Decreto liste d’attesa: “molte speranze, ma sarà sufficiente?” Molte sono le domande - ancora - senza risposta sul futuro del nostro SSN a seguito dell'approvazione del Dl sulle liste d'attesa: su One Health l'editoriale della Presidente della Commissione di albo nazionale degli Ortottisti FNO TSRM e PSTRP Lucia Intruglio. «La risposta non è così semplice perché nessuna norma può agire come una bacchetta magica, capace di risanare carenze organizzative e di personale, la demotivazione dei professionisti sanitari e il graduale allontanamento dal SSN. La pandemia ha peggiorato la situazione, creando disagi non solo per le persone assistite, ma anche per gli stessi operatori sanitari, spesso non ascoltati e senza supporti adeguati. Nella prevenzione e riabilitazione visiva, ci sono enormi differenze tra le Regioni e l’impiego di Ortottisti dedicati dall’età neonatale a quella senile. Nel 2021, secondo i dati del Ministero della Salute, nel pubblico erano presenti 940 Ortottisti su tutto il territorio nazionale (27% del totale), un numero esiguo rispetto ai bisogni reali. Di questi, 840 con contratto a tempo indeterminato e 100 a tempo determinato, un dato che evidenzia l’insufficienza di personale, soprattutto alla luce delle nuove sfide poste dal sistema sanitario. L’inadeguatezza delle risorse umane si riflette anche nei numeri dei nuovi professionisti in formazione. La professione di Ortottista è poco conosciuta anche dalla popolazione, rendendo difficile la scelta per i maturati. Il decreto sulle liste d’attesa, pur positivo, non sarà risolutivo se non accompagnato da un adeguato investimento in nuove risorse, conoscenza della professione e una gestione più flessibile e attenta ai bisogni del territorio» https://lnkd.in/eVRHBJE2
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La determinazione della quantità e composizione del personale non può essere guidata da logiche di minutaggio, ma deve essere allineata agli obiettivi di salute. Lo studio RN4CAST, frequentemente citato, non è riuscito ad entrare ancora tra le priorità politiche, nonostante abbia raggiunto un risultato significativo: ha identificato e verificato l’esistenza di interconnessioni dirette tra la dotazione standard di assistenza infermieristica e l’incidenza di complicazioni nei pazienti dimessi dalle strutture sanitarie, oltre a esaminare il rapporto tra il numero di pazienti per infermiere e la qualità dell’ambiente di lavoro. L’indagine ha coinvolto 486 ospedali in 12 paesi europei, tra cui Belgio, Inghilterra, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Svizzera, Svezia e Spagna, ed è stata successivamente estesa agli ospedali italiani. Alcuni dei risultati più significativi ⬇️ ✅Ogni paziente aggiuntivo rispetto allo standard gestito da un infermiere aumenta il rischio di mortalità a 30 giorni dalla dimissione. ✅Un aumento del 10% degli infermieri con formazione accademica è associato a una riduzione del rischio di mortalità del 7%. La California ha già adottato leggi sul rapporto infermiere-pazienti nel 1999, il Galles ha seguito nel 2016 e la Scozia si appresta a fare lo stesso, riconoscendo l’importanza di questo rapporto sulla mortalità dei pazienti. Si spera che anche in Italia queste evidenze vengano considerate al più presto.
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Prime indiscrezioni sul nuovo Piano Nazionale Cronicità: sarebbe pronto per essere licenziato dalla Direzione Generale Programmazione del Ministero della Salute. Accanto alle dieci patologie croniche previste dal Piano del 2016 ne figurano ora altre tre per un totale di circa 7,6 milioni di potenziali nuovi pazienti: obesità (4 milioni di pazienti, molti con altre co-morbidità), endometriosi (circa 3 milioni di donne affette) ed epilessia (600 mila casi circa). Si allarga così il bacino dei cronici, tenendo anche presente che sono malati cronici quasi metà dei 24 milioni di anziani italiani over 65. Ma ancora una volta, come 8 anni fa, non viene per ora menzionata alcuna copertura per garantire il diritto alla presa in carico di questi e degli altri pazienti.
