Recensione della mostra “Anselm Kiefer. Angeli caduti”, Palazzo Strozzi, Firenze

Recensione della mostra “Anselm Kiefer. Angeli caduti”, Palazzo Strozzi, Firenze

Il 22 marzo 2024 è stata inaugurata presso la sede fiorentina di Fondazione Palazzo Strozzi la mostra intitolata Anselm Kiefer. Angeli caduti che, in tal senso, segna un punto di svolta nella produzione di mostre d’arte contemporanea nel panorama artistico nazionale e internazionale. A cura di Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, l’esposizione è concepita come un itinerario attraverso vari livelli formali e concettuali. Alla base teorica della rassegna vi è dunque la ricerca attorno all’introspezione sull’essere umano, tra allegorie, forme e figure, tutti elementi con cui Kiefer traccia un’invisibile rotta esperienziale affinché il visitatore sia consapevole dei diversi stadi che affronterà durante il suo cammino, a tratti iniziatico. Inoltre, dall’osservazione diretta delle opere esposte è evidente l’intenzione dell’artista di unire espressioni differenti entro un linguaggio unitario e all’avanguardia, sperimentando con ogni tipo di medium: semi, piante, gesso, metalli, foglie d’oro, parole, figure, pittura, scultura, installazione e fotografia.

La mostra inizia con l’imponente opera intitolata Engelssturz (2022-2023), collocata nel cortile e da intendersi come una chiara anticipazione di ciò che seguirà nelle otto sale di Palazzo Strozzi. Realizzata appositamente come un significativo collegamento tra tradizione e contemporaneità, l’opera è costituita da materiali specifici - emulsione, olio, acrilico, gommalacca, foglia d’oro, tessuto, sedimento di elettrolisi e carboncino su tela - che Kiefer utilizza sapientemente al fine di creare immagini di forte impatto visivo. È nella caduta (non solo) simbolica dell’angelo che l’artista racchiude i temi scelti ed espressi nell’ambito della suddetta rassegna: mito, religione, misticismo, poesia e filosofia. Inoltre, Kiefer rivela che per la figura centrale si è liberamente ispirato all’opera di Luca Giordano (1634-1705). L’artista immortala nello specifico l’attimo in cui gli angeli ribelli vengono cacciati dal Paradiso dall’arcangelo Michele che, a sua volta, indica e riverbera la volontà divina nel metafisico fondo dorato. L’opera riflette perciò il conflitto per eccellenza, ossia quello tra il Bene e il Male, inducendo l’osservatore a riflettere sul significato di tale lotta e conferendo al concetto di «angeli caduti» un’accezione universale.

La prima sala accoglie Luzifer (2012-2023), ossia un dipinto che occupa l’intera parete dal quale fuoriesce l’ala di un aereo, mentre Lucifero precipita come gli altri angeli rinnegati prima di lui, raffigurati nelle vuote vesti tridimensionali. Il significato intrinseco dell’opera, permeata altresì dal mito di Icaro, risiede nell’esplicita contrapposizione tra le ali degli angeli e quelle di un aereo, dall’immagine di libertà all’emblema di distruzione e morte, con cui l’artista esplora l’essenza spirituale dell’anima e la sua rispettiva incarnazione nella materia.

La seconda sala comprende tre opere: Für Antonin Artaud: Helagabale (2023), SOL INVICTUS Heliogabal (2023) e Sol Invictus (1995). Esse rimandano alla produzione kieferiana degli anni Settanta dedicata alla figura di Marco Aurelio Antonino, detto Eliogabalo, controverso imperatore romano del III secolo che tentò di imporre il culto siriano del dio sole Baal come religione di Stato, ma invano. Inoltre, come si apprende dal booklet della mostra, il titolo Für Antonin Artaud: Helagabale allude al romanzo Héliogabale ou l’anarchiste couronné di Antonin Artaud (1896-1948), commediografo e saggista francese, dedicato all’imperatore Marco Aurelio Antonino. I fondi oro e i girasoli richiamano invece i culti solari con cui Kiefer celebra il trionfo della luce sulle tenebre. La xilografia Sol Invictus racchiude quindi la concezione ciclica del tempo e della vita, resa manifesta dalla presenza dei semi di girasole che cadono sulla figura distesa dell’artista, nell’estremità inferiore dell’opera. Dall’omaggio a Van Gogh al pensiero di Robert Fludd, che associava ogni pianta a una stella, i girasoli di Kiefer creano un legame tra il mondo terreno e quello celeste secondo un antico pensiero attribuibile a Platone.

