I corpi non si aggiustano, si curano. Esistiamo nel tempo e nello spazio, mutando, donando senso e creando significati. Essendo un processo, le logiche di osservazione, valutazione e intervento non possono essere meccanicamente lineari ma rispondono all’approccio sistemico e narrativo, in cui emergono funzionamenti non riducibili alla somma delle parti e situati nel trascorrere del tempo.. In questa prospettiva teorica, gli assunti di Mente e Corpo decadono: non siamo computer con dei software, né corpi sulla scena da aggiustare come automi. Il punto di vista più coerente è nell’intercorporeità. Il soggetto è visibile solo all’interno delle relazioni che genera, di cui è parte. La prima distinzione fenomenologica quando si parla di corpo è tra Korper e Leib. Il primo è il corpo anatomico, quello che si studia sui libri; il secondo è il cosiddetto corpo_mondo. Nei processi di cura, lo spazio tra il corpo del curante e del curato diventa un campo, un mondo nuovo. Tale corpo può essere allargato a tutto l’insieme dei curanti. Quel luogo di significato è dove avvengono atti condivisi, ma anche immagini, suoni, idee, proposte e motivazioni. In una prospettiva embodied, tale zona è ricca del vissuto corporeo soggettivo narrato al fine di quel gesto, idea proposta, esercizio, eccetera. Se non è così, la prospettiva rimane soggetto-oggetto dove viene esaltata la tecnica e l’abuso. L’efficienza senza relazione è potere che interviene e non coopera, non condivide ma separa. La salute non è qualità ma simulacro. La cura è un processo morale che richiede la messa in gioco del curante, che deve conoscere sì le tecniche ma soprattutto se stesso, mettendosi in una posizione di crescita continua, senza illudersi di sapere a priori chi è e cosa fa. Questa posizione etica è determinata da una visione di mondo precisa, che è relazionale, sistemica, incarnata – dove il potere è utilizzato per migliorare la qualità di singoli e della comunità. Essere individui non significa essere separati, ma indivisibili. All’aumentare della nostra separazione, aumenta l’idea di avere una mente, di averla separata da un corpo, di avere questa mente chiusa nella scatola cranica e di farla corrispondere al nostro pensiero, in particolar modo quello che crediamo razionale. Questa prospettiva scissa e dissociata è una visione malata e che porta ad azioni, verso noi stessi e gli altri, che non creano nè qualità né salute. La mente è tra di noi, ciascun soggetto ne ha riflesso anche in una sensazione interna, ma è parziale. Dobbiamo provare a trovare cosa osservare insieme, perché abbia senso e significato. Osservare, valutare e agire insieme porta a qualità e salute. Un corpo separato dagli altri è un Korper, è morto. corponarrante.com
