📢 Contrattazione collettiva e lavoro povero 📌 Problema: 💼 Il lavoro povero in Italia riguarda circa un lavoratore su dieci. 📉 Il salario basso è solo uno degli aspetti del problema, aggravato dalla quasi assenza di aiuti per chi lavora ma ha un reddito basso ("in-work benefits"). 🔎 Cause: 💻 Gig economy: Precarietà e bassi salari simili all'era pre-industriale. 📉 Indebolimento della contrattazione collettiva: Spostamento dell'economia verso settori meno sindacalizzati. 🔻 Diffusione di accordi al ribasso: Attacco ai contratti nazionali da parte di sindacati meno rappresentativi. ⚖️ Scarsa rappresentatività datoriale: Mancata misurazione della rappresentatività delle controparti datoriali. ⏳ Mancato rinnovo dei contratti: Ritardi nel rinnovo dei contratti in alcuni settori. 🧱 Indisponibilità alla contrattazione: Resistenza di alcune parti datoriali, anche in settori ad alta redditività. 💰 Incidenza del fisco: Limita le ricadute degli aumenti salariali sui lavoratori. 💡 Soluzioni proposte: 💪 Valorizzazione della contrattazione collettiva: Garanzia di trattamenti economici adeguati attraverso accordi siglati da parti sociali rappresentative. 📜 Applicazione delle norme esistenti: Utilizzo di strumenti come l'articolo 29 del Dlgs 276/2003 per contrastare il lavoro povero. 👮 Potenziamento dell'attività ispettiva: Maggiore efficacia dei controlli per garantire il rispetto delle norme. 📊 Misurazione della rappresentatività: Sia dei sindacati che delle associazioni datoriali. 📉 Intervento sul fisco: Ridurre l'incidenza delle tasse sugli aumenti salariali. ⚠️ Punti critici: 📊 Disomogeneità tra settori: Situazioni diverse in termini di rinnovo dei contratti e disponibilità alla contrattazione. 🆘 Assenza di "in-work benefits": Necessità di integrare il reddito dei lavoratori poveri. 🏁 Conclusioni: C'è consenso sulle potenzialità della contrattazione collettiva, ma permangono divergenze sulle modalità di attuazione e sulla necessità di interventi complementari. #ContrattazioneCollettiva #LavoroPovero #FIMCISL #DirittiLavoratori #SalarioMinimo #GigEconomy
Post di Mauro Zuglian
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Purtroppo molte aziende non capiscono che la loro maggior ricchezza è data dalle risorse interne. Risulta quindi fondamentale valorizzarle e riconoscrne il relativo potenziale. Capacità ormai rara da trovare.
💶💶💶 ❌ 𝐈 𝐬𝐚𝐥𝐚𝐫𝐢 𝐢𝐧 𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚: 𝐟𝐨𝐫𝐬𝐞 è 𝐢𝐥 𝐜𝐚𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐢𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐢 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐢... Il commento di Tito Boeri e Roberto Perotti "Più occupati, meno salari", uscito su La Repubblica in occasione del Primo Maggio, richiede delle precisazioni, come spiega il nostro segretario generale Massimo Fiaschi qui: ➡️ https://bit.ly/3UsxloE 📍 𝐍𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐨𝐦𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨, 𝐬𝐞𝐦𝐛𝐫𝐚 𝐜𝐢 𝐬𝐢𝐚 𝐮𝐧 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐥𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐢 𝐌𝐚𝐧𝐚𝐠𝐞𝐫𝐢𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚, dove, in particolare, si afferma che i dirigenti “sono in gran parte riusciti a salvaguardare il potere d’acquisto delle loro retribuzioni” rispetto agli impiegati e operai. 📍 Un dato che è confermato dalla sindacalizzazione in Italia, dove “la percentuale di lavoratori iscritti al sindacato è un terzo di quella dichiarata”, mentre i dirigenti iscritti a Manageritalia sono, certificati, circa l’85% dei dirigenti del settore. 📍 Ma l’affermazione deve essere meglio ponderata. 𝐋𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐠𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐦𝐢𝐧𝐢𝐦𝐨 𝐝𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐨 (che nel 2025 sarà 60.760 euro) e una parte, a volte importante, costituita da superminimo contrattuale, retribuzione variabile e benefit individuali. 📍 Tutto insieme un dirigente del settore da noi rappresentato ha una 𝐫𝐞𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐚 𝐥𝐨𝐫𝐝𝐚 𝐚𝐧𝐧𝐮𝐚 𝐝𝐢 𝐜𝐢𝐫𝐜𝐚 105.000 𝐞𝐮𝐫𝐨, 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐧𝐬𝐢𝐯𝐚 𝐝𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐯𝐚𝐫𝐢𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞. Questo per dire che se i dirigenti sono riusciti a mantenersi la retribuzione, si deve una parte al contributo di Manageritalia, che agisce sui minimi, aiuta certo la salvaguardia, ma tanto è dipeso dal potere contrattuale individuale dei dirigenti. 