Ecco il vincitore del Concorso Letterario Nazionale "Grisù 451"
Un libro crudo, durissimo, disturbante e sconvolgente; e anche bellissimo, scritto con uno stile originale, graffiante, con una prosa che sa essere una lama di coltello ma anche una carezza. In ogni caso sempre emozionante.
A Francesco non piace essere chiamato Fran, gli sembra che questo nomignolo mortifichi la sua identità. Sono i suoi genitori che lo chiamano così, genitori che lui ama e odia. È confuso e combattuto: sa che dovrebbe amarli, dopotutto sono i suoi genitori; ma perché, allora, lo costringono a subire una vita che per un adolescente è come una prigione?
Non lo mandano a scuola, sarebbe troppo rischioso: qualcuno potrebbe risalire alle loro losche attività. Qualcuno potrebbe scoprire che coltivano marijuana in cantina, che hanno avviato il loro unico figlio al consumo di droga e lo obbligano a spacciare; che lo puniscono chiudendolo in cantina e lo sottopongono a umiliazioni orribili. Eppure gli dicono di amarlo: che tutto quello che fanno, lo fanno per lui. Però non lo portano mai al mare, anche se lo si intravede da casa loro, in lontananza.
Casa loro è uno squallido appartamento nel complesso residenziale di una zona degradata, la Ciambella; soprannominata così per la sua forma circolare. Il nome evoca pensieri e sensazioni gradevoli ma la realtà è l’esatto opposto; come quasi tutto, in questa storia. La Ciambella è il regno della corruzione, dell’illegalità, dello spaccio; ci vivono tossici, abusivi, disperati che tirano a campare. Di sera un tredicenne come Francesco non può uscire di casa, troppo pericoloso. Lì vicino una discarica maleodorante fornisce materiali di recupero, riciclati dalle famiglie della zona. Dove si trova questo mostro edilizio, questo coacervo di vite al limite? Da qualche parte, in Italia. Ma possibile? Sembra la descrizione di una società distopica, che potrebbe esistere, in futuro, se l’umanità continuasse la sua attuale, triste deriva; ma che forse non esiste ancora. Il lettore è perplesso ma subisce lo straniamento prodotto da un realismo narrativo sempre più stringente.
Francesco racconta la sua storia ad Alan, l’educatore che lo ha preso in carico presso la struttura che lo ospita temporaneamente; perché il ragazzo ha commesso un crimine e Alan, con la scusa di scrivere un libro su di lui, diventa il suo confessore; ma Francesco è furbo, ha capito tutto. In realtà ha bisogno di parlare, per liberarsi, per spiegare in che modo la vittima di un mondo distorto, sottoposta a una pressione schiacciante, possa reagire dinanzi alla banalità del male.
Come è riuscito e come riesce a sopravvivere, questo ragazzo, in un mondo così ostile e disumano?
Grazie ad alcuni squarci di leggerezza: la presenza del mare, quasi una promessa di speranza; l’amicizia di Stella, la ragazzina con cui condivide emozioni, pensieri, le prime scorribande. È con lei che Francesco si avventura sulla spiaggia fino a scoprire l’esistenza di Elisabeth, la carcassa di una nave che diviene rifugio simbolico, luogo dell’anima.
E grazie alla cultura: paradossalmente, a casa sua Francesco ha a disposizione un’enorme quantità di libri e film, accumulati dal padre; è un lettore onnivoro, intelligente, assorbe tutto. Ma è sufficiente la cultura, da sola, non nutrita da un’educazione né condivisa, a salvare un adolescente dalla rabbia e dal rancore?
Un giorno la famiglia di Francesco riceve la visita di Pietro. Un evento epocale: qualcuno che viene da fuori, da lontano, che ha vissuto altrove e ha visto il mondo. Il fratello di suo padre, il primo essere umano per cui il ragazzo provi un sentimento sconosciuto: un affetto mischiato al risveglio del corpo, alla dolorosa percezione di sensazioni erotiche nuove e conturbanti. Alto, abbronzato, affascinante, lo zio Pietro finalmente lo ascolta e gli parla come un vero padre, un mentore; è affettuoso con lui, lo protegge, accompagna lui e Stella al mare.
Francesco non nasconde nulla ad Alan, gli rivela ogni moto dell’animo, ogni episodio e la sua voce si alterna a quella dell’educatore che lo interroga, paziente e comprensivo, aprendo una breccia nel cuore di quel ragazzo difficile e scontroso.
L’altro punto di vista, espresso a capitoli alterni, è quello di un uomo chiuso in una stanza, immobilizzato a letto, quasi cieco, con ustioni su tutto il corpo; una figura indistinta (un’infermiera?) lo cura e lo assiste, gli somministra farmaci, gli inietta soluzioni misteriose e applica protesi in titanio ai suoi arti corrosi. In attesa che il corpo e la mente possano rigenerarsi, l’uomo lotta ogni secondo, registrando sensazioni e pensieri che emergono lentamente alla luce della coscienza. È come la mostruosa creatura di un film di fantascienza, immersa in una vasca di riciclaggio per umanoidi malati, a rigenerarsi per poi rinascere. Chi è quest’uomo? Perché si trova in quelle condizioni? Qual è il suo ruolo nella vicenda di Francesco?
Nel finale tutto sarà svelato, ogni tassello del puzzle andrà a posto; qualche intuizione verrà confermata, ma non mancheranno le sorprese, insieme a cupe riflessioni e amare considerazioni sull’essenza dell’uomo, questo miscuglio di bene e male; sulle speranze deluse, il bisogno di fidarsi di qualcuno e il rischio di farlo, sulle apparenze che ingannano, sirene ammaliatrici.
L’adolescente vive un momento delicato; è un vulcano di potenzialità inesplose, che potrebbero proiettarlo verso il paradiso, ma anche farlo implodere e scagliarlo negli abissi dell’inferno (la cantina, non a caso, rappresenta il primo gradino di questo simbolico descensus ad inferos).
Dovrebbe essere accompagnato nella crescita, protetto; invece troppi ragazzi sono costretti a subire violenze destinate a segnarli per sempre, a trasformare la loro vita in un incubo da cui non possono svegliarsi.
Consigliato a chi ama le storie forti.
Ho insegnato Lettere per 20 anni. Vorrei sfruttare le mie conoscenze/competenze in editoria, librerie, biblioteche, musei, servizi socio-culturali. Sono appassionata di storytelling, mindfulness, animali, ambiente.
1 annoGrazie antonia del sambro, Pierluigi (Pierre) Ibba 😊