Post di Samuele Papiro
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⛵⛵𝐋𝐄𝐆𝐆𝐄𝐍𝐃𝐎 𝐄 𝐑𝐈𝐅𝐋𝐄𝐓𝐓𝐄𝐍𝐃𝐎 Chi, di fronte alla realtà malata odierna, ha un rigetto esistenziale, può rivolgersi alla lettura, sia essa intensiva o estensiva. Un modo per estraniarsi, stare lontano dagli schermi, eliminare conati di vomito, immergendosi e al tempo stesso cercando di (ri)dare senso e significato alle parole, ai racconti e alle narrazioni, alla poesia. Un modo per confrontarsi con quanto è stato scritto in tempi precedenti e misurarlo con la pochezza dei nostri tempi. Leggere è anche un modo per accumulare conoscenze utili per (ri)orientarsi, prepararsi alla fine di un’epoca, al cambio di paradigma, per formulare principi e valori con i quali provare a contrastare il buio (la ὕβρις) dei nostri tempi. Di questi tempi il buio non è un termine usato casualmente. Serve a raccontare l’accecamento mentale e lo smarrimento della coscienza. Aiuta a comprendere cosa voglia dire essere annebbiati, mentalmente e psichicamente, essere risucchiati nelle tenebre, così impauriti da rischiare la follia (quella del dissolvimento della ragione, non quella razionale che permette di "andare oltre gli orizzonti abituali" dei comportamenti correnti che caratterizzerà il progetto 𝑺𝑻𝑼𝑳𝑻𝑰𝑭𝑬𝑹𝑨 𝑵𝑨𝑽𝑰𝑺: https://shorturl.at/eVtEX) Imprigionati dentro schermi luminosi, abbaglianti, sfolgoranti e lucenti, fingiamo (occultiamo a noi stessi) di non vedere quanto siamo in realtà immersi (fagocitati) in realtà fosche e nuvolose, temporalesche, plumbee. Il fingere aiuta a tenere lontano l’angoscia, la disperazione e l’ansia, la paura di smarrire la mente e inibire la lucidità di pensiero, di comprensione e di giudizio. Bisognerebbe essere coraggiosi, capaci di fare un salto nel buio, arrischiandosi e osando per avventurarsi dentro la realtà convinti di avere gli strumenti e ancora la possibilità di (per) cambiarla. La domanda emergente obbliga a chiedersi se e come ce la si può fare, a cosa serve il coraggio individuale senza coraggio e azione collettiva. Se la risposta è negativa, meglio rassegnarsi e aspettare che “𝑨𝒅𝒅𝒂 𝒑𝒂𝒔𝒔à '𝒂 𝒏𝒖𝒕𝒕𝒂𝒕𝒂” e, in attesa che torni ad albeggiare, leggersi un bel libro. Su tutto la consapevolezza che la “𝘯𝘶𝘵𝘵𝘢𝘵𝘢” sarà molto lunga. 𝘽𝙚𝙣𝙫𝙚𝙣𝙪𝙩𝙞 𝙨𝙪𝙜𝙜𝙚𝙧𝙞𝙢𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙙𝙞 𝙡𝙚𝙩𝙩𝙪𝙧𝙖. 𝘼𝙣𝙘𝙤𝙧 𝙥𝙞ù 𝙗𝙚𝙣𝙫𝙚𝙣𝙪𝙩𝙞 𝙨𝙪𝙜𝙜𝙚𝙧𝙞𝙢𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙙𝙞 𝙡𝙚𝙩𝙩𝙪𝙧𝙚 𝙞𝙣𝙩𝙚𝙡𝙡𝙞𝙜𝙚𝙣𝙩𝙞, 𝙖𝙙𝙖𝙩𝙩𝙚 𝙖𝙞 𝙩𝙚𝙢𝙥𝙞…𝙤𝙨𝙘𝙪𝙧𝙞 𝙘𝙝𝙚 𝙨𝙩𝙞𝙖𝙢𝙤 𝙫𝙞𝙫𝙚𝙣𝙙𝙤.
