Tra le molte, urgenti riflessioni che vanno fatte sulla questione femminicidi in Italia, 41 (!) nelle prime 32 settimane del 2024, l'assassinio di Rita Caporaletti di 84 anni e Annarita Morelli di 72 anni (i due più recenti) richiedono di portare l'attenzione sulla distribuzione di età: - 17 vittime tra i 40 e i 59 anni di età (41.5 %) - 17 vittime dai sessant'anni in su (41.5%) - 24 vittime dai cinquant'anni in su (58.5%) Poche volte si pensa al problema come in maggioranza legato alla "mezza età", tanto meno come questione della anzianità: penso invece che la questione anagrafica sia legata a molti fattori di maggiore vulnerabilità delle vittime. Forse dovremo anche pensare a queste fasce di età come target di comunicazione sociale mirata.
Grazie per le considerazioni. Per quanto riguarda gli omicidi di donne anziane, troppo spesso hanno come sfondo una patologia dementigena di uno dei membri della coppia. Le difficoltà di assistenza e convivenza con una persona ammalata, che porta ad un burnout, o l'aggressività a volte determinata dalla malattia sono spesso il substrato in cui maturano questi omicidi. Occorrerebbe anche un grande intervento in questo ambito
Ti ringrazio per la condivisione e per l’invito alla riflessione. Sembra che non ci sia mai nulla di abbastanza grave per poter affrontare questa tragedia quotidiana. Continuiamo a tentare di sollecitare le coscienze #humanrights #womenpower
Grazie per la riflessione condivisa
Osservazioni veramente interessanti ...
Osservazione molto interessante.
Mi colpisce molto e mi fa riflettere il criterio anagrafico adottato e le sue ovvie implicazioni: ad esempio, quella di restituirci un quadro più rude e forse anche più oggettivo delle condizioni e della natura stessa degli eventi tremendi che ci hanno colpito tutti come collettività. E tutto questo mi sembra che valga ancor di più, a fronte del proliferare di virtuosismi ideologici che hanno infarcito le vicende, con grande sterilità di risultati e conclusioni e soprattutto, distogliendoci da quella compassione propriamente umana, balzata, come di soppiatto, in secondo piano, complice anche la saturazione percettiva indotta dalla frequenza in aumento dei casi. Ci stiamo abituando al dolore e al dramma altrui? Temo che questo sia un vero dramma per tutti! Ben venga dunque, ogni strumento, criterio, stimolo che possa ridestare in noi la consapevolezza, le capacità mirate d'Intervento e, non ultima, quella compassione che ci fa veramente umani e ci merita la dignità di esserlo! Grazie davvero per questa angolazione di lettura proposta, che apre un varco sulla crosta superficiale degli eventi e sulla loro banale ricezione!*
Grazie per questa condivisione, Giovanni. Leggere i numeri e le storie è veramente sconcertante. Parlarne non è mai, mai abbastanza. Soprattutto se quando se ne parla sui giornali e in televisione si usano narrazioni distorte, scorrette.
Psicologa, Area Psicologia Forense e Psicoterapia. Docente al Master in Criminologia della Università di Firenze. Lecturer in "psicologia criminale e forense" at E.F.I.
7 mesiForse è la stanchezza, ma non riesco a comprendere come si leggano le percentuali...