MIA INTERVISTA A HUFFINGTON POST SU 3 MODI PER ALZARE I SALARI Occupazione record e salari bassi. Come va letto questo dato ambivalente? C’è da meravigliarsi che non si prenda atto che i problemi del mondo del lavoro di oggi non sono il Jobs act, i contratti a termine. Ma i salari, il part time involontario, i contratti collettivi che non vengono rinnovati e l’assenza di un salario minimo. Dieci anni fa, con il governo Renzi, il dibattito si concentrava principalmente su quanto fosse difficile per le aziende licenziare i lavoratori. Tutta la letteratura economica del decennio precedente era concentrata su questo: quanto le protezioni molto alte dello Statuto dei lavoratori in tema licenziamenti avessero influito sulla bassa occupazione di allora, portandoci in un mercato del lavoro più statico rispetto ad altri paesi. Invece, oggi? Oggi incredibilmente si parla ancora di Jobs act. Va ricordato che quella riforma non si occupa di salario minimo, contratti collettivi, part-time involontario. Non si occupa di cui oggi ci dobbiamo occupare. Giustamente: sono passati dieci anni. E il mondo è cambiato, perché nel 2014 uscivamo dalla doppia crisi del 2008 e del 2011-12. L’occupazione era al minimo. E c’era l’urgenza di intervenire su questo fronte. Un’altra proposta del centrosinistra degli ultimi mesi è l’introduzione del salario minimo. In questo caso è una battaglia adatta ad affrontare il problema? È una battaglia giusta. Io sono a favore del #salariominimo legale. E lo era anche il governo Renzi, tanto che lo inserì nella delega della riforma del lavoro dieci anni fa. Ci furono altre occasioni con il governo Conte II e anche con Draghi. Il problema è che erano e sono contrari i datori di lavoro ma anche i sindacati. Sono convinti che con il sistema della contrattazione collettiva coprono tutti i lavoratori. Ma questo non è vero. E infatti i salari non crescono, altrimenti non staremmo facendo questa intervista. Saranno tutti coperti, ma sono coperti male. Un altro grande problema attuale sono i contratti collettivi scaduti da anni, che sono più della metà del totale. Ci sono due sottoproblemi qui. Primo: nessun paese che punta sulla contrattazione collettiva riesce a coprire in maniera adeguata tutti i lavoratori. Pensiamo al 6-7% della forza lavoro che sono gli immigrati, la logistica, i delivery, la security nei locali ecc. Per i #salari bassi dei lavoratori non coperti da contratti collettivi, va introdotto il salario minimo. Mentre per tutti gli altri, quelli del secondo problema? Si può fare una norma che dice che se non rinnovi devi comunque poi recuperare ex post, quando firmi il nuovo contratto, l’inflazione. Non è tollerabile che le trattative restino in stallo perché i datori di lavoro non si siedono al tavolo in attesa che l’inflazione rientri. https://lnkd.in/dQp-Hez9
Post di Marco Leonardi
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È un quadro a tinte rosa quello tracciato dalla DG in cui si evidenzia che il tasso di #disoccupazione è ai minimi storici e che si è verificata, malgrado le crisi geopolitiche, una crescita dell’#occupazione, accompagnata da un’evoluzione salariale favorevole anche se i #salari reali non sono tornati ai livelli del 2019. Nel documento sono espresse preoccupazioni, oltre che per la protezione del #salariominimo, per la diminuzione del reddito nazionale destinato ai lavoratori dipendenti. Quadro allarmante per l’occupazione delle #donne che “sono rimaste fuori dal mercato del lavoro per gran parte della loro vita, spesso a causa della cura della #famiglia e delle responsabilità di #assistenza”. Una #retribuzione adeguata non può essere il risultato solo di "imposizioni" nazionali o europee, ma deve anche essere il risultato di #politiche #HR (#salary, #equity, #gender, #career, #welfare) utili a rendere l'azienda attrattiva ma anche a rendere stabile e continuativa la permanenza in azienda dei lavoratori dipendenti. Make RU-more! I nostri Servizi: #Compensation & #Benefit https://lnkd.in/dHzxVBx8 https://lnkd.in/dGpq7bZR