📍 Dove torna utile dunque il contratto collettivo di lavoro? Certamente aiuta a muovere la retribuzione tra i dirigenti, che non hanno più quella spinta individuale. Quando la retribuzione è ferma, il contratto corre in soccorso. 📍 𝐀𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐜𝐢𝐬𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 è 𝐬𝐞, 𝐧𝐞𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞, 𝐥𝐞 𝐫𝐞𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐝𝐞𝐢 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐠𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐢𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚𝐧𝐢 𝐬𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐚𝐝𝐞𝐠𝐮𝐚𝐭𝐞 𝐨 𝐩𝐮𝐫𝐞 𝐧𝐨. 📍 Confrontati con i lavoratori di pari professionalità, i dirigenti italiani ne escono male dal punto di vista del reddito, salvo poi essere tra i più pagati quando sono loro a gestire aziende all’estero. 📍 Secondo Marco Leonardi, professore Ordinario di Economia Politica all’Università Statale di Milano ed ex capo Dipartimento della Programmazione Economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio, il problema dei salari bassi italiani riguarda anche la mancanza di posizioni elevate, con i salari sopra i 35mila euro lordi annui, pari al 13% dei contribuenti: troppo poco, specialmente se poi a loro è chiesto di sostenere il 63% dell’Irpef totale. ❓❓❓ Cosa ne pensate?
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Negli ultimi mesi, il dibattito sulle basse retribuzioni e i diritti dei lavoratori è cresciuto in rilevanza. In Italia, nel 2023, oltre 2 milioni di famiglie vivevano in povertà assoluta, mentre oggi, secondo l'Istat, 14,3 milioni di persone sono a rischio povertà o esclusione sociale, percependo meno del 60% del salario medio nazionale. La contrattazione collettiva regola i salari, ma molti contratti non vengono rinnovati da anni, alcuni contratti sono scaduti da decenni. Nel settore della vigilanza privata, l'aumento del salario orario da 5 a 6 euro è previsto solo per il 2026. I salari fissati dalla contrattazione collettiva spesso sono inferiori alla media europea, con cifre notevolmente basse in vari settori come il turismo, i servizi socio-assistenziali e la vigilanza privata. Il fenomeno dei "working poors", con oltre 4 milioni di lavoratori che, pur essendo regolarmente assunti, guadagnano meno della soglia di povertà relativa, è sempre più diffuso. Il Segretario Generale del Sindacato CLAS, Davide Favero, osserva che la contrattazione collettiva da sola non è più sufficiente a garantire salari e condizioni dignitose per milioni di lavoratori. Propone l'istituzione di una legge sul salario minimo come soluzione per aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori, stimolare i consumi e ridurre le disuguaglianze, migliorando così l'economia generale del paese. 📞 379 1498919 📧 segreteria@sindacatoclas.it 🌐 www.sindacatoclas.it
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💶💶💶 ❌ 𝐈 𝐬𝐚𝐥𝐚𝐫𝐢 𝐢𝐧 𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚: 𝐟𝐨𝐫𝐬𝐞 è 𝐢𝐥 𝐜𝐚𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐢𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐢 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐢... Il commento di Tito Boeri e Roberto Perotti "Più occupati, meno salari", uscito su La Repubblica in occasione del Primo Maggio, richiede delle precisazioni, come spiega il nostro segretario generale Massimo Fiaschi qui: ➡️ https://bit.ly/3UsxloE 📍 𝐍𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐨𝐦𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨, 𝐬𝐞𝐦𝐛𝐫𝐚 𝐜𝐢 𝐬𝐢𝐚 𝐮𝐧 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐥𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐢 𝐌𝐚𝐧𝐚𝐠𝐞𝐫𝐢𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚, dove, in particolare, si afferma che i dirigenti “sono in gran parte riusciti a salvaguardare il potere d’acquisto delle loro retribuzioni” rispetto agli impiegati e operai. 📍 Un dato che è confermato dalla sindacalizzazione in Italia, dove “la percentuale di lavoratori iscritti al sindacato è un terzo di quella dichiarata”, mentre i dirigenti iscritti a Manageritalia sono, certificati, circa l’85% dei dirigenti del settore. 