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Emotività Treccani: “emotività s. f. [dal fr. émotivité; v. emotivo]. – Capacità, più o meno intensa a seconda degli individui, di provare emozione, di reagire cioè di fronte a stimoli piacevoli o spiacevoli” Come già detto più volte, l’Essere Umano è privo di Istinti (possiede solo quello di sopravvivenza) ed è dominato dalle Pulsioni La “pulsione” è un atteggiamento improvviso ed irrazionale riconducibile alla Emotività che è la peculiarità identificante l’Essere Umano Emotività: croce e delizia dell’Essere Umano ! “Croce” se vogliamo cogliere il bicchiere mezzo vuoto “Delizia” se lo vogliamo osservare come mezzo pieno “Delizia” perché sta alla base della Creatività, nel senso che è l’Emotività a consentirci di rispondere alla emozioni che l’Ambiente esterno ci causa, richiedendo una soluzione non ancora esistente e perciò da “creare” “Croce” perché l’Emotività è la cartina al tornasole della Fragilità dell’Essere Umano È infatti la sua Fragilità che dovendo contendere con l’istinto di sopravvivenza, genera una “risposta” che prende forma attraverso la Creatività L’Emotività è il contenitore di ogni sfumatura irrazionale che condisce la nostra Vita: Amore Sesso Odio Vizi Spiritualità Tutte queste sfumature ed altre, partecipano l’Essere Umano come “sfumature difficilmente controllabili” perché non razionalmente addomesticabili Eppure, per quanto possiamo accettarne la loro irrazionalità, non dovremmo mai dimenticare che è solo la Razionalità a consentirci costruttivi passi in avanti Possiamo allora vivere senza Emotività privando l’Umano di Emozioni ? Assolutamente no ! Perché questo ricondurrebbe la Vita Umana a quella di un sasso o per meglio dire a quella di un qualunque Ente Inorganico Possiamo allora farci dominare dalla nostra Emotività a conferma della nostra Umanità manifesta ? Assolutamente no ! Perché cedere alla Emotività significherebbe perdere il controllo razionale di noi stessi e ci consegnerebbe alla Follia, atteggiamento che risiede nell’Irrazionale La soluzione ? La soluzione coincide sempre con quello stato seppur instabile che chiamiamo Equilibrio, quello stato isorropico che accettando il contrasto degli Eventi e della Esistenza (già evidenziato da Eraclito in Occidente e dal suo contemporaneo Lao Tse in Oriente) ne assume la loro accettazione cercandone il punto di Equiibrio In parole più dirette: Non possiamo rifiutare la nostra Umanità espressa nella originaria Emotività ma possiamo tentare di ricondurla a Ragione, quando agisca a danno nostro e degli Altri L’Emotività infatti diventa danno quando spalanca le porte dell’Ego, di un Ego prevaricante il Noi e più in là, prevaricante la Specie stessa, portandoci a scordare che semmai, è la Specie a sopravvivere e non il Singolo, benché, soprattutto alle longitudini occidentali, venga pedissequamente celebrata ed imposta l’Assolutezza dell’Ego, dell’Individuo e del più perfido Individualismo Guido Tahra …🌹 #intelligenzaemotiva #philosophy #human
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Il concetto della "legge dello specchio" può essere riassunto come un principio che riflette il nostro mondo interiore attraverso le esperienze e le persone che incontriamo nella nostra vita quotidiana. Secondo questa prospettiva, ogni cosa che ci dà fastidio, che ci ferisce o che ci irrita negli altri, è un riflesso di aspetti non accettati o non riconosciuti di noi stessi. È un invito a guardare dentro di noi, a confrontarci con le nostre ombre e a lavorare sulle nostre ferite per migliorare la nostra realtà esterna. Carl Gustav Jung ha sintetizzato questo concetto con l’aforisma: "Tutto ciò che non vogliamo sapere di noi stessi finisce sempre per giungerci dall’esterno e assumere la forma di Destino". Questo significa che le situazioni e le persone che incontriamo agiscono come specchi, mostrando lati di noi stessi che non vogliamo o non riusciamo a vedere. La chiave per utilizzare questa legge a nostro vantaggio è l'auto-consapevolezza: riconoscere e accettare le nostre ombre, cambiare le nostre convinzioni e i nostri atteggiamenti, e così facendo, trasformare positivamente il nostro mondo esterno. Lavorare su se stessi attraverso la consapevolezza, la gratitudine e la visualizzazione positiva può portare a una realtà esterna più armoniosa. Quando ci impegniamo a comprendere e risolvere i nostri conflitti interiori, possiamo creare un ambiente esterno che riflette pace e benessere. La legge dello specchio ci ricorda che siamo i creatori della nostra realtà, e che il cambiamento parte sempre da dentro di noi. #LeggeDelloSpecchio #AutoConsapevolezza #CarlJung #CrescitaPersonale #RiflessioneInteriore #GuarigioneEmotiva #PensieroPositivo #VisualizzazioneCreativa #Gratitudine #BenessereInteriore #CambiamentoPositivo
