Post di Guido Picinelli

Visualizza il profilo di Guido Picinelli

COO - Sea & Air Executive manager presso Brighenti

mala tempora currunt... Migliaia di portuali statunitensi sono entrati in sciopero oggi 1 ottobre per chiedere salari più alti e maggiore sicurezza sul lavoro. Questo è il primo sciopero nei porti della costa orientale e del Golfo dal 1977, causato da un lungo stallo nelle trattative tra l’International Longshoremen’s Association (ILA) e la United States Maritime Alliance (USMX). Lo sciopero coinvolge circa 25.000 lavoratori e bloccherà le operazioni in molti porti su entrambe le coste e nel Golfo. L’ILA chiede aumenti salariali significativi e un divieto totale sull’uso di gru automatizzate e camion per il trasporto dei container. Il governo americano ha , al momento , mantenuto una posizione neutrale, rispettando i diritti di contrattazione collettiva. È evidente che l’impatto economico di uno sciopero prolungato per gli USA potrebbe essere incalcolabile, con la certezza di aumenti dei costi dei beni di consumo e carenze di prodotti, soprattutto in vista delle festività ma quel che più ci riguarda considerando il volume delle esportazioni italiane verso gli Usa l’altrettanto incalcolabile impatto sui costi di spedizione verso gli Stati Uniti per chiunque e da qualsiasi paese del mondo abbia in corso traffici marittimi. A ciò si aggiungeranno ritardi nelle consegne locali a causa dell’impossibilità di effettuare le movimentazioni portuali necessarie. Come già accaduto durante la pandemia mondiale di qualche anno fa, con il blocco dei porti si configurano lunghe attese in rada delle navi e, nello scenario peggiore, un blocco totale delle esportazioni verso gli USA, interrompendo così la fondamentale supply chain globale. Possiamo ipotizzare che almeno temporaneamente, sulla East Coast, i porti canadesi potranno assorbire parte del traffico se le compagnie di navigazione decideranno, per causa di forza maggiore, di dirottare più a nord le loro navi. Tuttavia, i porti canadesi sono già ampiamente sotto pressione e minacciati dallo sciopero delle ferrovie nazionali, che, se confermato, annullerebbe qualsiasi senso nel dirottare le navi verso il Canada. In conclusione, si tratta di una situazione potenzialmente esplosiva per la quale al momento non si vede una soluzione a breve termine. Naturalmente, le maggiori compagnie di navigazione hanno già annunciato (a partire dal 10/10/2024) l’applicazione di un “emergency surcharge” per le rotte verso gli USA pari a USD 1500/TEU. Come se non ne avessimo già abbastanza…

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi