Post di Francesco Spadera

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Siamo tutti idealisti! Siamo tutti idealisti. Possiamo avere ideali differenti, aspirazioni diverse e contrastanti, ma non ne potremo mai fare a meno. “Ogni individuo deve dare una risposta al problema della propria esistenza. È impossibile limitarsi a vivere, mangiare e bere, senza dare un senso alla propria vita. Dobbiamo sempre dare una risposta al problema dell’esistenza, sia teoricamente sia praticamente.” Che sia poi in sostanza un “problema” o meno è una pura questione etimologica. E probabilmente di consapevolezza. Il termine “consapevolezza” deriva dal latino “cum” e “sapere“, “sapere insieme”. Termine che assume un doppio significato: sapere con tutto se stesso, essere presenti a ciò che siamo dal punto di vista razionale e dal punto di vista emozionale, e sapere insieme ad altri, nel senso che la consapevolezza deriva anche dal confronto di più punti di vista, di esperienze differenti. Troppo spesso questo aspetto fondamentale viene completamente trascurato progetti - di qualsiasi natura - che ci troviamo ad affrontare. Dimentichiamo che siamo tutti idealisti. Dimentichiamo il perché, il significato, il senso. Non ne siamo più consapevoli. Questa parola denota inoltre un fenomeno estremamente intimo perché non è “un superficiale essere informati” e non è neppure la conoscenza cosiddetta intellettuale. La consapevolezza è una condizione in cui la conoscenza di qualcosa si fa interiore, profonda, viscerale, armonizzata col resto della persona, in un tutt’uno coerente. “È quel tipo di sapere che dà forma all’etica, alla condotta di vita, alla disciplina, rendendole autentiche.” È partecipazione attiva. È una postura. Soltanto chi è consapevole non subisce. Soltanto chi è consapevole può affrontare e rielaborare. Dice Siddhārtha Gautama Buddha nel Dhammapada: “La consapevolezza è il cammino per il senza morte, la mancanza di consapevolezza è il cammino per la morte. Coloro che sono consapevoli non muoiono, coloro che non lo sono è come se fossero già morti”. Può sembrare strano associare la consapevolezza della persona alla gestione di un progetto, eppure la mancanza di un’interazione continua tra strategia e operatività e i conseguenti “non risultati attesi”, molto probabilmente, derivano proprio dalla mancanza di consapevolezza. Del resto “Ciò che conosciamo di noi è solamente una parte, e forse piccolissima, di ciò che siamo a nostra insaputa”, diceva Pirandello. A volte mi chiedo se oggi una persona debba impazzire per poter percepire determinate cose. Vogliamo lavorarci un po’ su?

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Caterina Malavasi

Tendering Specialist

3 mesi

Lavorare sempre sulla consapevolezza affinché diventi postura è un percorso di sicuro impegnativo ,ma ne vale la pena. Grazie Francesco Spadera.

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