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*La teoria del riccio nelle relazioni umane* Mantieni una distanza di sicurezza tra te e le persone. Il dilemma del riccio è una teoria del filosofo Schopenhauer per analizzare le relazioni umane. Quando il riccio sente freddo in inverno, si avvicina ai suoi compagni di specie in cerca di calore, ma così facendo le sue spine feriscono gli altri, e le spine degli altri feriscono lui. Il problema è che le spine sul corpo del riccio rendono il processo di avvicinamento agli altri difficile e doloroso, poiché ogni volta che si avvicinano, le spine nei loro corpi li feriscono, quindi decidono di allontanarsi. Poi, sentendo di nuovo freddo, si avvicinano di nuovo, e così via. In teoria, il riccio ha trovato una soluzione a questo problema e ha ideato un metodo semplice e di successo, un processo che Schopenhauer ha chiamato la distanza di sicurezza. Il riccio è riuscito a scegliere una distanza specifica che gli garantisse abbastanza calore e, al contempo, il minor grado di dolore possibile. Nel 1851, il filosofo tedesco Schopenhauer rifletté sulla situazione del riccio e la considerò uno dei dilemmi sociopsicologici dell'uomo, chiamandola: *il dilemma del riccio* Schopenhauer ha proiettato questa teoria nelle relazioni umane, sottolineando che una persona solitaria sente un’intensa necessità di avvicinarsi alle persone e interagire con loro, poiché la solitudine rimane molto dura e dolorosa per una persona normale (come il freddo per un riccio), quindi decide di comportarsi come il riccio e cercare altri esseri umani per ottenere calore psicologico. Il problema è che l’attaccamento e la vicinanza non saranno sempre fonte di felicità e conforto, ma, al contrario, possono essere fonte di dolore e stanchezza (per lui e per gli altri), generando così molti sentimenti negativi come pressione psicologica, imbarazzo, separazione e altro. Anche noi siamo fatti così. Cerca sempre di mantenere una distanza specifica tra te e le persone per sicurezza, in modo da mantenere la relazione nel suo stato migliore. Non troppo lontano, al punto dell’isolamento, né troppo vicino, al punto dell’interferenza nella sfera privata. Le esperienze confermano che le relazioni migliori, più efficaci e durature si basano sul rispetto reciproco all’interno di limiti che nessuna delle due parti supera.
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Ognuno di noi ha una cosa come la matrice della coscienza e del subconscio. Qualcosa come un pezzo di carta su cui sono scritte tutte le informazioni su di noi, le attività pianificate dalla "Fonte" ecc. La versione di queste matrici è molto. Tutto ciò che accade nella nostra vita è come se fosse scritto su questa matrice e possiamo avere un'influenza cosciente e inconscia in una certa misura. Naturalmente, possiamo farlo se e solo quando la nostra coscienza matura. Diventiamo il co-creatore della realtà, il co-creatore. I programmi che si manifestano nella vita delle persone "scendono" proprio dalla matrice su cui è immagazzinata ogni esperienza che sperimentiamo. Sono pianificati in precedenza. Per le persone che non ne sono consapevoli, l'autoespressione del Creatore proviene dal livello di tale matrice. Questo è spesso chiamato un "piano superiore". Ma questo piano superiore può essere liberamente cambiato e modificato, cambiando il programma sulla tua matrice o su quella di qualcun altro. Ci sono programmi sulla matrice dell'universo, a cui ognuno di noi è inseparabilmente connesso e che possono essere cambiati. Ogni essere umano ha la sua matrice, dove sono necessarie informazioni per stabilire la propria identità, così come programmi che possono ingannare questa identità, ad esempio introdotti dai nostri genitori, media, credenze, opinioni, ecc., utili o meno, e certamente bloccando in una certa misura la nostra autocoscienza. Tutto è un programma e tutto è scritto sulla matrice. La matrice registra i diritti e