📍 Ma l’affermazione deve essere meglio ponderata. 𝐋𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐠𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐦𝐢𝐧𝐢𝐦𝐨 𝐝𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐨 (che nel 2025 sarà 60.760 euro) e una parte, a volte importante, costituita da superminimo contrattuale, retribuzione variabile e benefit individuali. 📍 Tutto insieme un dirigente del settore da noi rappresentato ha una 𝐫𝐞𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐚 𝐥𝐨𝐫𝐝𝐚 𝐚𝐧𝐧𝐮𝐚 𝐝𝐢 𝐜𝐢𝐫𝐜𝐚 105.000 𝐞𝐮𝐫𝐨, 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐧𝐬𝐢𝐯𝐚 𝐝𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐯𝐚𝐫𝐢𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞. Questo per dire che se i dirigenti sono riusciti a mantenersi la retribuzione, si deve una parte al contributo di Manageritalia, che agisce sui minimi, aiuta certo la salvaguardia, ma tanto è dipeso dal potere contrattuale individuale dei dirigenti. 📍 Dove torna utile dunque il contratto collettivo di lavoro? Certamente aiuta a muovere la retribuzione tra i dirigenti, che non hanno più quella spinta individuale. Quando la retribuzione è ferma, il contratto corre in soccorso. 📍 𝐀𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐜𝐢𝐬𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 è 𝐬𝐞, 𝐧𝐞𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞, 𝐥𝐞 𝐫𝐞𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐝𝐞𝐢 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐠𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐢𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚𝐧𝐢 𝐬𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐚𝐝𝐞𝐠𝐮𝐚𝐭𝐞 𝐨 𝐩𝐮𝐫𝐞 𝐧𝐨. 📍 Confrontati con i lavoratori di pari professionalità, i dirigenti italiani ne escono male dal punto di vista del reddito, salvo poi essere tra i più pagati quando sono loro a gestire aziende all’estero. 📍 Secondo Marco Leonardi, professore Ordinario di Economia Politica all’Università Statale di Milano ed ex capo Dipartimento della Programmazione Economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio, il problema dei salari bassi italiani riguarda anche la mancanza di posizioni elevate, con i salari sopra i 35mila euro lordi annui, pari al 13% dei contribuenti: troppo poco, specialmente se poi a loro è chiesto di sostenere il 63% dell’Irpef totale. ❓❓❓ Cosa ne pensate?
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Immagino ti sia capitato diverse volte di sentir parlare di specialisti che per i loro interventi chiedevano moltissimi soldi. La verità è che le persone cercano qualcuno che sia in grado di offrire loro soluzioni concrete in poco tempo e senza disagi. Per queste soluzioni sono disposti anche a pagare molto denaro, ma vogliono vedere risultati concreti e non perdere tempo. La professionalità si paga Non devi infatti pensare solamente al costo iniziale, ma a quanto potrai guadagnare in più grazie ad un progetto mirato che non ti farà perdere tempo e denaro. Perché tutti possono girare una vite, ma solo il professionista sa dirti subito quale è quella che devi girare, senza inutili perdite di tempo Queste scelte fanno il successo di un'azienda! ( WM)
💶💶💶 ❌ 𝐈 𝐬𝐚𝐥𝐚𝐫𝐢 𝐢𝐧 𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚: 𝐟𝐨𝐫𝐬𝐞 è 𝐢𝐥 𝐜𝐚𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐢𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐢 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐢... Il commento di Tito Boeri e Roberto Perotti "Più occupati, meno salari", uscito su La Repubblica in occasione del Primo Maggio, richiede delle precisazioni, come spiega il nostro segretario generale Massimo Fiaschi qui: ➡️ https://bit.ly/3UsxloE 📍 𝐍𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐨𝐦𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨, 𝐬𝐞𝐦𝐛𝐫𝐚 𝐜𝐢 𝐬𝐢𝐚 𝐮𝐧 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐥𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐢 𝐌𝐚𝐧𝐚𝐠𝐞𝐫𝐢𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚, dove, in particolare, si afferma che i dirigenti “sono in gran parte riusciti a salvaguardare il potere d’acquisto delle loro retribuzioni” rispetto agli impiegati e operai. 📍 Un dato che è confermato dalla sindacalizzazione in Italia, dove “la percentuale di lavoratori iscritti al sindacato è un terzo di quella dichiarata”, mentre i dirigenti iscritti a Manageritalia sono, certificati, circa l’85% dei dirigenti del settore. 