Dossier Saipem
Premessa: preferiamo pubblicare certe riflessioni a borse europee chiuse.
Fonti qualificate contattate da OpenIndustria e vicine al dossier confermano che la fusione tra Saipem e Subsea7 porterà alla nascita di Saipem7, un colosso europeo nel settore dei servizi energetici offshore e onshore. L’operazione, strutturata come una fusione paritaria, prevede un portafoglio ordini aggregato di circa 43 miliardi di euro, con ricavi annui stimati attorno ai 20 miliardi di euro e un EBITDA superiore ai 2 miliardi di euro. La sede legale della nuova compagnia sarà a Milano, con doppia quotazione sulle borse di Milano e Oslo. Sul piano della governance, il CEO di Saipem, Alessandro Puliti, guiderà Saipem7, mentre il CEO di Subsea7, John Evans, sarà responsabile delle operazioni offshore.
Tuttavia, i dettagli finanziari e operativi rivelano un possibile trasferimento di valore industriale dall’Italia verso l’estero. Secondo i dati analizzati, circa il 70% delle revenues di Saipem derivanti dal settore E&C offshore confluiranno in una legal entity con sede a Londra, sotto la guida diretta di Subsea7, mentre le attività rimanenti – considerate di minore valore strategico – resteranno nella sede di Rogoredo.
La struttura dell’operazione solleva interrogativi sulla possibile frammentazione di Saipem. Secondo fonti di settore, l’accentramento delle attività più redditizie sotto il controllo diretto della norvegese Subsea7 potrebbe configurarsi come il primo passo verso una progressiva spoliazione di asset strategici italiani. Il governo è stato informato dell’operazione e, secondo indiscrezioni, starebbe valutando se attivare il golden power, il meccanismo che consente di bloccare o modificare operazioni societarie che possano compromettere l’interesse nazionale.
Resta quindi da capire se l’esecutivo intenda realmente difendere il controllo italiano su una delle sue principali realtà ingegneristiche o se questa fusione si trasformerà, di fatto, in una cessione mascherata di asset industriali chiave.