“Le altre opere. Artisti che collezionano artisti”

“Le altre opere. Artisti che collezionano artisti”

Museo Carlo Bilotti

Oggi per #lamostraincasa vi presentiamo la collezione di Pino Boresta esposta nella rassegna “ Le altre opere. Artisti che collezionano artisti” al Museo Carlo Bilotti.

Grashey aveva sostenuto che noi leggiamo le parole lettera per lettera, questi sperimentatori hanno stabilito che la lettura corrente è un vero lavoro di divinazione, che il nostro spirito raccoglie qua e là qualche tratto caratteristico e colma tutto l’intervallo con dei ricordi-immagine che, proiettati sul foglio, si sostituiscono ai caratteri realmente stampati e ce ne danno l’illusione. Così noi creiamo o ricostruiamo senza posa. La nostra percezione distinta è veramente paragonabile ad un cerchio chiuso, in cui l’immagine-percezione diretta sullo spirito e l’immagine-ricordo lanciata nello spazio correrebbero l’una dietro l’altra.

Questo quello che scrive Henri Bergson parlando di un celebre lavoro di Grashey, e questo è il motivo per il quale ho voluto riunire opere dove la parola è la sola presente o la fa da padrona, insieme ad altre dove questa è totalmente assente per lasciare spazio al nulla o al quasi nulla, affiancandole a un terzo ordine di opere dove non è immediatamente percepibile una figura ben definita. Ho fatto questo sperando che l’occhio del visitatore rimbalzando come un neurone impazzito tra questi tre aspetti diversi di piccoli capolavori, legati, ma allo stesso tempo, slegati tra loro, costruisca nella sua mente riflessioni vicine alla mia sensibilità artistica, ma anche no.

- Pino Boresta

Pino Boresta è nato a Roma e come ha ben descritto Maria Francesca Zeuli: il suo lavoro nasce sulla scia dei valori Situazionisti, di cui condivide impostazioni e finalità, realizza un’arte fatta di coinvolgimenti a tutto tondo, di se stesso e dei fruitori consapevoli o inconsapevoli delle sue opere. L’ambito privilegiato in cui interviene è la città, ma non solo. La sua ricerca è fatta di domande, di provocazioni, di gioco, di sollecitazioni e di valorizzazione di dettagli spesso insignificanti. Cerca con il suo lavoro di scuotere gli animi e stimolare le riflessioni delle anonime presenze dell’universo urbano, per renderle meno aliene (o alienate) proprio grazie a una presa di coscienza di chi osserva e decide di partecipare attivamente all’opera: rispondendo ad un suo pungolo con una frase scritta su un adesivo, leggendo un volantino trovato per caso sui muri delle città, seguendo le istruzioni trovate all'interno di un libro abbandonato, oppure con un’opinione lanciata per e-mail o con una sua foto-smorfia; immagine che si banalizza (o mitizza) anche in album di figurine che parlano di quotidianità o di mondi circoscritti come quello dell’arte. Numerose le pubblicazioni che lo riguardano su cataloghi, giornali, riviste e libri. Eclatante fu quella del 15 maggio 1997 sulla prima pagina del quotidiano “Libertà” di Piacenza: una foto con il titolo "Riconoscete questa faccia?". Giorni dopo uscì un lungo articolo con foto dal titolo “L’uomo del cartello? È un artista”. Nel 2015 lo scrittore Fulvio Abbate nella sua corposa opera di indagine su Roma e sui personaggi gli dedica un capitolo nel libro “ROMA vista controvento”.

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