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"Quello su cui si dovrebbe investire è anche la promozione di un engagement consapevole dei cittadini nella loro fruizione del sistema sanitario nazionale, volto a valorizzarne la dimensione di bene comune, e quindi di corresponsabilità dei fruitori stessi nella sua efficienza e sostenibilità”. È una delle chiavi di lettura delle "attese". Passando dalle infinite ore per i codici a bassa gravità nei PS e arrivando al tempo necessario per avere una prestazione ambulatoriale. Ma nei PS la decisione è del fruitore, per le prestazioni ambulatoriali è di un collega, pressato o meno dal fruitore. E le dinamiche sono diverse. Tra una prestazione ambulatoriale ed un intervento chirurgico, le storie, sono diverse. Nel secondo caso può esserci un problema di risorse, nel primo, su tutto, spicca l''inappropriatezza. Possiamo girarci intorno ma analizzando la questione torneremmo sempre al punto di partenza: le liste di attesa sono generate dalle prescrizioni.
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Secondo uno studio dell’ISTAT, nel 2023 4,5 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare alle cure mediche necessarie soprattutto a causa delle lunghissime liste d'attesa. I tempi d’attesa per molte prestazioni essenziali sono allarmanti. Ad esempio, si registrano fino a 720 giorni per una mammografia, 465 giorni per una TAC e 365 giorni per interventi cardiologici. Le ragioni sono molteplici e complesse, ma principalmente 3. 1. Carenza di personale sanitario Ad oggi quantificabile in 20mila medici e 70mila infermieri mancanti, ma questi numeri peggioreranno ulteriormente nei prossimi cinque anni perché circa 75mila medici andranno in pensione. 1. Eredità del Covid La pandemia ha creato e allungato le liste d'attesa non ancora smaltite. 1. Sottofinanziamento cronico della sanità pubblica in Italia Secondo il 19° Rapporto Sanità del C.R.E.A., l’Italia investe il 32% in meno rispetto alla media dell'Unione Europea. Questa combinazione di fattori sta creando una situazione insostenibile che costringe sempre più cittadini a rivolgersi al settore privato oppure, nei casi più gravi ma purtroppo non altrettanto sporadici, a rinunciare completamente alle cure mediche. E a te? È capitato di dover aspettare molti mesi per fissare una visita o degli esami? Diccelo con un commento!
In Italia abbiamo un problema di liste di attesa
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Quanti di voi, di fronte alla prospettiva di attendere anche diversi mesi prima un #esame diagnostico o una #visita specialistica, hanno rinunciato mettendo mano al portafogli? Non è sempre possibile, certo. Ma sappiamo che se chi può si rivolge al privato, altri semplicemente ormai rinviano le #cure (e talvolta vi rinunciano). Una conferma arriva dalla recente indagine Ipsos in collaborazione con Fimmg Nazionale: a tre quarti degli italiani è capitato di rinunciare alle cure presso il #Ssn, ma per due su tre la #sanità deve essere pubblica. Insomma, ci troviamo in una fase delicatissima per il sistema, stretto tra carenza di operatori (medici e soprattutto infermieri) e bisogni di una popolazione che, invecchiando, si trova a veder moltiplicati piccoli e grandi ‘acciacchi’. Su Fortune Italia Fortune Italia Health Care+Economics con Silvestro Scotti Andrea Scavo
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❗️❗️Specializzazioni carenti, qualcosa si muove?!❗️❗️ Aumento stipendiale per i medici delle specialità carenti. 📣 La mancanza di specializzandi si sta trasformando nella carenza di specialisti. Anche il Ministro Schillaci ne sta prendendo coscienza, vediamo le sue parole allo scorso G7: 👉🏻“C’è una scarsa affezione non solo verso la medicina del pronto soccorso, ma c’è uno scarso numero di medici che vuole iscriversi in specializzazioni quali l’anatomia patologica e la radioterapia.” 👉🏻“Questo permette alle regioni di poter, nel contratto aggiuntivo, valutare la possibilità di avere degli incrementi contrattuali.” 👉🏻“Teniamo conto di quelle che sono le specificità e le difficoltà nel reperire personale per alcune specializzazioni mediche, lasciamo la facoltà alle regioni di trovare il modo di poter offrire un trattamento economico differenziato.” Guarda il video 👇🏻 🧠 E voi cosa ne pensate?! 🧠