📍 Ma l’affermazione deve essere meglio ponderata. 𝐋𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐠𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐦𝐢𝐧𝐢𝐦𝐨 𝐝𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐨 (che nel 2025 sarà 60.760 euro) e una parte, a volte importante, costituita da superminimo contrattuale, retribuzione variabile e benefit individuali. 📍 Tutto insieme un dirigente del settore da noi rappresentato ha una 𝐫𝐞𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐚 𝐥𝐨𝐫𝐝𝐚 𝐚𝐧𝐧𝐮𝐚 𝐝𝐢 𝐜𝐢𝐫𝐜𝐚 105.000 𝐞𝐮𝐫𝐨, 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐧𝐬𝐢𝐯𝐚 𝐝𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐯𝐚𝐫𝐢𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞. Questo per dire che se i dirigenti sono riusciti a mantenersi la retribuzione, si deve una parte al contributo di Manageritalia, che agisce sui minimi, aiuta certo la salvaguardia, ma tanto è dipeso dal potere contrattuale individuale dei dirigenti. 📍 Dove torna utile dunque il contratto collettivo di lavoro? Certamente aiuta a muovere la retribuzione tra i dirigenti, che non hanno più quella spinta individuale. Quando la retribuzione è ferma, il contratto corre in soccorso. 📍 𝐀𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐜𝐢𝐬𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 è 𝐬𝐞, 𝐧𝐞𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞, 𝐥𝐞 𝐫𝐞𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐝𝐞𝐢 𝐝𝐢𝐫𝐢𝐠𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐢𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚𝐧𝐢 𝐬𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐚𝐝𝐞𝐠𝐮𝐚𝐭𝐞 𝐨 𝐩𝐮𝐫𝐞 𝐧𝐨. 📍 Confrontati con i lavoratori di pari professionalità, i dirigenti italiani ne escono male dal punto di vista del reddito, salvo poi essere tra i più pagati quando sono loro a gestire aziende all’estero. 📍 Secondo Marco Leonardi, professore Ordinario di Economia Politica all’Università Statale di Milano ed ex capo Dipartimento della Programmazione Economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio, il problema dei salari bassi italiani riguarda anche la mancanza di posizioni elevate, con i salari sopra i 35mila euro lordi annui, pari al 13% dei contribuenti: troppo poco, specialmente se poi a loro è chiesto di sostenere il 63% dell’Irpef totale. ❓❓❓ Cosa ne pensate?
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Lunedì scorso, 27 gennaio, sono stato ospite di Mattino News su Political TV per affrontare un tema cruciale per il nostro Paese: il salario minimo. Un argomento dibattuto, spesso con toni polarizzati, ma che merita un'analisi approfondita e scevra da facili slogan. Nel corso dell'intervista, ho cercato di offrire il mio contributo basato su dati e sull'esperienza maturata sul campo. Vorrei condividere con voi alcuni spunti emersi durante la trasmissione, nella speranza di stimolare una riflessione costruttiva. In Italia, la stragrande maggioranza dei lavoratori (circa il 95-97%) è tutelata da contratti collettivi. Questi strumenti, frutto di anni di battaglie e conquiste sindacali, spesso prevedono retribuzioni superiori al salario minimo. Introdurre quest'ultimo, a mio avviso, potrebbe paradossalmente innescare una sorta di "corsa al ribasso", con le aziende che tenderebbero ad allinearsi verso il basso, anziché verso l'alto. Un altro punto critico riguarda l'applicazione del salario minimo agli appalti pubblici. In un contesto già caratterizzato da una forte concorrenza al ribasso, l'introduzione di un salario minimo potrebbe incentivare ulteriormente questa dinamica, con conseguenze negative sulla qualità del lavoro e dei servizi offerti. Ritengo che sia più efficace concentrarsi su altri strumenti, come l'istituzione di sportelli di ascolto e denuncia per i lavoratori che subiscono pratiche scorrette. Incentivare il whistleblowing e rafforzare i controlli potrebbe essere una strategia più efficace per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori. La contrattazione di secondo livello, ovvero quella che si svolge a livello aziendale, rappresenta un'opportunità preziosa per colmare i gap salariali tra aree geografiche e di genere. Valorizzare questo strumento, spesso sottovalutato, potrebbe contribuire a una maggiore equità retributiva. Infine, vorrei sottolineare l'importanza del ruolo dello Stato nel supportare le imprese. Ridurre il costo del lavoro attraverso servizi