tutte le informazioni delle persone. Anche i programmi di formazione delle malattie, specialmente nelle persone con frequenze più basse. Vale la pena sapere e ricordare che ogni malattia ha la sua origine nella mente. Ogni malattia è una malattia della mente. Innanzitutto, appare un programma che quasi sempre proviene da campi di civiltà morfogenetiche, coscienza collettiva e connessioni da livelli astrali. Dopo il programma ci sono paure e stress, danni al biocampo, nuove credenze entrano nella coscienza umana. Le accetta nel suo inconscio, diventano sue e si ammala. Un uomo si ammala sempre in ciò in cui crede o in ciò che gli è stato detto. L'uomo, per raggiungere la vera liberazione, dovrebbe disimparare l'uso della conoscenza di altre persone. La conoscenza degli altri dovrebbe essere solo un'introduzione che ti consente di scoprire il mondo spirituale interiore che esiste in ogni essere umano. Quindi ognuno di noi dovrebbe seguire il proprio percorso individuale e attingere alla conoscenza di cui ha bisogno. L'uomo nella ricerca della propria strada - deve imparare a vedere correttamente non solo il mondo materiale, ma anche il mondo spirituale. Entrando nei campi energetico-informativi con l'aiuto delle proprie forze spirituali (SPAZIO DEL CUORE) può scaricare fino al 95% della conoscenza di cui ha bisogno.
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Oggi vi consiglio la lettura del il volume "Cosa significa essere umani? Corpo cervello e relazione per vivere il presente" di Gallese e Morelli in cui gli autori propongono una nuova visione dell'essere umano, basata sull'intreccio di tre elementi fondamentali: corpo, cervello e relazione che trascende il concetto di individuo, rivelandoci la natura interconnessa del nostro essere. "Non più semplici "io", ma “noi”; non solo individui, ma condividui immersi in una rete di relazioni". Il corpo inteso, non solo contenitore della mente, diventa protagonista del nostro essere, fonte di conoscenza e azione. Gli autori sostengono che la nostra esperienza del mondo e la nostra identità siano profondamente radicate nella nostra corporeità e nelle nostre relazioni con gli altri. In particolare, il corpo non è solo un contenitore per la mente, ma è parte integrante di chi siamo; attraverso il corpo percepiamo il mondo, ci muoviamo e interagiamo con gli altri. I neuroni specchio, un tipo speciale di cellule cerebrali, ci permettono di simulare le azioni e le emozioni degli altri, creando una base per l'empatia e la comprensione reciproca. Il cervello invece non è un organo statico, ma è in continua evoluzione e plastilità. Le nostre esperienze e le nostre relazioni modellano il nostro cervello, e viceversa. Infine, non siamo esseri isolati, ma siamo immersi in una rete di relazioni; fin dalla nascita infatti, siamo dipendenti dalle cure degli altri per sopravvivere e prosperare e le nostre relazioni ci formano e ci definiscono pertanto, per vivere pienamente la nostra vita, dobbiamo essere in grado di connetterci con il nostro corpo, il nostro cervello e le nostre relazioni nel presente. Questo significa essere consapevoli delle nostre sensazioni corporee, dei nostri pensieri e delle nostre emozioni, e di essere presenti nelle nostre interazioni con gli altri. La visione degli autori supera il dualismo mente-corpo che ha dominato la filosofia occidentale per secoli; essi sostengono che mente e corpo non sono separati ma sono profondamente intrecciati e che le stesse dinamiche di base che ci portano alla cooperazione e alla solidarietà possono portarci all’aggressività distruttiva e all’antagonismo. La nostra vivibilità dipende dai limiti delle nostre scelte; abbiamo considerato finora le risorse disponibili con un atteggiamento e spesso distruttivo, interrogarsi sulle ragioni che ci hanno indotto a considerare illimitate le risorse da cui dipendiamo, vuol dire considerare le nostre resistenze al cambiamento e la nostra propensione a negare gli effetti delle nostre azioni quando risultano controintuitivi. Secondo gli autori “nel lavoro, nella cura, nell’educazione, nella politica, nelle relazioni della vita quotidiana, avere un’idea più appropriata di chi siamo può aiutarci a scegliere modi di vivere le relazioni più corrispondenti alla nostra storia evolutiva per approcciare in modo più adeguato ai cambiamenti tecnologico in atto". Bn lettura e #staytuned!
