Maternità e lavoro non sono antagonisti!?

Maternità e lavoro non sono antagonisti!?

di Annalaura Perfetto

A pochi giorni dalla celebrazione della #GiornataInternazionaleDellaDonna mi trovo a fare una riflessione sul benessere al femminile dal mio osservatorio: quello di donna, di compagna, di madre e lavoratrice.

Considero benessere come uno stato dinamico di equilibrio che ci permette di star bene e in armonia con noi stessi e nei sistemi sociali che abitiamo. Mentre scrivo mi rendo conto che, soprattutto in alcuni periodi della vita, raggiungere questo equilibrio possa essere arduo, come un’arrampicata a mani nude su una roccia liscia e senza imbracature. Ma senza farmi prendere dallo sconforto vi rammento di qualcuno che ci credeva molto e ce l’ha fatta (per i più curiosi, si chiama Alex Honnold, che nel 2017, a poco più di trent’anni, ha scalato El Capitan, una montagna che svetta per oltre 2000 metri nel parco dello Yosemite in California).

Come consulente ISMO, in questi dieci anni, mi sono occupata di attività di formazione, ricerca e consulenza in numerosi contesti organizzativi.

Vivendo e studiando le realtà organizzative da vicino mi rendo conto che il tema del benessere e la sua ricerca, è correlato al percorso di ciascuno per il raggiungimento di un futuro lavorativo migliore. Quello che però osservo è una differenza evidente tra uomini e donne, soprattutto quando il già faticoso viaggio verso un progetto professionale al femminile si intreccia ad un progetto di vita familiare. Accade, troppo spesso, che molte donne ridimensionano i propri obiettivi professionali, non vedendo una soluzione alle difficoltà organizzative imposte dagli impegni extra-lavorativi. Spesso ci si domanda come mai le donne non fanno carriera, non raggiungono i vertici delle organizzazioni.

Non si può scadere in facili generalizzazioni perché ogni donna fa scelte diverse così come ogni organizzazione esprime politiche differenti rispetto alla diversity e inclusion. Ciò nonostante accade troppo spesso che le donne non siano presenti in posizioni di rilievo perché impegnate a fare altro.

Nessuna delle mamme che ho incontrato rimpiange il tempo trascorso con i propri figli ma è evidente che le mamme che sono riuscite a mantenere un piede nella carriera e un piede in casa hanno difficoltà.

Infatti, anche se la concezione della famiglia sta cambiando e la genitorialità condivisa è una prassi sempre più diffusa, il sostenere obiettivi professionali ed impegni familiari resta un’impresa ardua. Il più delle volte la rinuncia alle ambizioni professionali tocca a noi donne anche per un pesante retaggio culturale del passato che condiziona il nostro presente e che ci induce a sacrificare una parte importante della vita. Il carico di lavoro molto sfidante può indurre a “mettere in pausa” la propria carriera, almeno finché i figli non saranno diventati “un po’ più autonomi”, creando così una distanza sempre maggiore con l’organizzazione che, molte donne, sentono difficile da colmare. Durante le giornate trascorse con le professioniste di diverse aziende con cui ISMO ha collaborato, ho ascoltato testimonianze di donne che al rientro dalla maternità, hanno dovuto rinunciare al loro ruolo per una evidente difficoltà nel seguire i cambiamenti, sempre più rapidi trainati anche dalla digitalizzazione.

A questo si aggiunge l’importanza del contesto Politico-Istituzionale del Paese in cui si vive e delle politiche di welfare a supporto delle famiglie e delle donne-madri-lavoratrici. Più il welfare è efficiente e attento ai cambiamenti e alle novità, più sarà possibile alla coppia e alla famiglia un maggior equilibrio sia interno che esterno.

Tuttavia è importante per ciascuna persona dare senso e trovare un proprio significato nell’attuale contesto, certamente in continuo mutamento, ma caratterizzato ancora dalla cultura del passato. Possiamo ipotizzare che un primo passaggio sia individuale e soggettivo e riguardi la capacità di legittimarsi nel proprio ruolo di donna, madre e lavoratrice.