e misure di welfare per i lavoratori potrebbe rendere le aziende più competitive e stimolare la crescita economica. La legge 30 approvata dalla Regione Puglia, e successivamente impugnata dal Consiglio dei Ministri, è un esempio di come le iniziative regionali in materia di lavoro possano sollevare questioni di costituzionalità. Questo caso evidenzia la necessità di un approccio coordinato e sinergico tra Stato e Regioni per affrontare le sfide del mercato del lavoro. Sono convinto che solo attraverso un dibattito aperto e costruttivo si possano trovare soluzioni efficaci per migliorare le condizioni di lavoro e promuovere una crescita economica sostenibile. E voi cosa ne pensate? #salariominimo #lavoro
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È un quadro a tinte rosa quello tracciato dalla DG in cui si evidenzia che il tasso di #disoccupazione è ai minimi storici e che si è verificata, malgrado le crisi geopolitiche, una crescita dell’#occupazione, accompagnata da un’evoluzione salariale favorevole anche se i #salari reali non sono tornati ai livelli del 2019. Nel documento sono espresse preoccupazioni, oltre che per la protezione del #salariominimo, per la diminuzione del reddito nazionale destinato ai lavoratori dipendenti. Quadro allarmante per l’occupazione delle #donne che “sono rimaste fuori dal mercato del lavoro per gran parte della loro vita, spesso a causa della cura della #famiglia e delle responsabilità di #assistenza”. Una #retribuzione adeguata non può essere il risultato solo di "imposizioni" nazionali o europee, ma deve anche essere il risultato di #politiche #HR (#salary, #equity, #gender, #career, #welfare) utili a rendere l'azienda attrattiva ma anche a rendere stabile e continuativa la permanenza in azienda dei lavoratori dipendenti. Make RU-more! I nostri Servizi: #Compensation & #Benefit https://lnkd.in/dHzxVBx8 https://lnkd.in/dGpq7bZR
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Il Cnel accende i riflettori sul “valore del lavoro”. Il parametro dell’ora-lavoro, infatti, non è più sufficiente a misurare il valore economico dello scambio di prestazioni di lavoro. Lo spiega nel XXV rapporto sul mercato del lavoro e sulla contrattazione collettiva nell’anno 2023 approvato dall’assemblea il 18 aprile, che evidenzia come gli italiani siano tra i lavoratori più poveri. Nei trent’anni dal 1991 al 2022, in particolare, i salari risultano sostanzialmente stagnanti con una crescita di appena l’1% contro il 32,55% in media dei paesi dell’Ocse. In questo modo, i salari perdono potere d’acquisto; e ne perdono anche per l’atavico ritardo dei rinnovi contrattuali. Per esempio, nel 2023 i minimi di paga oraria fissati dalla contrattazione sono cresciuti del 2,4%, in misura inferiore all’inflazione salita, invece, del 5,9%; inoltre, sono ancora 5 milioni i lavoratori che aspettano il rinnovo del proprio Ccnl. La necessità d’indagare su nuovi criteri di valutazione del lavoro sarà sollecitata, secondo il Cnel, da due prossimi appuntamenti: il salario minimo, con la Direttiva UE 2022/2041 da recepire entro il 15 novembre 2024 e la parità retributiva tra uomini e donne, con la Direttiva UE 2023/970 da recepire entro il 7 luglio 2026. Infine, il rapporto espone un primo quadro dei dati relativi ai Ccnl applicati in azienda, come indicato dai datori di lavoro all’Inps nei flussi mensili UniEmens (denunce contributive). Su #ItaliaOggi 7 (29-4-2024)
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📢 Introduzione del Salario Minimo Legale in Italia📢 L’Italia è pronta ad un punto di svolta con l’introduzione del salario minimo legale, una misura che promette di garantire retribuzioni più giuste e dignitose per tutti i lavoratori. Questa decisione rappresenta un passo avanti fondamentale nella tutela dei diritti lavorativi e nella lotta contro il lavoro sottopagato. Ma cosa cambia concretamente? Tutti i lavoratori avranno diritto a un salario minimo di 10 euro lordi all’ora. Le aziende avranno quindi un periodo di transizione per adeguarsi a questa nuova normativa, e per chi non si conforma sono previste sanzioni importanti. Per chi si occupa di amministrazione del personale, questa novità porta con sé delle sfide, ma anche tante opportunità. Sarà necessario: - Rivedere le politiche retributive, garantendo che ogni dipendente riceva il compenso minimo previsto. - Formare e aggiornare i team HR, così da gestire correttamente contratti, cedolini e domande dei dipendenti. - Ristrutturare i budget aziendali, per allinearsi ai nuovi standard senza compromettere la sostenibilità economica. Questa riforma, però, non è solo un cambiamento normativo. È un invito a riflettere sul valore del lavoro e sulla centralità delle persone nelle organizzazioni. Garantire una retribuzione equa significa promuovere una cultura aziendale basata sull’equità e sul rispetto, elementi fondamentali per il successo nel lungo termine. #DirittoDelLavoro #SalarioMinimo #AmministrazioneDelPersonale #HR #RetribuzioneEqua #AggiornamentiNormativi #LavoroInItalia #SviluppoAziendale