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𝐒𝐭𝐨𝐩 𝐚𝐢 𝐬𝐚𝐥𝐚𝐫𝐢 𝐛𝐚𝐬𝐬𝐢 - 𝐋𝐨𝐭𝐭𝐚 𝐚𝐢 𝐫𝐢𝐭𝐚𝐫𝐝𝐢 𝐧𝐞𝐢 𝐫𝐢𝐧𝐧𝐨𝐯𝐢 𝐝𝐞𝐢 𝐂𝐜𝐧𝐥 Anna Tauro nel suo articolo per ItaliaOggi analizza il XXV rapporto sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva, approvato all’unanimità dalla assemblea del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL) lo scorso 18 aprile. Il rapporto periodico #Cnel è uno strumento utile a comprendere quale sia l’andamento del mercato del lavoro, della produttività e delle retribuzioni, evidenziando le sfide e le opportunità che emergono per i lavorator italiani. Grazie ai dati analizzati è possibile presentare lo stato della contrattazione collettiva in Italia, agevolando la riflessione circa la scelta dello strumento più valido per salvaguardare la retribuzione dei lavoratori e migliorare le condizioni del lavoro povero. È necessario fare una valutazione sulle scelte strategiche per il futuro, guardando al superamento degli storici problemi del mercato del lavoro nel nostro Paese, in primo luogo l’ampia area di lavoro sommerso, oltre alla scarsa produttività del lavoro, che richiederebbe interventi mirati su formazione, riqualificazione professionale, ricerca e sviluppo. Per leggere l'articolo e conoscere l’attività svolta da EBCE segui il link 👉 : https://www.ebce.it/ #EBCE #ccnl #CNEL #salariominimo #lavoro #retribuzione #produttività #roma #italia
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Contrattare e non scioperare: PERCHÉ? Per aumentare i salari, ai sindacati non resta che lo strumento che un tempo si chiamava contrattazione, a partire dai tanti rinnovi in corso. Non certo bloccare proditoriamente ogni venerdì la gente che di quei salari ha bisogno. Tra l'altro se, come da tempo sostiene lo stesso Landini, le imprese hanno fatto tanti profitti, è attraverso i contratti collettivi che i lavoratori possono ottenere la loro parte. Ma questo vorrebbe dire spostare il focus dalla "rivolta sociale" fuori tempo e fuori luogo alla contrattazione e dall'opposizione politica all'economia reale. Ma quello che i sindacati si rifiutano di ammettere è che la storia recente dimostra che i salari più alti si trovano nei paesi in cui la produttività è più alta. E l'equazione da fare è semplice: Per avere una maggiore produttività, e dunque salari migliori, occorre scommettere più sulla “contrattazione decentrata”, dove le aziende contano di più e dove i sindacati contano di meno e meno sulla contrattazione nazionale, dove i sindacati contano di più e le aziende un po' meno. Ma per scommettere di più sulla contrattazione decentrata, che permetterebbe ai lavoratori di essere più produttivi e di essere pagati di più, i sindacati dovrebbero ammettere che l'unico modo per migliorare i salari in Italia è rinunciare a qualche contratto nazionale, togliendo dunque potere ai sindacati medesimi. Vale per il lavoro e vale per i salari. La verità che i sindacalisti non possono ammettere è che per avere stipendi migliori e avere più occupati più che rivoltare il paese come un guanto a essere rivoltato come un calzino dovrebbe essere con urgenza l'agenda dei sindacati.
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Negli ultimi 30 anni, solo un paese ha visto diminuire i salari (indovinate quale) a fronte di oltre il +30% di Francia e Germania (per non parlare degli altri ancora più performanti). Ma l’adozione del salario minimo non è la soluzione, perché non affronta la questione della produttività troppo bassa, delle insufficienti capacità tecnologiche e del capitale umano ai minimi nell’Ocse. Quanto è faticoso vivere dignitosamente in Italia!