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Per restare nell’amato stoicismo, cito Epitteto, quasi testualmente: Gli eventi non sono il fattore determinante, il fattore determinante è il nostro punto di vista riguardante gli eventi. Dovremmo essere più di tutto preoccupati di rimuovere i pensieri sbagliati dalla mente. In questo il silenzio è lo strumento migliore per educare noi stessi, e uno strumento difficilissimo da controllare. L’interazione con gli altri può grandemente influenzare le nostre opinioni, per questo istruisco le persone ad evitare il confronto: parte dalla resa a pensieri arbitrari. Io in prima persona mi sono trovata a riesaminare un caso che ha portato un grande sbalzo emotivo, non tipico del mio personaggio. Convinta da anni di costruire una solida amicizia di quelle rare basata su tutti i principi che mi sono più cari: stima, fiducia, rispetto, elezione, empatia, sensibilità alle priorità, condivisione degli interessi. Per mia indole prendo con particolare serietà chi parla di queste cose con forte sentire. Ma col tempo ogni mio senso di logica si sgretolava davanti a reazioni non in linea. Ora, potrei ascoltare chi dice che gli uomini mentono come le donne si truccano. Se imparassi a truccarmi, fu il consiglio, riconoscerei chi sa cinicamente mettersi il blush della stima e il rossetto del mutuo rispetto per usarti. Mi ferisce molto l’idea che si millantino valori per cui per me vale la pena morire, e che motivo può avere una persona a perpetrare un tale crudele teatro? Fossi stata un concorrente, avrei detto che si cercava di danneggiare la mia autostima sui miei stessi valori per frenare la mia crescita. Ma a parole era gente che voleva persino definire la mia carriera intorno al loro profilo. Non aveva senso, e allora potrei citare chi sostiene che se usi le pentole di terracotta, non devi arrabbiarti con loro se si rompono. Questo è usare lo stoicismo per parlare con me, e questa è si capire come prendermi. Si traduce così: per persone con grandi vuoti, interagire con me è come andare al bancomat emotivo. Quando gli servi, ti incensano di quanto ti stimano e quanto la tua umanità sia preziosa. Quando non gli servi, rivelano i loro veri intenti e passa la poesia. Vedete come l’opinione diventa determinante. Tutti hanno ragione, o torto, come che sia, proprio la difficoltà di interpretare comportamenti erratici va lasciata come una definizione del caso. Fa parte delle variabili e delle opzioni che alcune persone siano semplicemente incostanti, respingenti, e di difficile interpretazione. È il nostro pensiero che dobbiamo nutrire. Il mio modo di praticare lo stoicismo ora che mi scontro col fatto che niente di quello che mi viene da dire è positivo, allora è non dire più nulla. Esercito il silenzio per separarmi dal giudizio emotivo, incluso il dolore della mortificazione. L’anima si trasforma in tinta con il colore dei suoi pensieri, dice Marco Aurelio. Nel silenzio affermo la mia volontà di non dare alla mia alcuna tinta ostile o cinica.
