Elogio alla complessità e all’incertezza Spagna Vs Italia La lezione più preziosa è sbagliare. L’errore può sembrare una sconfitta, in realtà è una grande opportunità di apprendimento. Ogni errore insegna qualcosa di nuovo e ci spinge a migliorare. La prossima volta che incontriamo un ostacolo, ci chiederemo: "Cosa possiamo imparare da questa esperienza?" Aver la capacità di trasformare le nostre sfide in opportunità di crescita, penso sia questo il segreto del vero successo. L’errore può essere una grande occasione di crescita se lo si sa gestire al meglio. E allora cosa ci ha insegnato la partita di Euro 2024 Spagna - Italia? Approfitto del post del collega Tomasz Byszko, per porre alcune mie riflessioni. La gara di ieri non era solo una partita valida per il passaggio del turno a Euro 2024, ma una vera e propria competizione tra due scuole calcistiche prestigiose che da sempre sono in forte competizione l’una sull’altra. Con grande rispetto e silente ammirazione, si studiano, si osservano e come un rapporto diadico prendono spunti dalle rispettive matrici culturali divergenti, ma simili in molti aspetti. Cosa abbiamo imparato ieri? Beh, al di la dello straordinario talento tecnico individuale dei giocatori spagnoli, ci hanno insegnato che il calcio si sviluppa in un contesto altamente complesso che porta ad un aumento dell’incertezza e De La Fuente non ha fatto altro che alzare il livello di incertezze dei nostri giocatori, soprattutto i due centrocampisti Barella e Jorginho. Se nella costruzione bassa spagnola Jorginho schiacciava la marcatura su Rodri in mediana e Barella si alzava sulla pressione del centrale difensivo Normand, si creava lo spazio alle spalle dei nostri centrocampisti dove si alzava Pedri andando a creare dei rispettivi duelli 1vs1. Sulla costruzione in mediana spagnola se Jorginho schiacciava la marcatura su Fabian Ruiz, Rodri e Pedri creavano un 2vs1 con Barella invitandolo ad una scelta. Se Rodri scivolava tra i centrali difensivi, consentiva ai terzini spagnoli di aprirsi tanto in ampiezza, Jorginho schiacciava la marcatura su Ruiz e Pedri si inseriva sistematicamente alle sue spalle andando a creare una forte incertezza sull’uscita dei difensori italiani. Il messaggio che ci portiamo a casa è che l’incertezza si riduce attraverso l’allenamento della PRESA DI DECISIONE che è un ATTO EMOTIVO. Pertanto la scienza ci dice che le nostre emozioni viaggiano più velocemente del nostro pensiero. Quindi i nostri giocatori non devono essere pensanti, ma percettivi, perché nello sport, come nella vita, la capacità decisionale è per la maggior parte emotiva ed irrazionale, inconscia. Loro non avevano più gamba di noi, ma maggiore capacità decisionale. Volevo ringraziare di cuore il prof Matteo Cioffi per le sue preziose indicazioni e sui suoi immensi spunti di riflessione. Grazie
Post di Riccardo Laborante
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È possibile valutare se un calciatore si adatta bene a un nuovo campionato? Assolutamente sì! Grazie ai dati sulle performance dei giocatori di pari ruolo in entrambi i campionati, è possibile riproporzionare le sue performance nel nuovo contesto. Un articolo de La Gazzetta dello Sport di oggi spiega questo concetto parlando di Fofana.