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In quattro anni la quota di lavoratori dipendenti a bassa retribuzione è salita in Italia dal 9,8% al 10,7%. È quello che emerge dai nuovi dati Istat sulla Struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro, aggiornati lunedì. Tanto più interessanti alla luce della decisione del governo Meloni di chiudere la porta al salario minimo orario. L’incidenza dei dipendenti a bassa retribuzione, soglia che al momento corrisponde a 8,9 euro l’ora mentre nel 2018 era a 8,5 euro, è più alta tra le donne (12,2% contro 9,6% degli uomini), i giovani (fino a 29 anni, 23,6%) e i dipendenti con titolo di studio inferiore al diploma (18%). 📖 Leggi l'articolo completo su Il Fatto Quotidiano
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📢 Contrattazione collettiva e lavoro povero 📌 Problema: 💼 Il lavoro povero in Italia riguarda circa un lavoratore su dieci. 📉 Il salario basso è solo uno degli aspetti del problema, aggravato dalla quasi assenza di aiuti per chi lavora ma ha un reddito basso ("in-work benefits"). 🔎 Cause: 💻 Gig economy: Precarietà e bassi salari simili all'era pre-industriale. 📉 Indebolimento della contrattazione collettiva: Spostamento dell'economia verso settori meno sindacalizzati. 🔻 Diffusione di accordi al ribasso: Attacco ai contratti nazionali da parte di sindacati meno rappresentativi. ⚖️ Scarsa rappresentatività datoriale: Mancata misurazione della rappresentatività delle controparti datoriali. ⏳ Mancato rinnovo dei contratti: Ritardi nel rinnovo dei contratti in alcuni settori. 🧱 Indisponibilità alla contrattazione: Resistenza di alcune parti datoriali, anche in settori ad alta redditività. 💰 Incidenza del fisco: Limita le ricadute degli aumenti salariali sui lavoratori. 💡 Soluzioni proposte: 💪 Valorizzazione della contrattazione collettiva: Garanzia di trattamenti economici adeguati attraverso accordi siglati da parti sociali rappresentative. 📜 Applicazione delle norme esistenti: Utilizzo di strumenti come l'articolo 29 del Dlgs 276/2003 per contrastare il lavoro povero. 👮 Potenziamento dell'attività ispettiva: Maggiore efficacia dei controlli per garantire il rispetto delle norme. 📊 Misurazione della rappresentatività: Sia dei sindacati che delle associazioni datoriali. 📉 Intervento sul fisco: Ridurre l'incidenza delle tasse sugli aumenti salariali. ⚠️ Punti critici: 📊 Disomogeneità tra settori: Situazioni diverse in termini di rinnovo dei contratti e disponibilità alla contrattazione. 🆘 Assenza di "in-work benefits": Necessità di integrare il reddito dei lavoratori poveri. 🏁 Conclusioni: C'è consenso sulle potenzialità della contrattazione collettiva, ma permangono divergenze sulle modalità di attuazione e sulla necessità di interventi complementari. #ContrattazioneCollettiva #LavoroPovero #FIMCISL #DirittiLavoratori #SalarioMinimo #GigEconomy
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Sull’Italia pesa “l’assenza di un salario minimo” (presente in 30 Paesi Ocse su 38), ha precisato il direttore per l'Impiego e il lavoro Stefano Scarpetta. L'economista ha rimarcato “l'importanza di avere in momenti come questo un salario minimo, accompagnato da una commissione tripartita per valutarne il livello”. Secondo l’esponente Ocse il nostro Paese dovrebbe fare come la Germania, che nel 2015 ha introdotto il salario minimo pur avendo (come l'Italia) una “forte contrattazione collettiva”.
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In Italia la retribuzione media annua lorda é del 12% inferiore rispetto al resto d’Europa. Ma siamo sicuri che questa problematica dipenda solo dal mancato adeguamento dei salari italiani agli Standard Europei? Il problema infatti potrebbe dipendere anche da un errato inquadramento del lavoratore al momento della assunzione o da un mancato adeguamento del livello nel corso del rapporto che può determinare una discrepanza tra le mansioni effettivamente svolte e la retribuzione cui si avrebbe diritto. Quante persone conosciamo che percepiscono lo stesso stipendio da molti anni senza ottenere significativi aumenti? Quindi, per prima cosa, dobbiamo chiederci… sono correttamente inquadrato? Scopri di più: bit.ly/4bF2xsg Cambia approccio. Tutela il tuo valore. #merito #legalità
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SALARY GAP Il dibattito sul differenziale salariale tra Italia e gli altri Paesi europei è una questione centrale per comprendere la disparità economica e le sfide del mercato del lavoro italiano. Mentre molti ambiti geografici dell’Ue continuano a crescere e innovarsi, il sistema economico italiano sembra ancorato a rigidità e inefficienze che frenano l’aumento dei salari, mantenendo un divario rispetto alle principali economie continentali. Il mio ultimo articolo per affari italiani, nella consueta rubrica "L'economista indignato", dove analizzo le ragioni di questa divergenza, considerando le variabili storiche, strutturali e politiche che influenzano i salari e stipendi in Italia rispetto al resto d’Europa. https://lnkd.in/dmEbirS8
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Quadro Risorse Umane
10 mesiPer incrementari salari e stipendi aggiungerei anche i seguenti temi: potenziare la contrattazione di secondo livello, incrementare il welfare detassandolo del tutto, introdurre il concetto di salario reale nei rinnovi contrattuali (in passato c'erano le c.d. gabbie salariali) ed estendere erga omnes i CCNL per le aree/settori non adeguatamente coperti. Oltre ovviamente ad una riforma sistemica del fisco ed una riduzione strutturale del cuneo fiscale.