Il Rendiconto degli oneri condominiali.  
Criterio per "cassa"​ e "competenza"​
Il Corretto principio contabile negli oneri condominiali. Criterio per “cassa” e per “competenza”

Il Rendiconto degli oneri condominiali. Criterio per "cassa" e "competenza"

Il Corretto principio contabile. Criterio per “cassa” e per “competenza”

Vi sono spesso dubbi e, da questi nascono infiniti contenziosi legati alla giusta applicazione del principio contabile con il quale si ripartiscono  gli oneri condominiali, il riscaldamento ed i servizi accessori in genere.  In particolare, nei contenziosi più frequenti, si fa  riferimento – per convenienze contabili interne – all’ utilizzo del così detto criterio per “cassa”, anziché quello per “competenza”, non essendoci alcuna norma che lo impedisce. 

Indipendentemente dalla concezione dottrinale dei due criteri che andrò a commentare, giova sottolineare che la promozione di una politica di servizio trasparente arricchisce di contenuti i rapporti interpersonali tra coloro che risultano coinvolti nel processo delle attività condominiali : dipendenti, fornitori, proprietari, inquilini; assumere comportamenti professionalmente etici, determina fiducia reciproca ed assicura un ruolo culturalmente apprezzabile.   La trasparenza gestionale è una qualità soltanto di recente per così dire << riscoperta >>, una esigenza che per gli Amministratori o Gestori di patrimoni immobiliari significa consentire che il servizio reso possa essere analizzato e valutato in tutte le sue componenti (costi, efficacia, tempestività, opportunità) dai soggetti nel cui interesse è stata svolta l’attività. Pur rispettando alcune sentenze di diversa opinione, mi permetto di dissentire con queste brevi note, con la “dovuta” cognizione di fatto, per cui il criterio di “cassa” per la ripartizione degli oneri accessori agli inquilini non è correttoed è fonte di potenziali contenziosi, rispetto al più lineare e “giusto” criterio di “competenza”.

Fabio Besta, il fondatore e maestro della moderna ragioneria, sosteneva che se la buona politica fa le buone finanze, non si hanno buone finanze senza una corretta contabilità. 

  Anche per l’azienda o ente “condominio”, dove la ricchezza (le quote dei partecipanti) è solo strumentale rispetto al fine del soddisfacimento dei bisogni della comunità, la rappresentazione dei fatti contabili nei quali si articola la gestione deve essere considerata << lo specchio >> del buon amministratore, una sorta di certificato di qualità.

Il Legislatore codicistico (art. 1130), non si è curato di dare un significato tecnico preciso all’espressione << l’Amministratore, alla fine di ciascun anno deve rendere il conto della sua gestione >>; per il senso letterale della norma l’Amministratore annualmente deve dare conto della sua gestione mediante la predisposizione di un documento dei movimenti dell’esercizio lasciando la più ampia libertà circa le modalità di redazione del documento stesso.

Per la scelta del tipo di rendiconto da predisporre e per individuare il criterio contabile di ripartizione corretto, si dovrà fare riferimento ad una elaborazione contabile adeguata alle dimensioni ed ai servizi prestati, in quanto la stessa contabilità deve fornire gli elementi necessari alla stesura del bilancio.

Non esiste distinzione tra Rendiconto e Bilancio, visto che anche il dizionario enciclopedico Treccani precisa che sono sinonimi, definendo il bilancio come << il documento o strumento contabile per mezzo del quale, con la contrapposizione di due serie numeriche bilancianti, si riassume una situazione istantanea o il movimento di un periodo relativo ad un determinato oggetto. Anche più genericamente la situazione finanziaria determinata dal rapporto fra entrate ed uscite.

Ancora, il rendiconto di esercizio viene anche detto, nella pratica aziendale, bilancio di esercizio ed è costituito da almeno due prospetti: stato patrimoniale e conto economico. Senza contare che l’art. 81 della Costituzione stabilisce che << le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo >> e l’art. 556 della L. 8/06/90 n. 142, prevede che << i risultati di gestione sono rilevati mediante contabilità economica e dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del bilancio e il conto economico >>.

L’Ente condominio, può essere paragonato ad un’azienda di erogazione che ha per fine lo svolgimento di un processo di consumo dei mezzi raccolti per la soddisfazione dei bisogni.

