LETTERA ALLE ISTITUZIONI
CON PREGHIERA DI CONDIVISIONE
Riporto di seguito il testo della mia comunicazione inoltrata al Ministro della Giustizia, al Ministro del Lavoro, al Ministro dell’Economia, al Procuratore Generale della Repubblica, ai Componenti della II Commissione Giustizia del Senato e della Camera, ai Componenti della XI Commissione Lavoro del Senato e della Camera, alla Stampa, alle Associazioni di di tutela giuridica, alla Avvocatura.
Quanti vorranno ricevere la documentazione allegata sono pregati di richiederla al mio indirizzo mai : privato@panariellofranchini.it
IL TESTO
(NOTA in premessa.
L’allegato alla presente (lettera del 8 novembre 2017 al Ministro delle Finanze, al Ministro della Giustizia, al Ministro dell’Industria, al Procuratore della Repubblica di Napoli, al Dott. Fabrizio Corbo, all’Ivass - con gli allegati alla medesima -) esplica, sinteticamente e parzialmente, le vicende occorse che danno origine alla odierna comunicazione/denuncia su assenze di riscontro - e di attività - delle Istituzioni invocate.
Si precisa che il solo Procuratore della Repubblica di Napoli ne ha dato riscontro con l’apertura di un fascicolo – ad oggi in lavorazione, RGNR 3109347/17– affidato al Sostituto, Dott. D’Alessio; il medesimo che aveva richiesto l’archiviazione del procedimento RGNR 564798/16, ex 612 bis, di cui si riferisce in allegato.
I riferimenti discorsivi a circostanze manifestatesi sono sostenuti e validati dalla più ampia documentazione.)
Sono trascorsi 14 anni durante i quali la scrivente (ingabbiata tra asserzioni quali <avvocato lei ha passato un guaio>, <bisogna moralizzare l’ambiente … c’è un burattinaio> -sussurrate nei riserbi del Tribunale- e dichiarazioni in atti, quali <non vi è alcun credito a favore dell’avv. Panariello>, <assunse una serie di iniziative proditorie e strumentali, alcune addirittura tese sottesamente a coartare, la volontà dei Giudici di Pace> -reiteratamente postulate dai procuratori ex adverso-) è stata dilaniata nella sua integrità professionale, economica, esistenziale; subendo, altresì, per e nelle conseguenze che ne sono derivate, unitamente alla sua famiglia, l’offesa di ogni ignominia.
Strumento –inconsapevole, ovvero inerziale o, per alcuni versi, tollerante– si è manifestata una impudica inedia delle Istituzioni, invocate a tutela; inedia che, qui, pubblicamente, la scrivente denuncia.
Inedia, peraltro, che (sulla induzione all’errore a cui erano condotti i Giudici da una narrazione falsa, diffamante, calunniosa esposta dalla società “Generali Italia” –già, “Assitalia”, poi, “INA Assitalia”-) dava origine ad interpretazioni giurisprudenziali che non riconoscevano -finanche e quantomeno, sul piano dei diritti umani della scrivente- i principi fondanti della Costituzione e delle Leggi che ne discendono; principi screditati in interpretazioni della norma oltre la sua limpidezza lessicale.
La vicenda:
La scrivente, per motivi di indirizzo di vita, rinunciava ai mandati ad lites conferitile da “INA Assitalia”, di cui era procuratore fiduciario, emettendo, dopo preavviso, fatture a saldo per le attività svolte; fatture che erano rimesse alla società, quindi ricevute e trattenute dalla stessa.
La predetta non provvedeva –sebbene reiteratamente sollecitata– a soddisfare alcun pagamento; in tale assenza, la scrivente richiedeva e notificava decreti ingiuntivi.
La società proponeva opposizioni non sul merito, ma sulla eccezione di avere, la scrivente, prestato la propria attività quale “parasubordinata”: da ciò la sostenuta incompetenza del Giudice che li aveva emessi (volutamente ignorando la possibile restituzione delle fatture che, viceversa, tratteneva, contabilizzava e “affidava” al mercato giudiziario).
