Perché dobbiamo combattere il Virus respiratorio sinciziale (Rsv)
Negli ultimi anni è diventato un problema di salute pubblica sempre più rilevante, anche a causa dell’evoluzione del patogeno in varianti più aggressive. Ora, come ogni autunno, l’infezione da virus respiratorio sinciziale (Rsv) torna prepotentemente a far parlare di sé. Ecco perché, in questi giorni, il ministero della Salute sta pensando a un piano da 50 milioni per potenziare le vaccinazioni.
Si tratta di un virus contagioso, causa comune di malattie respiratorie in tutto il mondo. Può colpire i polmoni e le vie respiratorie causando potenzialmente patologia grave se non addirittura la morte. A essere più interessati sono anziani e bambini.
Nel caso di questi ultimi, le conseguenze possono essere talvolta fatali, considerando che quasi un bambino su dieci nel primo anno di vita è costretto a ricorrere alle cure intensive, con quel che ne consegue in termini di tenuta dell’assistenza sanitaria, in un contesto di grande carenza di posti letto in questi reparti.
Secondo le stime più recenti, nell’Ue, circa 245 mila ricoveri ospedalieri annuali sono stati associati all’Rsv nei bambini di età inferiore ai cinque anni, con la maggior parte dei casi che si verificano tra i bambini di età inferiore a un anno. Anche negli anziani l’impatto della malattia è significativo. Ogni anno, il virus causa più di 465 mila ricoveri ospedalieri e circa 33 mila decessi in persone di 60 anni e più.
Dopo un decennio di ricerche, oggi anche in Italia è disponibile una doppia strategia per prevenire le conseguenze più gravi dell’infezione da Rsv: la somministrazione di un anticorpo monoclonale (nirsevimab) poche ore dopo la nascita a tutti i bambini che nascono nel semestre tra ottobre e marzo (per gli altri appuntamento rimandato all’autunno successivo) o la vaccinazione (con Abrysvo) delle donne nel terzo trimestre di gravidanza.
Per quanto riguarda gli anziani, invece, Abrysvo è rivolto anche a loro. Nel dettaglio, la profilassi è indicata per l’immunizzazione attiva di individui dai 60 anni in su. Approvato lo scorso agosto dall’Unione europea, il vaccino ha ottenuto anche il via libera dall’Agenzia italiana del farmaco.
Abrysvo – come riporta la recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – è passato infatti dalla classificazione di fascia Cnn (C non-negoziato) a quella di fascia C (a carico del cittadino), in attesa di ottenere la rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale.
Sul fronte della cronaca, nelle ultime settimane, l’Rsv è finito sotto i riflettori per una vicenda legata proprio alla rimborsabilità di nirsevimab. Una vicenda che ha portato a uno scontro interno al ministero della Salute, tra la direzione generale della programmazione sanitaria e quella della prevenzione.
La necessità di proteggere i più piccoli ha spinto i tecnici a invitare le Regioni a offrirlo a tutti i neonati. Ma mentre il primo ufficio ha specificato che le Regioni in piano di rientro (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia) non avrebbero potuto offrire l’opportunità ai cittadini, a differenza di tutte le altre (come previsto dalla legge, per tutte le prestazioni extra-Lea), la Prevenzione è corsa ai ripari per stoppare le voci di chi non ha tardato a definire questa scelta come un antipasto dell’autonomia differenziata.
Ma mentre la politica litiga, le associazioni fanno quadrato. Lo scorso marzo hanno promosso un’alleanza per promuovere l’immunoprofilassi passiva offerta dagli anticorpi monoclonali di nuova generazione somministrati entro il primo anno di vita.
Composta da società scientifiche, associazioni di pazienti e istituzioni, la neonata alleanza punta a unire gli sforzi per diffondere in tutte le Regioni la disponibilità di tali farmaci. Anche per questo la richiesta al ministero della Salute è quella di inserire la strategia nel calendario vaccinale.
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