La differenza fra bilancio sociale e rendiconto “condominiale” è una differenza essenzialmente quantitativa e non qualitativa e l’obbligo di fornire una informazione compiuta dei fatti dell’esercizio può ritenersi assolto solo realizzando la rappresentazione delle entrate e delle uscite nel tempo dell’esercizio e delle causali di queste correlate ai documenti giustificativi che contribuiscono all’assolvimento dell’obbligo.

Il Rendiconto degli oneri condominiali quindi, inteso come un vero e proprio bilancio di esercizio, deve essere redatto in forma oggettivamente idonea alla dimostrazione numerica di quanto è stato fatto nel periodo di riferimento con il rispetto delle regole della chiarezza e correttezza previste dall’art. 2423 c.c. per le società di capitali, anche se la legge non ne fa esplicita menzione.

E’ possibile cogliere anche nella recente giurisprudenza e normativa fiscale indicazioni di carattere tecnico e quindi una certa evoluzione del concetto di adeguarsi di un’adeguata struttura obbligatoria, in special modo quando sussistano una pluralità di servizi ed il numero delle unità immobiliari è notevole.

Ecco, che per la redazione del rendiconto degli oneri condominiali ci si rifà all’analisi dei principi contabili predisposti dai Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, tenuto conto che gli stessi sono considerati come norma tecnica interpretativa e integrativa delle norme di legge anche se si riferiscono alle imprese di servizi ed industriali. 

I corretti principi contabili sono quei principi che hanno autorevole sostegno e avallo della dottrina ragionieristica più evoluta e degli esperti amministrativi oculati e competenti, così da diventare di generale accettazione.

I suggerimenti più importanti possono così riassumersi :

1.     Comprensibilità ed analiticità;

2.     Costanza (cioè il modo di esposizione delle voci deve essere uguale e comparabile).

3.     Competenza (gli eventi devono essere contabilmente attribuiti all’esercizio al quale si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi pagamenti o incassi). 

4.     Analiticità. Documetabilità e Verificabilità della rappresentazione.

5.     Rappresentazione veritiera e corretta.

Nei principi contabili anzidetti è previsto che << l’effetto delle operazioni e degli altri eventi deve essere rilevato contabilmente ed attribuito all’esercizio al quale si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi movimenti di numerario (incassi e pagamenti) >> in armonia con quanto prescrive il punto 3) del’art. 2423 bis c.c. (principi di redazione del bilancio).

Si tratta del criterio di competenzache rispetta il principio dell’autonomia dei bilanci con conseguente omogeneità e confrontabilità nel tempo, analogamente a quanto previsto dall’ordinamento fiscale per la determinazione del reddito d’impresa; in particolare nell’ambito della ripartizione degli oneri condominiali è importante tener conto dei servizi effettivamente resi (forniture di gas, acqua, energia elettrica, manutenzioni in abbonamento, combustibile per riscaldamento, portierato, pulizie, manutenzioni ordinarie, ecc.) ed addebitarli ai relativi fruitori indipendentemente dalla data del pagamento. E ciò a maggior ragione se tratta di inquilini e non di proprietari/condomini. Infatti, mentre per questi ultimi è ipotizzabile una certa continuità del godimento dei servizi in costanza di proprietà, per i primi è più facile immaginare un turn-over più o meno frequente, specie in caso di uffici e locali commerciali.

                 Non è pertanto condivisibile l’orientamento nel quale si afferma << che il bilancio o meglio il conto consuntivo della gestione degli oneri condominiali deve essere strutturato in base al principio di cassa >> ritenendo corretto ad esempio l’inserimento di una fattura per fornitura di gasolio o gas da riscaldamento  al momento dell’effettivo pagamento in un esercizio successivo a quello di riferimento, con la conseguente imputazione di tale spesa ad un soggetto diverso da quello che ha realmente goduto del servizio di riscaldamento, nell’ipotesi di vendita dell’unità immobiliare o di mobilità dell’inquilino ed inevitabile contenzioso per le connesse rivalse.

Altrettanto paradossale risulta il caso in cui, se stabilito a preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e la relativa ripartizione tra i fruitori, non addebitare a fine gestione il costo di servizi comunque resi in quanto l’indisponibilità di cassa causata ad esempio da una morosità non ne ha consentito l’effettivo pagamento, o ancora per disguidi o accordi contrattuali, sembra, alquanto singolare.