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#ANGOSCIA Nell'angoscia noi diciamo " uno è spaesato ". Ma dinnanzi a che cosa vi è lo spaesamento? Non possiamo dire dinnanzi a che cosa è spaesato, Perché lo è nell'insieme. Tutte le cose e noi stessi affondiamo in una certa indifferenza. E nel loro allontanarsi l'angoscia ci assedia e ci opprime. Non rimane nessun sostegno. Nel dileguarsi di tutte le cose rimane soltanto e ci soprassale questo niente che rimane . L'angoscia rivela il niente. Martin Heidegger, Che cos'è metafisica? Siamo soliti confondere la paura con l'angoscia, ma la differenza è radicale. I bambini, per esempio, non hanno paura perché ancora non sanno orientarsi nel mondo e quindi, non conoscendo i pericoli, non temono niente. Per questo vanno costantemente accuditi e controllati. Ti ricordi quando la mamma ti toglieva dalle mani il bicchiere di vetro con cui giocherellavi per paura che ti facessi male? O ti sgridava quando ti arrampicavi sulla balcone di casa perché temeva che tu cadessi? Come tutti i bambini che non conoscono i pericoli, anche tu non avevi paura di niente. Crescendo, non hai più avuto bisogno di una mamma che ti sorvegliasse, perché hai imparato a tua volta ad avere paura e, grazie a questa sensazione, a differenti da solo dai pericoli. La #paura, infatti, è un ottimo meccanismo di difesa senza il quale non potremmo vivere, come non vivrebbero i bambini se fossero abbandonati a se stessi. La paura ha questo di caratteristico: è sempreverdi paura di un oggetto determinato, per cui se vedi un incendio scappi, se devi attraversare una strada guardi a destra e a sinistra per non finire sotto una macchina. In questo modo, grazie alla paura, ti difendi dai pericoli che puoi incontrare. L'angoscia, invece, non ha un oggetto determinato, per cui non si sa di che cosa ci si angoscia w, se non lo si sa, come ci si può difendere? Heidegger, che è uno dei maggiori filosofi del secolo scorso, dice: " Nell'angoscia noi 'siamo sospesi', e nel travaglio di questo essere sospesi, non c'è niente a cui appigliarsi". ( to be continued) #angonscia #emozione #conoscetestesso #axenia #consulente #benessere
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LA FORZA...no, no, non sono impazzita, non parlo di quella fisica, ma di quella interiore! C'è una relazione diretta tra la FORZA INTERIORE e l'atto della scelta, a prescindere dalle difficoltà che incontriamo sul nostro cammino. Senza questi "valori" ci sentiamo, inermi, bloccati, intrappolati nell'ambiente e nelle situazioni che ci circondano. Ma, il LIBERO ARBITRIO è illusione o realtà? Per le scienze moderne appartiene esclusivamente al concetto di experience; per altri, le nostre scelte sono casuali e infinte, legate alle leggi della fisica; per altri ancora si fonda su credo religiosi o ancora si identifica nella decisione che segue una determinata linea d'azione. E tu, come utilizzi questi due poteri? #consapevolistica #forzainteriore #liberoarbitrio #consapevolezza
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Nello psicodramma, il mondo interno si riferisce all'insieme delle emozioni, pensieri, ricordi, fantasie e vissuti soggettivi di una persona. È l'universo interiore in cui si sviluppano le rappresentazioni delle esperienze personali, le relazioni con gli altri e le percezioni di sé. Questo è un aspetto centrale nel lavoro psicodrammatico, poiché viene esplorato e messo in scena attraverso ruoli, simboli e azioni, permettendo alla persona di esprimere e comprendere meglio i propri conflitti, desideri e dinamiche profonde. Attraverso la rappresentazione del proprio mondo interno, il partecipante può: Dare forma visibile alle emozioni o ai conflitti nascosti. Esplorare aspetti di sé non sempre facilmente accessibili. Lavorare su traumi, desideri o relazioni interne attraverso il gioco di ruolo, facilitando la comprensione e la trasformazione personale. In psicodramma, quindi, il mondo interno diventa un "palcoscenico" su cui il protagonista può agire, esplorare e riscrivere parti di sé, promuovendo così la crescita emotiva e psicologica. #psicodramma #mondointerno #emozioni #crescitaemotiva #giocodiruolo #autoscoperta #trauma #relazioni #esplorazionepersonale #crescitapsicologica #scenapsicodrammatica https://lnkd.in/g9ag8QvX
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