Eccezione di mero stile che, però, veniva accolta (non documentata, accettata sulla “parola”) dai Giudici dell’opposizione; “sollecitati” –in atti del procuratore ex adverso- , oltre ogni misura, a revocare i decreti e condannare la scrivente alle spese (poi, in appello, al doppio grado di giudizio).
Con nota che un ricorso avanzato dalla scrivente in Cassazione -nel 2007-, avverso una delle sentenze emesse, veniva rigettato dalla Corte con pronuncia del 2013; sebbene, in una precedente pronuncia, si fosse espressa sui requisiti necessari alla disciplina del rito del lavoro, individuando lo status di “parasubordinato” del professionista se questi sottoposto alla disciplina datoriale -evenienza esclusa per gli Avvocati di Foro, sottoposti alla disciplinare del COA, ieri, e del CDD, all’attuale-.
Né migliore sorte otteneva il successivo ricorso per dolo revocatorio; respinto sul presupposto che, sul precedente, la Corte si fosse pronunciata con sentenza di legittimità e non di merito; così, ancora, successivamente, la Suprema Corte non riteneva accogliere una istanza, erga omnes, sollecitata “nell’interesse della legge”.
La scrivente rileva che la pretesa e pretestuosa condizione di “parasubordinata” -attribuitale dai procuratori della società– veniva smentita, dalla stessa mandante, in una SIT, resa nel corso di un procedimento penale: ciò nonostante, ignorata da tutti i Magistrati aditi, cui portata a conoscenza, in sede civile e in sede penale (la SIT si legge in allegato B).
Un contenzioso, incancrenitosi, cui nessuno ha inteso porre freno con la benchè minima censura sul piano dei comportamenti; ancorchè, più gravemente, sul piano della responsabilità amministrativa degli enti prevista dal DLGS 231/01, più volte invocato in atti.
Un contenzioso divenuto spregevole, allorquando la società si è astenuta dal pagamento, finanche, di fatture non oggetto di contestazione; pagamento sollecitato nelle circostanze sia della diagnosi di carcinoma al coniuge della scrivente –per affrontarne le cure-, sia della intimazione di sfratto –per sanare una “morosità incolpevole”-.
Trascorrendo il tempo -o facendolo trascorrere- tra “rinvii” dal penale al civile e dal civile al penale (irrilevanza di sussistenza di reato, irrilevanza di ragioni in diritto -si leggono in allegato C- ); con una perseveranza “ammonitiva” che si trasfondeva –in civile - in reiterate, persino abnormi, condanne alle spese e -in penale- in reiterate archiviazioni.
Non ci si può sottrarre dal riferire, per tutte, la “esemplarità” di alcune delle ripetute motivazioni di rigetto e/o di archiviazione intervenute:
<… “con lo stile confuso ed involuto che le è proprio” non ha un contenuto lesivo della reputazione e della personalità altrui … tenuto conto, altresì, del pregiudizio che l’intero corso del procedimento potrebbe recare alle esigenze di lavoro della persona sottoposta alle indagini … >
<… Quanto alla documentazione acquisita dal dott. Michetti, correttamente il Tribunale ne ha dedotto l’irrilevanza, in quanto consistenti “in un elenco redatto dalla convenuta in occasione delle indagini penali condotte dalla PG” … Si evidenzia infatti che il fatto che delle fatture siano state ricevute e/o registrate dalla odierna comparente, non costituisce riconoscimento del debito. …>
<… In particolare, per quanto attiene a quella sub B), è da sottolineare che, con la missiva inviata alla Strazzullo, il Franchini pretendeva di accedere al locale sigillato in cui si trovavano i suoi quadri, al fine di una possibile vendita . Trattasi all’evidenza di una pretesa priva di fondamento giuridico, non avendo nessun obbligo la custode Strazzullo di consentire un accesso con tale finalità> (studio del coniuge, non esecutato, al quale erano stati impropriamente apposti i sigilli –vicenda dai contorni oscuri- ).
