di IA che potrebbe raggiungere o superare l’intelligenza umana in grado di portare a progressi al di là di ogni immaginazione”. La Nota non entra nel merito tecnico di questa ipotesi, ma la usa per affermare la sua linea di riflessione antropologica, secondo la quale queste nuove tecnologie inducono “l’umanità a interrogarsi circa la propria identità”. In altre parole: anche di quel tema, per quanto ipotetico, vale la pena parlare, e questo perché davvero l’IA apre a nuove visioni del mondo. Ma su queste riflessioni tornerò ancora. https://shorturl.at/zqISl
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