Il terzo ambiente accoglie tre opere: La Scuola di Atene (2022), Vor Sokrates (2022) e Ave Maria (2022). Kiefer sostiene che la pittura è filosofia e quest’ultima, invero, è da sempre insita nel suo linguaggio artistico. Seguendo dunque il lungo percorso dell’evoluzione del pensiero, queste tele ospitano le figure di antichi filosofi presocratici vissuti tra il VII e il V secolo a. C., quali: Archimede, Anassimandro, Anassimene e Parmenide. Ne La Scuola di Atene è palese il rimando a Raffaello e all’omonimo affresco (1509-1511) presente nella Stanza della Segnatura in Vaticano, scelto come espressione della filosofia classica. L’opera chiude così il cerchio simbolico che unisce l’Universo e i fenomeni naturali dei presocratici ai temi etici e politici di Socrate. In Ave Maria, pertanto, sono inseriti sia i presocratici, tra cui Xenofane, Eraclito, Parmenide, Empedocle, Democrito, Protagora ed Epicuro, sia i postsocratici, cioè Platone, Aristotele e Diogene.

Nella quarta sala sono esposte tre opere: En Sof (2016), Das Balder-Lied (2018) e Danae (2016). L’elemento della vetrina è utilizzato da Kiefer sin dagli anni Ottanta, al cui interno inserisce materiali, oggetti e scritte con pluralistici riferimenti alla letteratura, alla storia e alla filosofia. En Sof (L’Infinito) è un chiaro omaggio alla Cabbala, alle dottrine mistiche ed esoteriche relative all’enigma di Dio e dell’Universo, e per tale ragione l’opera simboleggia la natura infinita del Creatore. La presenza della scala, che lega vicendevolmente il cielo e la terra, indica quindi il processo individuale di elevazione spirituale, accentuato dai nomi dei mondi (o regni) spirituali della Cabbala scritti sul piombo; al contrario, il serpente potrebbe essere associato ai concetti di tentazione e di conoscenza proibita. L’opera Das Balder-Lied (La Canzone di Balder) è caratterizzata da un ramo di vischio essiccato che troneggia su un libro in piombo aperto e posizionato per terra, nel quale si leggono tali versi: «Cosa disse Odino al defunto Balder / mentre giaceva sul catafalco di legno?». Le strofe sono tratte da una raccolta di canti norreni e si interrogano circa le parole che Odino pronuncia presso il feretro del figlio, ucciso involontariamente dal fratello Hödur con una freccia di vischio. La cecità di Hödur rappresenta l’oscurità e l’inverno, mentre Balder simboleggia la vitalità e la primavera. Nell’opera Danae un girasole in piombo germoglia dalle pagine di un libro aperto sul pavimento e i semi del fiore, che rimandano ai saperi mistico-esoterici della Cabbala e al pensiero di Fludd secondo cui a ogni pianta corrisponde una stella, sono dorati come la pioggia in cui Zeus si trasforma per fecondare Danae.

A seguire, nella quinta sala sono esibite quattro opere: Locus solus (2019-2023); Cynara (2023); A phantom city, phaked of philim pholk (2023); archaic zelotypia and the odium teleologicum (2023). Questo ambiente è destinato alla relazione di Kiefer con la letteratura e al dialogo tra l’artista e le opere letterarie. La vetrina centrale Locus solus (Il luogo solitario) è ispirata all’omonimo testo pubblicato nel 1914 di Raymond Roussel (1877-1933), in cui l’autore crea un legame tra il verbale e il visuale; inoltre, nella vetrina pende un’emanazione in piombo, elemento tridimensionale attraverso cui Kiefer allude al processo creativo secondo la concezione cabbalistica. Il dipinto Cynara si ispira alla mitologia egea e alla ninfa di cui Zeus si innamora; tuttavia, ella lo rifiuta e il dio greco, per punirla, la trasforma in un carciofo. Kiefer include questo dettaglio nella propria opera al fine di richiamare tangibilmente sia le metamorfosi in quanto tali, sia il testo di Ovidio. Le due opere A phantom city, phaked of philim pholk (Una città fantasma, falsata dalla folla dei film) e archaic zelotypia and the odium teleologicum (zelotipia arcaica e lo odium teleologicum) rimandano invece a Finnegans Wake, l’opera di James Joyce, capolavoro letterario di cui l’artista tenta di cogliere l’essenza e la profondità concettuale.

