Dal caso Menendez ad Avetrana: il difficilissimo rapporto tra cronaca e racconto televisivo

Dal caso Menendez ad Avetrana: il difficilissimo rapporto tra cronaca e racconto televisivo

Televisione cattiva maestra, streaming pessimo allievo? Mah...

È curioso il ruolo che il prodotto televisivo ha avuto e continua ad avere, anche in maniera opposta, sulla realtà della cronaca. Negli USA abbiamo la svolta nel caso dei fratelli Menendez raccontati da Ryan Murphy nel secondo capitolo di Monster (dopo il caso Jeffrey Dahmer) e un nuovo documentario (The Menendez Brothers) su Netflix: con un tempismo perfetto, siamo vicini alla revisione non tanto del processo, quanto della possibilità di chiedere la libertà condizionata, negata in sede processuale.

MEGLIO DI UN FILM?

C’entra anche Kim Kardashian, che alle sue diverse identità imprenditoriali ha aggiunto anche quella di avvocata, seguendo le orme del padre (a sua volta, ricordiamo, tra gli avvocati di OJ Simpson, a sua volta raccontato da Murphy in American Crime Story, mentre lei è pure diventata attrice per l’altra serie antologica del produttore, American Horror Story), scrivendo un op-ed pubblicato da nientemeno che da NBC-News. Corsi, ricorsi e trascorsi mentre - aspettando le elezioni con il carico di tensione che già abbiamo - si dipana pure il caso P.Diddy/Sean Combs. I Menendez potrebbero essere riusciti a portare a casa una vittoria vera nel cortocircuito della fiction fatto da iniziali critiche al prodotto Netflix (non visto da loro, ma riferito), reel di TikTok che come anche nel caso Johnny Depp polarizzano ulteriormente il caso (consiglio il podcast Who Trolled Amber?) e la “naturale” campagna marketing del prodotto seriale, i cui attori bravissimi sono ormai entrati a far parte dell’hot male universe di Ryan Murphy (Nicholas Chavez è già nuovo “oggetto” di culto nel suo nuovo Grotesquerie, su Disney+). Cosa che, insomma, crea non più di una distorsione in questo specifico caso.

Ci sarebbe pure la questione Baby Reindeer, straordinario racconto intimo di un incubo contemporaneo che non è bastato a far vincere a Netflix la prima battaglia: si andrà a processo per la causa di diffamazione intentata da Fiona Harvey, riconosciuta dal popolo dei social come la vera stalker del protagonista. 

CONTRO CHI E CONTRO COSA?

E poi c’è l’Italia, dove  il Tribunale di Taranto ha accordato la sospensione cautelare di Avetrana - Qui non è Hollywood di Disney+ , richiesta dal sindaco della città “per tutelare l’immagine della cittadina pugliese” (l’udienza è in programma il 5 novembre), chiedendone anche visione preventiva. Due puntate sono state presentate in anteprima alla Festa del cinema di Roma, conosciamo solo la locandina, discutibile ammettiamolo, e le immagini del trailer, ma provenendo tutti da una lunga, lunghissima produzione di storie ispirate/tratte più o meno liberamente a “fatti realmente accaduti”, la decisione del Tribunale non lascia indifferenti (qui i commenti di Apa/Anica e dei rappresentanti degli autori). Tra l’altro, sembra che la serie verrà sospesa solo in Italia - Paese che la vicenda conosce BENISSIMO, anzi fin troppo - e non all’estero, quindi potenziale pubblico/turista/curioso del caso a questo punto si potrà fare un’idea prima di noi (e forse con meno contesto di noi).

Ci sono state meno polemiche (a posteriori) Il caso Yara di Netflix (tema trattato anche da una fiction Taodue, sempre su Netflix, Yara). Qui siamo nell’ambito del documentario e certe scelte artistiche sono state - a mio parere - molto forti (per esempio l’uso dei messaggi della madre della giovane vittima sulla segreteria telefonica o certe dichiarazioni dello stesso imputato, colpevole per la giustizia italiana). 

IL CIRCO MEDIATICO

Qual è la differenza? Il tempo passato rispetto ai fatti accaduti? Non saprei…Sicuramente quello che tutti questi casi di cronaca (forse con l’eccezione di Baby Reindeer) è proprio il caos mediatico che si è scatenato intorno ad essi e che - generalmente - è proprio quanto queste produzioni puntano a sottolineare. Anzi, gran parte dei (buoni) racconti e ricostruzioni sui grandi casi di cronaca puntano proprio i riflettori contro il circo mediatico scatenatosi di volta in volta in maniera esponenziale. 

AUDIOVISIVO E LEGAL

Da anni il crime e true crime sono tra i generi più forti sui mercati internazionali e lo saranno per molto tempo (le serie crime rappresentano il 39% degli ordini di scripted series in Europa occidentale nel primo semestre 2024, dati Ampere Analysis). Per le solite ragioni: hai una storia consolidata, probabilmente conosciuta, il mistero alimenta l’interesse e puoi raccontare la stessa storia secondo generi e punti di vista diversi (da cui la sempre più frequente combo fiction+documentario e magari anche podcast). 

Lo scorso anno al MIA 2023 fu dedicato proprio un panel alla production clearence, la revisione legale dei contenuti audiovisivi: chissà se gli organizzatori all’epoca sapevano quanto questo tema sarebbe diventato cruciale oggi: «La parte più scivolosa avviene quando questi due mondi (quello creativo e la cronaca, ndr.) si incrociano», aveva dichiarato per esempio Federico Olivo di Vassalli Olivo e Associati. 

E quando questi mondi si incrociano ad Avetrana, invece che a Hollywood, quale può essere il destino dell’audiovisivo? 

Disclaimer: quanto scritto rispecchia esclusivamente la mia opinione personale

Maurizio L.

Technical Writer | Content Writer

2 mesi

molto interessante

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