Privata di risorse, di strumenti tecnici, la scrivente si è trovata costretta, con il coniuge, a sopravvivere in una simil-latitanza; protestando i propri diritti con atti redatti pur con mezzi inadeguati; rivolgendo ricorsi, istanze al Ministro della Giustizia, al CSM, alla Corte dei Conti, al CNEL, all’ANAC, alla Guardia di Finanza, al Consiglio Nazionale Forense, all’Ordine territoriale, alla Disciplinare.
Sullo smantellamento professionale, economico, relazionale –sul degrado che ne è seguito- si sonno immesse -e continuano a fomentarsi- altre e diverse circostanze; tese ad ogni definitivo annientamento.
Valga per tutte la circostanza che, in un procedimento “senza contraddittorio”, sia stata accolta una richiesta di trasferimento dei beni familiari e del patrimonio artistico del coniuge (franchini: www.franchiniscripsit.it) non esecutato e che, recentemente, nelle more, ha vissuto gravi e drammatiche vicissitudini: intervento al cuore e radioterapia; peraltro, con una perizia estimativa non giurata e con una istanza di vendita –con evidenza: pronta a qualsivoglia uso-.
Potrebbe essere consentito, alla scrivente, illazionare sulla architettura di un progetto di smantellamento, azzeramento, delle propensioni sociali e professionali -di dedica creativa verso le stesse- che esprimevano, uniti, entrambi i coniugi: una ”vendetta” verso la libertà di pensiero e comportamenti etici; fino (e questo per la tangibilità degli effetti) a conseguenze suicidiarie?
Tecniche strategiche di un “omicidio bianco”?
Invero è diventato irrisolvibile il cumulo di debito erariale (con penali) derivato dal mancato pagamento e dal mancato versamento (da parte di “Generali Italia”) della ritenuta di acconto e della rivalsa IVA e CPNA: un vulnus che grava inesorabilmente sulla scrivente; compromettendone ogni recupero di iniziative sociali e professionali.
Con una domanda: chi restituirà (o pagherà) il tempo di vita e di lavoro che è stato sottratto? I danni diretti e indotti dal vortice della catastrofica situazione in cui la scrivente, con il coniuge, è stata precipitata?
Non vi è stato altro conforto, se non la scrittura di un testo teatrale –“ATTESE”- di cui si riporta:
<Mi scuote. Mi scoraggia. Che la giustizia mastichi gomme americane. Che tolleri dichiarazioni false in tutti gli atti giudiziari. Che tolleri sentenze copia-incolla. Che tolleri che organismi di controllo si astengano da qualsivoglia riscontro che abbia una logica di verità. Che tolleri che i presidi di legalità servano ad afferrare saldamente potere e controlli. Devianti e subdoli. Con troppe macchie. Che la giustizia, per i poveri cristi, si avvalga della facoltà di non rispondere. Di attese.
Sono ammutolita e dolente. Tutte le dinamiche mi sono note. Quelle sociali. Quelle culturali. Quelle familiari. Finanche quelle del potere. Quelle che chiamo razzismo di potere, quel potere vischioso, pretenzioso, paternalistico che si esercita ovunque. Fingo di non vedere i tradimenti.
Sono le indifferenze che mi ghiacciano e mi straziano l’anima.
È tutto? No!
Il più si tace. Sempre>
il testo completo si ritraccia su:
http://www.panariellofranchini.it/attese_carmela_panariello_franchini.htm
Questa, la denuncia ultima e definitiva che la scrivente affida alle Istituzioni e alle forze sociali che dichiarano, tutte, l’impegno al rinnovamento sociale e morale della Repubblica; che affida alla solidarietà di quanti avranno volontà di comprendere.
Ringrazia per l’attenzione.
avv. Carmela Panariello Franchini