La sesta sala è particolarmente suggestiva in virtù della presenza di un’installazione immersiva intitolata Vestrahlte Bilder (1983-2023). L’ambiente ricorda uno studiolo o una vera e propria Wunderkammer, al cui interno l’artista colloca sessanta dipinti di diverso formato, realizzati nell’arco degli ultimi quarant’anni della sua carriera, che occupano l’intero spazio circostante. Grazie agli specchi rettangolari posizionati al centro della stanza è possibile contemplare complessivamente l’installazione Vestrahlte Bilder (Dipinti irradiati) e al visitatore è permesso quindi di immergersi totalmente nell’arte di Kiefer. L’artista ritiene che «la distruzione è un mezzo per fare arte» e l’uso di dipinti scoloriti a causa delle radiazioni invita perciò a riflettere sulla fragilità della vita e sulla trasformazione tipica dell’arte.

La penultima sala, la settima, comprende sei opere: Der Rhein (1982-2013); Dem unbekannten Maler (2013); Hortus Philosophorum (1997-2011); Daphne (2008-2011); Ave Maria turris eburnea (2017); Nemesis (2017). Seguendo pertanto un preciso ordine visivo-concettuale, Kiefer guida il pubblico verso determinati temi e soggetti a lui molto vicini: la sua infanzia, con l’opera Der Rhein (Il Reno); il ruolo politico del fiume Reno, simbolo della Germania romantica e wagneriana, cui si aggiungono gli artisti che hanno subìto repressione e coloro che sono stati censurati o dimenticati, tutte tematiche estrinsecate attraverso il titolo Dem unbekannten Maler (Al pittore ignoto) e le fortificazioni inserite nell’opera; la metafora della natura ciclica della vita, evocata dalla tela Hortus Philosophorum (Il Giardino dei Filosofi); la mitologia, espressa dalle sculture Die Frauen der Antike (Le Donne dell’Antichità), dalla ninfa Daphne (Dafne) e dalla dea greca della vendetta Nemesis (Nemesi); la litania lauretana Ave Maria turris eburnea (Ave Maria, torre d’avorio), che si ricollega al Cantico dei Cantici; Albrecht Dürer (1471-1528), ricordato da Kiefer mediante il poliedro.

L’ultima sala, la numero otto, ospita infine gli Heroische Sinnbilder (2009), tornando così al principio creativo dell’arte di Kiefer, vale a dire alle fotografie delle azioni intitolate Besetzungen (Occupazioni) e agli Heroische Sinnbilder (Simboli Eroici). Nel 1969, quando era ancora uno studente all’Accademia di Belle Arti, Kiefer si fece ritrarre presso varie località europee e in tutte le fotografie, in cui indossa l’uniforme da ufficiale della Wehrmacht del padre, imitava il saluto nazista. Poiché facilmente fraintendibile, è opportuno chiarire che l’obiettivo dell’artista era ed è unicamente quello di analizzare e sfidare in chiave provocatoria l’identità e la cultura tedesca.

Rievocando il crepuscolo della storia rappresentato dal nazismo, la precarietà della vita umana e la transitorietà del tempo, la mostra Anselm Kiefer. Angeli caduti si conclude simbolicamente con i versi di Salvatore Quasimodo (1901-1968), inscritti in corsivo da Kiefer stesso su una delle candide pareti dell’ottava sala, a significare l’importanza della poesia e della scrittura nel suo linguaggio artistico: «Ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera». Da un lato, dunque, l’eterno dialogo tra res e verba contraddistingue la poetica kieferiana e, dall’altro, conferisce il giusto senso e un preciso valore al titolo dell’esposizione, poiché esso custodisce il concetto di solitudine, dalla lotta per la felicità al tema della morte, quale fattore essenziale dell’esperienza di tutti quegli angeli caduti che, nel rifiuto dei limiti alienanti, sprofondano inevitabilmente nelle macerie della terra. Ciononostante, Kiefer ritiene che «le macerie sono come il fiore di una pianta; sono l’apice radioso di un incessante metabolismo, l’inizio di una rinascita».

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