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“Dall’ultimo rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese emerge che, in Italia, il 79% dei cittadini è preoccupato per il futuro del SSN, temendo di non poter accedere a cure tempestive e adeguate. Il 75,8% dichiara di aver percepito un peggioramento nell’accesso alle prestazioni sanitarie nella propria regione e manca fiducia nell’universalismo del sistema: ben l’89,7% dei cittadini è ormai convinta che solo i ceti abbienti abbiano un accesso privilegiato alle cure”. Cosa possiamo fare noi operatori del settore? OIS Medical Center è nato con l’obiettivo di contrastare l’universalismo diseguale, creando consapevolezza e percorsi non solo di cura, ma prima di tutto di mantenimento e potenziamento della salute, basati sull’idea di benessere globale. Per persone che si prendono cura della propria salute sempre. Con ODONTOCOOP Odontoiatria Ospedaliera, il nostro service odontoiatrico, promuoviamo l’unione virtuosa tra pubblico e privato con l’obiettivo di assicurare cure dentali accessibili e sostenibili per tutti, un modello che abbiamo chiamato Odontoiatria Ospedaliera.
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Medici internisti, SIMI: reparti sempre più deserti, A rischio assistenza negli ospedali Se va avanti così non ci saranno più specialisti per coprire l’assistenza nei reparti di medicina interna e in pronto soccorso. Questo l'allarme lanciato dagli internisti #SIMI in vista del 125°Congresso nazionale. Un problema serio visto che i reparti di medicina interna e di chirurgia generale sono la colonna portante anche degli ospedali più piccoli. Quest’anno la medicina interna ha assegnato solo il 79% delle borse di specializzazione e mentre il turn over dei medici diminuisce, aumenta di pari passo il loro burn out. Nel frattempo, il pubblico manifesta un’ostilità crescente nei confronti dei camici bianchi e del personale sanitario, soprattutto al pronto soccorso e nei reparti. Medici e infermieri sono sempre più i punchball della rabbia dei cittadini, la prima e più vulnerabile interfaccia di una sanità sempre più inadeguata a dare le risposte attese. “Nel 2022 il Ministero della Salute ha istituito un ‘Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti delle professioni sanitarie’ – ricorda il professor Gerardo Mancuso, vice-presidente della SIMI – con lo scopo di monitorare il fenomeno e promuovere delle garanzie. Nel 2023 sono stati registrati 16 mila casi di violenza (2/3 di tipo verbale, il 26% di tipo fisico) ai danni degli operatori sanitari. Quelli maggiormente interessati da episodi di violenza sono stati gli infermieri, seguiti dai medici e dagli operatori socio-sanitari e in due casi su tre la violenza è stata perpetrata ai danni di donne (ma al sud prevalgono i casi di violenza sui maschi). Le conseguenze di questi atti di violenza, oltre a quelle di ordine fisico, sono la comparsa di sintomi depressivi, di burn-out e la perdita di serenità sul lavoro, che può impattare sulle performance medico-infermieristiche. Una sanità in burn out dunque, per quanto concerne chi è già dentro il sistema e sempre meno attrattiva per le nuove leve, come racconta la storia delle tante borse di specializzazione che non vengono assegnate in seguito al concorso annuale. “Le cause di questo fenomeno – sostiene il professor Mancuso – sono tante e vanno ricercate nei carichi di lavoro eccessivi, negli stipendi inadeguati al costo della vita ma soprattutto al tipo di responsabilità e di impegno che il lavoro di medico e di infermiere comportano, nelle difficoltà di carriera. Lavorare in ospedale in Italia oggi significa una vita di grandi sacrifici per uno stipendio che è inferiore fino al 40-50% rispetto ad altri Paesi europei, come la Francia. Ma differenze importanti si riscontrano anche tra il Nord e il Sud d’Italia; chi lavora in un ospedale del Nord-Est lavora molto di più che in quelli del Sud e questo genera una migrazione di personale medico e infermieristico che va ad impoverire sempre più il Sud”. #SIMI2024 https://lnkd.in/d_-h_fmV