Potrebbe accadere che pur con la più ampia attenzione e buona fede degli amministrativi che imputano le spese nel rendiconto annuale condominiale con il criterio di “cassa”, si favorisca o si danneggi un inquilino, semplicemente per aver pagato una fattura anziché il 31 Dicembre, il 2 gennaio. Altra considerazione, riguarderebbe le entrate, se le spese si ripartiscono per cassa, le entrate dovranno essere considerate alla stessa stregua. In tale circostanza, converrebbe da parte di un inquilino trasferire i pagamenti degli ultimi mesi dell’anno all’anno nuovo, in modo da crearsi un conguaglio a credito o a debito a seconda dei bisogni.

Un esempio concreto chiarisce la diversa filosofia dei due criteri (competenza e cassa) : in occasione del pagamento del salario mensile ad un sostituto portiere (€ 700) vengono liquidati assegni familiari per € 485 a carico INPS. Dovendo su tale corrispettivo versare contributi INPS per € 300 e detrarre annualmente € 485 anticipate al dipendente per gli assegni familiari, si determina un credito per l’Ente condominio di € 185 mensili verso l’INPS il cui rimborso potrebbe avvenire in tempi lunghi o essere compensato in parte nei mesi di effettivo lavoro del sostituto.

Secondo il criterio di “Competenza”viene addebitato ai condomini/inquilini l’effettivo costo del servizio di portierato (€ 700 + € 300 = € 1.000) e quindi soltanto i salari corrisposti ed i relativi contributi INPS, scorporando gli assegni familiari i cui effetti si determinano soltanto riguardo all’aspetto finanziario della gestione. 

Con il criterio di “Cassa”si imputa invece agli inquilini quanto realmente liquidato al dipendente (€ 700 + € 485 = € 1.185) e nessun contributo INPS; conseguentemente i condomini/inquilini sopportano una spesa superiore a quella effettiva ( + € 185 ) anche se il credito verso l’INPS viene registrato fra le attività della situazione patrimoniale con possibile successivo beneficio a favore di soggetti diversi.

                 Tale assunto è stato confermato più volte dalla giurisprudenza (ad ese.: Trib. di Roma (Sez. V, 21/11/94 n. 16077) : << si osserva che l’espletata CTU ha evidenziato, in ordine alla determinazione dell’avanzo di gestione dovuto dall’attore (Amministratore) all’atto della cessazione dell’incarico, risultati divergenti, a seconda dell’adozione, nella tenuta della contabilità condominiale, del criterio di cassa ovvero del criterio di competenza: vale a dire, a seconda dell’imputazione delle singole voci di entrata e di uscita alla data delle corrispondenti variazioni numerarie, ovvero a quella cui risale il determinarsi delle relative causali. E ciò avuto riguardo, in particolare, alla circostanza che alcuni rapporti, materialmente riscossi dopo il 1° gennaio, fanno in realtà riferimento a precedenti gestioni.

Ciò premesso deve rilevarsi come il CTU abbia, anche a tal riguardo, affermato la correttezza del criterio di competenza contabile, in concreto seguito dall’attore nella rappresentazione della propria gestione, ribadendo in ultima analisi la correttezza, altresì dell’avanzo di gestione dallo stesso determinato >>. 

Ricordo che ai sensi dell'art. 1130-bis c.c., il rendiconto condominiale si compone:

registro di contabilità;

- di un riepilogo finanziario (conto economico delle spese e situazione patrimoniale);

- di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.

S'è vero, com'è vero, che il rendiconto non è soggetto alle rigide regole di redazione cui sono assoggettati i bilanci societari, è altrettanto vero che lo stesso debba essere tenuto in modo che sia idoneo a rendere intellegibile ai condòmini le voci di entrata e di uscita, con le quote di ripartizione (Cass. 25 maggio 1984 n. 3231).

È evidente, allora, che il principio di competenza sia preferibile, guardando complessivamente al rendiconto e non solo al registro di contabilità, quest'ultimo sì da redarsi osservando il principio di cassa.

Non si può poi non tener conto dei pagamenti dei condòmini effettuati in ritardo, ovvero dopo la chiusura dell'anno di gestione e prima della presentazione del rendiconto all'assemblea. Questi dovranno essere menzionati nel riepilogo finanziario (situazione patrimoniale), poiché è vietato al creditore che riceve un pagamento non imputarlo secondo le indicazioni date dal debitore, a maggior ragione se si tratta di debito scaduto.

  dott. Vincenzo Acunto

 



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