Virgilio e Dante Alla riscoperta del maestro interiore A cura di Victor Claudio Vallerini

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"Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,

tu se’ solo colui da cu’ io tolsi

lo bello stilo che m’ha fatto onore.”

(Inferno I, 85-87)


Incontrare un maestro nella nostra vita è una delle più grandi fortune che possa capitarci. Quando il nostro cammino incrocia quello di un essere “speciale”, capace di rendere entusiasmante ogni attimo che viviamo sulla Terra, tutto si trasforma, si trasfigura. Avviene, per dirla come Dante nel I Canto del Paradiso, un vero “trasumanar”, un percorso di evoluzione che conduce oltre l’umano, che si apre al divino.

Personalmente ho avuto questa fortuna. I maestri che incontriamo nel nostro percorso di vita fanno la differenza e nel mio c’è chi l’ha fatta veramente e gli sarò grato per sempre.

Anche Dante ha avuto diversi maestri che lo hanno ispirato e gli hanno indicato il “cammino delle stelle”. Qui, vorrei citarne solo uno: il poeta Virgilio.

Sin dal primo canto della Divina Commedia, che funge da introduzione a tutta l’opera, si può notare il significato mistico del componimento: il cammino evolutivo di un essere imperfetto verso la perfezione, l’uscita dalle ombre per aprirsi all’abbraccio della luce. Per compiere questo viaggio, attraverso dimensioni del tutto sconosciute, rappresentate allegoricamente dai tre regni dell’oltretomba - Inferno, Purgatorio e Paradiso -, Dante ha bisogno dell’aiuto di alcune guide e Virgilio è la prima di esse.

Anche il sommo poeta, all’ingresso della “selva oscura”, pensa di poter fare a meno di un maestro, vorrebbe contare solo sulle sue forze e sulle sue energie e salire da solo quel “colle luminoso” che vede davanti a sé e che rappresenta la via buona, la verità. Però, immediatamente tre fiere gli si presentano davanti e l’ultima, la lupa, lo “risospinge là dove ‘l sol tace”. Quest’ultima è terribile, spaventosa, simbolo dell’avarizia che, come scriveva San Paolo nella prima lettera a Timoteo, è radix omnium malorum, cioè, radice di tutti i mali (I Tim. 6, 10).

In questo contesto di dramma e tensione, dove tutto sembra perduto – “ch’io perdei la speranza dell’altezza -, un imprevisto appare per riaccendere l’animo del poeta, un incontro gratuito e inatteso che gli salverà la vita. Scrive Dante: “Mentre ch’i’ rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco”. Quel verbo “offerto” indica che in quella situazione di crisi e di difficoltà gli viene donata una mano tesa, immeritata e gratuita. Non sono i suoi meriti, le sue capacità a salvarlo. Ciò che lo distoglie da quel contesto di disperazione e decadenza è la sua predisposizione a chiedere aiuto, la sua umiltà, il suo riconoscersi limitato, inesperto di certi percorsi ed è per questo che grida: “Miserere di me, qual che tu sii, od ombra od omo certo”.

Inizierà, a questo punto, un dialogo di sublime rispetto e meraviglia tra i due poeti, Dante e Virgilio. Le parole di quest’ultimo, ormai assunto come maestro da Dante, vinceranno ogni paura, gli ridaranno speranza e convinzione nel proseguire il suo cammino fino a farlo esclamare: “Poeta, io ti richeggio per quello Dio che tu non conoscesti, a ciò ch’io fugga questo male e peggio, che tu mi meni là dov’or dicesti, sì ch’io veggia la porta di san Pietro e color cui tu fai cotanto mesti”.

Allora il maestro, Virgilio, “si mosse” e il discepolo, Dante, “li tenne dietro”, lo seguì.

Il poeta latino Virgilio incarna le caratteristiche tipiche del buon maestro. Sappiamo che, nella Divina Commedia, funge da allegoria della ragione umana che Dante accoglierà e che lo condurrà nella ricerca dell’autoconoscenza e della verità.

Ma non illudiamoci! Poiché diventare un maestro non è un compito semplice. Al contrario, rappresenta un “ruolo”, una virtù di rara bellezza tra gli uomini.  Non c’è compito più arduo e sublime che essere un maestro.

Virgilio è stato un buon maestro per Dante e posso affermare che lo è stato anche per me, così come può esserlo per ognuno di noi oggi.

Cosa ci insegna, Virgilio, con il suo esempio?

Prima di tutto, la generosità, il fatto che agisce sempre per aiutare l’altro, non si muove per un proprio interesse o un tornaconto personale.

Virgilio ci insegna la pazienza, non desidera che il viaggio di Dante si consumi tutto e subito, ma gli permette di crescere con i suoi ritmi, assimilando e facendo propria l’esperienza condivisa, che apre alla conoscenza.

Che bella virtù la pazienza! Soprattutto per i nostri giorni.

Virgilio, inoltre, si mantiene umile durante tutto il percorso e non teme di ammettere i propri limiti, le proprie debolezze. Il poeta dell’Eneide è un maestro autentico, che sa scendere dal piedistallo e dona a Dante la forza di trovare in sé stesso la via d’uscita alle proprie crisi, le risposte ai propri dubbi.

Anche Virgilio è in cammino, proprio come Dante. Non se ne sta fermo a contemplare la sua condizione, ma si muove, con il sommo poeta, in mondi conosciuti – i gironi dell’Inferno - ed altri sconosciuti – le cornici del Purgatorio -, per farne esperienza e migliorare se stesso.

Un buon maestro non si giudica migliore a nessuno e desidera essere superato dai propri allievi. Proprio come ha fatto Virgilio che riconoscerà la grandiosità di Dante, degno di poter entrare assieme a Beatrice, anch’essa sua maestra, nella contemplazione del Paradiso.

Virgilio non teme di perdere la propria posizione e i propri privilegi, perché il suo obiettivo è molto più grande di qualche misero vantaggio personale o materiale.

Virgilio, come maestro, ha saputo riconoscere il valore di Dante, lo ha alimentato, lo ha nutrito per coglierne i frutti migliori. Ha saputo ascoltarlo, ha saputo far silenzio, gli ha insegnato l’impegno e gli ha mostrato che per raggiungere i propri obiettivi ci vogliono determinazione, lavoro ed intelligenza.

Virgilio ha insegnato a Dante come risollevarsi dai fallimenti, dagli insuccessi, a non cedere alla “selva oscura”, a non abbassare lo sgurado dinanzi alle fiere, a non temerle, ma a guardare oltre, a nutrire in sé la speranza.

Virgilio ha saputo render consapevole Dante del proprio “maestro interiore”.

Forse un giorno anche noi, emanicpandoci da ciò che è esterno, dalle illusioni della materia, raggiungendo l’autonomia, l’indipendenza interiore, la libertà quella vera, potremo diventare, come Virgilio, dei buoni maestri. 

ricardo scarda

Manager at Instituto Cidade Jardim

3 anni

Bravo!!! Saluti!!!

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