Medici internisti, Simi: reparti sempre più deserti, A rischio assistenza negli ospedali
doctor33.it
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Un panel di esperti sanitari, tra i quali il prof. Mario Stirpe, Presidente della #FondazioneBietti denuncia il rischio dell’ #oftalmologia di scomparire dal #SSN. “La sanità attuale non è più quella di cui ci siamo vantati in passato. Una sanità nella quale i medici erano protagonisti e integravano con gli istituti di appartenenza l’assistenza verso le categorie meno abbienti non tutelate dai pur efficienti Enti Assistenziali che gestivano esclusivamente la salute delle categorie lavorative. Quello che si lascia presagire è che l’assistenza ospedaliera venga progressivamente limitata alle materie salvavita con la consegna delle materie specialistiche ad una sanità convenzionata il cui primo obbiettivo sarà quello di mantenere bilanci positivi, e ancor peggio, l’intrusione di categorie che già oggi tendono ad assumere compiti impropri”, queste le parole del Presidente Stirpe. Leggi la news completa: https://lnkd.in/dYqTdiYy
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Sono ricorrenti, sui media e nei commenti della popolazione, i rilievi negativi sulle carenze della #sanità_pubblica. Ciò è stato indicato anche dall’Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale pubblicato recentemente a cura del Ministero della Sanità di cui esponiamo i dati più significativi: •i posti letto erano 257.977 nel 2020 e nel 2022 si sono ridotti a 225.469; •gli ospedali erano 1.091 nel 2012 e nel 2022 sono diminuiti a 996; •i medici di famiglia erano 45.437 nel 2012 e nel 2022 sono 39.366; •tra il 2019 e il 2022 circa 11.000 medici ospedalieri hanno abbandonato le strutture pubbliche di propria volontà e non per motivi pensionistici; •nel 2025, andranno in pensione 29.000 medici e 21.000 infermieri; •il 56% dei medici in servizio hanno un’età media superiore a 55 anni; •tra i giovani laureati italiani che emigrano all’estero, la percentuale dei medici è assai elevata. Questa situazione non nasce certamente oggi perché è iniziata con la politica di tagli alla spesa pubblica (la cosiddetta “spending review”) attuata dodici anni fa dal “governo dell’austerità" presieduto dal Sen. Mario Monti e proseguita negli anni successivi per adeguare il bilancio pubblico alle richieste di contenimento imposte dalla Commissione Europea. A ciò si è aggiunta la cervellotica disposizione, vecchia ormai di oltre vent’anni, sull’accesso limitato alle facoltà di medicina, cosa che ha provocato la mancanza di medici (e di personale infermieristico, che è un’altra crisi): ora questa normativa è stata rivista, ma i danni alle mancate professionalità mediche si sono verificati. Tutto ciò è particolarmente grave in considerazione dell’elevata percentuale di popolazione anziana che vive in Italia e che è in continua crescita: essa ha infatti maggiori necessità del ricorso a costanti cure mediche, analisi, ricoveri ospedalieri, visite di controllo dal medico di famiglia. ANALISI MEDICHE NELLE #FARMACIE Le farmacie sono state autorizzate, con una norma di legge, ad effettuare nei propri locali alcuni servizi di analisi mediche, anche in telemedicina, come analisi del sangue, della glicemia, elettrocardiogrammi e altri controlli. Il costo è a carico dell’utente ma è contenuto rispetto ad altre strutture private: inoltre, sono possibili convenzioni con gruppi di utenti associati o interventi finanziari da parte degli Enti Locali, Regione e Comune. Questa situazione è già in atto e nel Lazio, ad esempio, sono circa 800 le farmacie che offrono questi servizi.
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