IL CORPO "LESO"                                               Disabilità fisica e Psicoterapia
La colonna rotta, Frida Kahlo

IL CORPO "LESO" Disabilità fisica e Psicoterapia

“Lo scafandro del corpo non impedì alla farfalla di uscire e comunicare”

Jean-Dominique Bauby

 

L’uomo seduto nella penombra della sua stanza non si alzò per salutarmi. Non poteva più farlo. Un uomo alto e dalla struttura ossea robusta, il volto pallido, restava fermo nel suo corpo senza forza. Luca (questo è un nome di fantasia) era affetto dalla sclerosi multipla secondaria progressiva, che gli causava gravi disabilità fisiche.

Il corpo in cui Luca è fermo è un corpo inteso in senso biologico, come le parti che lo compongono e la loro organizzazione: il sistema muscolare, il sistema dermico, le ossa ecc.. Altra cosa è quello che definiamo invece corpo fenomenologico, ovvero quello che parla del soggetto e che racconta la sua visione del mondo. Con questo linguaggio, in una grammatica diversa, quella di un corpo leso, Luca si esprime ancora.

La psicoterapia del modello strutturale integrato riconosce la presenza di quattro linguaggi con regole specifiche, attraverso cui si esprime il sé: il primo è proprio il linguaggio corporeo da cui emergono gli altri, il linguaggio emotivo, il linguaggio fantastico e quello razionale. Ogni linguaggio è costituito da parti che sono organizzate tra loro in modo vario.

Il corpo quindi come primo linguaggio di sé, come prima espressione di ciò che siamo è lo strumento che permette all’individuo di comunicare i suoi vissuti e la sua visione del mondo ad un’ altra persona: si situa quindi sia al livello di soggettività che di intersoggettività. La legge che regola questo corpo fenomenologico è la “trasparenza” perché esso ci da un’accessibilità immediata all’individuo e a ciò che gli accade: il respiro, la gestualità, la mimica, il rilassamento o la tonicità muscolare, la struttura ossea, la reattività del sistema dermico, ma anche il contatto propriocettivo e con altri corpi sono solo alcuni degli elementi che ci parlano della persona e di come essa si relazioni, che ci danno informazioni preziose e chiare, poiché il corpo è il fenomeno che si manifesta “contra factum non est argumentum” (di fronte ai fatti non si discute).

Il corpo è prima di tutto la nostra storia, intesa in senso bio-psico-sociale, esso porta nella struttura i segni di ciò che siamo stati, di ciò che siamo e che saremo…potrei dire che è il luogo in cui risiede il nostro tempo soggettivo. Così anche un corpo che non parla è storia. Così anche un corpo leso come quello di Luca, è un corpo che dice di sé e che porta una storia tutta sua. Ed è proprio sul tempo che ho dovuto riflettere incontrando Luca, perché siamo abituati a valutare gli eventi, le capacità normali di una persona e la loro minore o maggiore adeguatezza anche in relazione all’età anagrafica di un individuo. Questa realtà non valeva più di fronte a Luca. Quello era infatti un corpo sospeso, dove la categoria del tempo non si accostava alla logica dell’età anagrafica: un uomo molto vecchio non ha forza per camminare, un bimbo neonato non può ancora restare in piedi. L’incontinenza è propria delle persone anziane o dei bambini molto piccoli. Questo è il corpo di Luca: ha novant’anni e al tempo stesso 6 mesi. È come un corpo troppo vecchio e stanco, o troppo piccolo e debole. È un corpo sospeso tra due epoche, in un tempo che non gli appartiene. Eppure porta con sé anche i segni di chi nel passato ha corso, lavorato, ballato, ha sollevato pesi e ha fatto l’amore. E anche nei suoi ricordi (linguaggio razionale), nei suoi sogni (linguaggio fantastico) in ciò che sente mentre me ne parla (linguaggio emotivo) io rivedo il passato di quest’uomo.

Leggere un corpo affetto da sclerosi multipla non è affatto semplice, poiché è vero, persiste ancora la legge della trasparenza, ma cambia ancora la grammatica del linguaggio e dobbiamo tenerne conto. E dobbiamo allora considerare tutto ciò che differisce da un corpo biologico e che funziona in modo normale e fare i conti con l’ipotonia di un corpo che è tale poiché la mielina è danneggiata, e poi con l’ipertonia muscolare legata alla spasticità, o con i tremori e con altre manifestazioni fisiche che sono sintomi della malattia…abbiamo di fronte un corpo in cui non possiamo creare delle modifiche con esercizi corporei che normalmente utilizzeremmo in psicoterapia: è questo un corpo che oltre ai diversi sintomi ha anche dei dolori cronici che influiscono sul respiro, sulla postura e su tutto il resto, un corpo che non risponde più alle leggi della fisiologia. E dobbiamo imparare allora una nuova grammatica e una nuova lingua se vogliamo ascoltarlo e capirlo. E dobbiamo inventare un modo per comunicare con lui. Allora diventa importante quel giorno in quella seduta, osservare anche solo come Luca svita il tappo della bottiglia dell’acqua…"ce la fa oggi?"; "gli andrà di traverso l’acqua stavolta?"; diventa importante il gonfiore di un arto… “ha fatto di nuovo la cura con il cortisone…ha avuto una ricaduta?”; “solleva un poco la gamba? Si muove un poco sulla sedia?” Ieri si…oggi no, non più.

Questo allora non è forse un corpo che parla e che influenza gli altri linguaggi di sé e ne viene a sua volta influenzato? Questo non è un corpo che parla all’altro e che crea intersoggettività? Certo che lo è, comunica in modo quasi prepotente, si insinua nel nostro campo visivo perché bisognerebbe distogliere lo sguardo per non vedere tutto questo, e il controtransfert è intenso. E così cambia tutto. Cambia il setting perché diventa quello della sua casa perché lui non può venire nel mio studio, cambia quindi lo spazio e le sue regole, e cambia il tempo come ho già detto. Così muta anche la relazione con il terapeuta e il controtransfert, perché inevitabilmente ci ritroviamo ad aver paura solo perchè bevendo l’acqua potrebbe andargli di traverso, ci ritroviamo ad esser contenti se quel giorno ci dice che è riuscito ad abbottonarsi la camicia da solo…e siamo anche noi arrabbiati per le barriere architettoniche che ha trovato facendo una passeggiata sulla sedia a rotelle; e poi siamo molto tristi se c’è una nuova compromissione delle sue capacità fisiche, di quel corpo biologico che va in frantumi.

Tutti questi cambiamenti, il lavoro in psicoterapia e la sua impostazione, e persino il terapeuta stesso, risentono quindi inevitabilmente dell’influenza enorme che ha il corpo, linguaggio predominante per la persona e con le persone.

Il compito di uno psicoterapeuta che si trovi di fronte ad un corpo con una malattia di questo o di altro genere, che comunque determini compromissioni fisiche, disabilità o dolori cronici, è proprio quello di imparare una lingua nuova, che insieme a quella che già conosce (mi riferisco alla teoria sul corpo e agli esercizi corporei che nel modello strutturale integrato vengono utilizzati), creino un incontro intersoggettivo in cui sia possibile capirsi e comunicare per poter aiutare l’altro nella sua sofferenza.

Dott.ssa Marina Di Iorio, Psicologa-Psicoterapeuta


Bibliografia

-Ariano G. (2000), Diventare uomo. L’antropologia della psicoterapia d’integrazione strutturale, Armando Editore, Roma

-Ariano G. (2010), Il corpo muto. Diagnosi e cura dell’anoressia mentale. Edizioni Sipitegrazioni, Casoria.

 

 

 

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