Quando penso alla mia professione e quando vedo molte donne esprimersi in un lavoro che piace e appassiona, mi rendo conto che non bisogna perdere quel contatto ma restare in una dimensione di ascolto dei propri desideri, interessi e motivazioni. Legittimarsi senza avere il timore di riconoscere e riconoscersi nelle difficoltà che si vivono, chiedere supporto e aiuto senza sentirlo come un “fallimento” personale. Da questo punto di vista osservo che le donne stanno prendendo in mano la situazione. Ad esempio, continuando ad aggiornarsi, ampliando le proprie competenze e avendo il coraggio di affrontare ruoli e posizioni nuove rispetto a quelle conosciute, con la finalità di migliorare le proprie prospettive professionali. Acquisire sempre maggior consapevolezza del proprio valore, “potere” di scelta, di progettualità, raggiungendo il giusto riconoscimento economico e sociale è la sfida da sostenere con determinazione.

Il passaggio da una dimensione personale, intrapsichica e soggettiva, a una politico-istituzionale è altrettanto fondamentale se si vogliono sostenere le donne, alleggerendo il carico di lavoro mentale e fisico. Oggi, con maggior frequenza, riscontro nelle realtà organizzative, una maggiore consapevolezza sul fatto che, se una persona sta bene, rende molto di più, è proiettata verso un percorso di crescita, crede nel proprio sviluppo ed è disponibile ad assumersi responsabilità. La vera sfida è, pertanto, quella di non lasciare l’intera responsabilità al singolo ma lavorare affinché le Imprese e le Istituzioni si occupino collettivamente e investano sulle donne, riconoscendone il valore, coinvolgendole, sostenendone la motivazione e le competenze. Lavorare in un ambiente in cui non ci sente “sole” e in cui è chiaro il concetto che la maternità, non solo non è uno svantaggio per la donna, ma un’opportunità di nuovi apprendimenti, permette di non trasformare questo evento generativo in un bollino nero che macchia la carriera della donna o comunque la rallenta.

La strada è indubbiamente ancora lunga ma l’attenzione è alta e le donne da tempo fanno sentire la propria voce e si avverte il desiderio di condividere la propria storia e i propri vissuti.  D'altronde il tema della Diversity e Inclusion e in particolare la valorizzazione del femminile è all’evidenza del mondo internazionale. Per affrontare concretamente il problema rimane necessario essere attenti al benessere delle persone partendo dalle specifiche esigenze e desideri, con un approccio orientato alla condivisione affinché si possa realmente migliorare la qualità della vita e il benessere delle lavoratrici.  

 


Alcuni tips di benessere?

Ti suggeriamo la lettura di questi due libri:

  • “MAAM. La maternità è un master che rende più forti uomini e donne” di Andrea Vitullo e Riccarda Zezza, edito da Rizzoli (MAAM)
  • “Mamme e papà. Gli esami non finiscono mai” di Chiara Saraceno edito da Il Mulino (Mamme e papà)


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Elena Meneguzzo

Servizi generali presso ISMO

6 mesi

“Legittimarsi senza avere il timore di riconoscere e riconoscersi nelle difficoltà che si vivono, chiedere supporto e aiuto senza sentirlo come un “fallimento” personale”… credo che chiedere aiuto, perché a darlo siamo “allenate”, sia esattamene quello che soprattutto noi donne dovremmo imparare a fare. Un rapporto alla pari, equilibrato – in famiglia come nelle organizzazioni – si basa su un supportarsi, allearsi e completarsi reciprocamente. Ossia riconoscere i propri (e gli altrui) punti di forza e debolezza per sommarli e compensarli vicendevolmente. Stare in “ascolto dei propri desideri, interessi e motivazioni”, perché è dal rispetto per se stessi che nasce il vero rispetto per gli altri.. #ismosrl #wellbeing #BenessereOrganizzativo

Francesca Morgante

Consultant ISMO | Holistic Wellness Coach | Yoga&Meditation Instructor

6 mesi

Grazie per aver condiviso la tua prospettiva su questo importantissimo tema Annalaura!! Come si può non essere d'accordo sul tema di riconoscere i diversi livelli di responsabilità, ma soprattutto trovare una svolta a livello collettivo! <3

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