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🤝 Politica e lavoro: un legame fondamentale per il futuro dei diritti dei lavoratori. I Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) rappresentano il fulcro della giustizia sociale e della dignità lavorativa. Ma quanto è forte oggi questo legame tra politica e tutela dei lavoratori? 🔎 L'Italia conta oltre 900 CCNL, ma frammentazione e contratti al ribasso minano il benessere di molti. Serve una politica che agisca con visione, introducendo un salario minimo legale, rafforzando la contrattazione collettiva e adeguando i salari al potere d'acquisto. 📖 Leggi il nostro approfondimento su come la politica può garantire un lavoro davvero dignitoso: https://lnkd.in/dkd9v3Dx #CCNL #LavoroDignitoso #DirittiDeiLavoratori #GiustiziaSociale #PoliticaEDiritto
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MIA INTERVISTA A HUFFINGTON POST SU 3 MODI PER ALZARE I SALARI Occupazione record e salari bassi. Come va letto questo dato ambivalente? C’è da meravigliarsi che non si prenda atto che i problemi del mondo del lavoro di oggi non sono il Jobs act, i contratti a termine. Ma i salari, il part time involontario, i contratti collettivi che non vengono rinnovati e l’assenza di un salario minimo. Dieci anni fa, con il governo Renzi, il dibattito si concentrava principalmente su quanto fosse difficile per le aziende licenziare i lavoratori. Tutta la letteratura economica del decennio precedente era concentrata su questo: quanto le protezioni molto alte dello Statuto dei lavoratori in tema licenziamenti avessero influito sulla bassa occupazione di allora, portandoci in un mercato del lavoro più statico rispetto ad altri paesi. Invece, oggi? Oggi incredibilmente si parla ancora di Jobs act. Va ricordato che quella riforma non si occupa di salario minimo, contratti collettivi, part-time involontario. Non si occupa di cui oggi ci dobbiamo occupare. Giustamente: sono passati dieci anni. E il mondo è cambiato, perché nel 2014 uscivamo dalla doppia crisi del 2008 e del 2011-12. L’occupazione era al minimo. E c’era l’urgenza di intervenire su questo fronte. Un’altra proposta del centrosinistra degli ultimi mesi è l’introduzione del salario minimo. In questo caso è una battaglia adatta ad affrontare il problema? È una battaglia giusta. Io sono a favore del #salariominimo legale. E lo era anche il governo Renzi, tanto che lo inserì nella delega della riforma del lavoro dieci anni fa. Ci furono altre occasioni con il governo Conte II e anche con Draghi. Il problema è che erano e sono contrari i datori di lavoro ma anche i sindacati. Sono convinti che con il sistema della contrattazione collettiva coprono tutti i lavoratori. Ma questo non è vero. E infatti i salari non crescono, altrimenti non staremmo facendo questa intervista. Saranno tutti coperti, ma sono coperti male. Un altro grande problema attuale sono i contratti collettivi scaduti da anni, che sono più della metà del totale. Ci sono due sottoproblemi qui. Primo: nessun paese che punta sulla contrattazione collettiva riesce a coprire in maniera adeguata tutti i lavoratori. Pensiamo al 6-7% della forza lavoro che sono gli immigrati, la logistica, i delivery, la security nei locali ecc. Per i #salari bassi dei lavoratori non coperti da contratti collettivi, va introdotto il salario minimo. Mentre per tutti gli altri, quelli del secondo problema? Si può fare una norma che dice che se non rinnovi devi comunque poi recuperare ex post, quando firmi il nuovo contratto, l’inflazione. Non è tollerabile che le trattative restino in stallo perché i datori di lavoro non si siedono al tavolo in attesa che l’inflazione rientri. https://lnkd.in/dQp-Hez9
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