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Il rimpianto per chi ha ammirato Marco Van Basten, che oggi compie 60 anni, è non averlo visto invecchiare o anche prendere la strada del declino su un rettangolo di gioco. Il discorso ovviamente vale per i milanisti, che si sono visti strappare un pezzo di cuore all’annuncio del ritiro in uno stadio senza un posto vuoto dopo anni di pura bellezza, ma anche per gli innamorati del calcio. Ha smesso a neppure 31 anni, in ogni caso in tempo per vincere tre edizioni del Pallone d’Oro: ci si è messo di mezzo il destino, un fisico fragile, qualche medico poco avveduto nella cura della sua caviglia. E’ stato un peccato quasi mortale. L’eleganza dell’olandese era solo l’involucro di un concentrato di grandezza, tecnica, ma anche di cattiveria agonistica. Van Basten è stato uno di quelli per cui non si deve andare solo al conto pedissequo dei gol o degli assist, perché il calcio - per fortuna - non è certo fatto solo dalle statistiche. Van Basten è stato calcio e arte, reti e giocate di fino disseminate su oltre 190 centimetri. In qualche altro decennio, sarebbe stato il più forte di tutti: nel suo c’è stato Diego Maradona. E non è certo una colpa del fuoriclasse olandese. A Diego, che si è comunque ritrovato come compagno d’attacco un altro fenomeno come Careca, piaceva da matti. Van Basten al Milan si faceva bastare Gullit, Rijkaard. All’Inter c’era Matthaeus: la golden age del campionato italiano, mai più tornato a quei livelli spaziali. I più giovani per approfondire il tema Van Basten magari procederanno - come avviene nel calcio 2.0 - per highlights: quindi per la rete meravigliosa all’altezza del calcio d’angolo contro l’Unione Sovietica, nella finale degli Europei del 1988, oppure il colpo di testa in tuffo da fuori area al Real Madrid. Una sfida alle leggi della fisica. Clicca sul link per leggere l'articolo completo di Nicola Sellitti: https://lnkd.in/dPvUiup7 #VanBasten #calcio #sport #leggenda #buoncompleanno #Milan
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Veloce analisi tattica Italia vs Spagna Nella partita contro la Spagna, l’Italia ha adottato in fase di costruzione un rombo difensivo fisso. A differenza di quanto fatto con l’Albania dove la mobilità in tutti i reparti si notava ed era eseguita in modo quasi asfissiante. Il rombo era formato da Bastoni al centro, Di Lorenzo a destra e Calafiori a sinistra, con Jorginho davanti a orchestrare il gioco da play (solo 37 tocchi, troppo pochi…completamente annullato). Una delle principali problematiche si è verificata sulla fascia di Di Lorenzo dove in fase di costruzione ha sbagliato troppo per quelle che sono le sue qualità e che in fase difensiva, ha causa di un Nico Williams in forma straordinaria, ha sofferto gli 1c1 facendosi superare ripetutamente. (poi raddoppiato da Chiesa e nuovamente limitati dalla creazione del 2c2 con Cucurella) Di Marco e Chiesa erano gli incaricati per occupare il contenitore dell’ampiezza cercando di ricreare gli uno contro uno rispettivamente contro Carvajal e Cucurella. L’Italia, soprattutto in transizione offensiva, ricercava l’ampiezza costruendo il gioco centralmente, passando da Jorginho ai rifinitori o distribuendo il pallone sugli esterni con dei cambi gioco. Scamacca da vertice alto si è trovato spesso a lottare da solo contro i fisici difensori spagnoli, Laporte e Le Normand. La doppia marcatura costante ha limitato le sue opportunità di attaccare la profondità non facendolo risultare mai pericoloso. In conclusione, l’aspetto che ha colpito e messo maggiormente in difficoltà l’Italia è stato il feroce pressing della Spagna sia in fase di costruzione che in fase di transizione togliendo tempo e spazio alla manovra degli Azzurri che al contrario in transizione difensiva erano statici e poco aggressivi. Nonostante le difficoltà, l’Italia ha continuato a giocare palla a terra per non snaturare il proprio stile di gioco. Questa scelta è stata oggetto di dibattito; secondo voi è stato giusto insistere sulla costruzione dal basso anche contro un pressing così?
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Scriviamo queste righe prima di Atalanta-Real Madrid (partita presentata come l’ennesimo esame di maturità al massimo livello e persa, ma solo con uno spettacolare 2-3). Prima, perché non ci interessava il risultato specifico di una sfida comunque dall’enorme fascino, ma sottolineare il valore calcistico e non solo del lavoro portato avanti a Bergamo da una società e da una conduzione tecnica che non esitiamo a definire modello per molti. Il concetto abusato e in questo caso del tutto errato di “miracolo sportivo” poteva avere un senso ai tempi dei quarti di finale di Champions League raggiunti nell’anno disgraziato del Covid, quando l’impresa sfiorata di eliminare il Psg di Neymar apparve anche un segno di riscatto per una città ferita come nessun’altra dalla pandemia. In realtà, già allora si stava costruendo in prospettiva e con razionalità un organismo in cui nessun aspetto è stato lasciato indietro. Squadra e società, settore tecnico e gestionale sono cresciuti in splendido parallelismo garantendo solidità economica e futuro all’area tecnica, mentre - in tempi sconosciuti al nostro Paese - la società si è garantita una casa all’avanguardia europea, ristrutturando il vetusto e glorioso stadio comunale “Atleti Azzurri d’Italia”, potendo contare su un socio forte e intelligente arrivato dagli Stati Uniti d’America. Finanziariamente solido, quest’ultimo, e altrettanto capace di lasciare la gestione in mano a chi conosce l’ambiente e sa cosa fare, la famiglia Percassi. Questa è una squadra che ha dominato l’Europa League, torneo che solo la prosopopea di un certo calcio italiano ha considerato negli anni “minore“ per motivi del tutto oscuri, considerato che prima dell’Atalanta non lo vincevamo dai tempi ormai arcaici della Coppa Uefa. Poi, il trionfo europeo è stato visto dagli osservatori più superficiali come il canto del cigno, il passo d’addio di Gasperini tentato dal Napoli e invece da lì si è ripartiti per l’ennesima, parziale ricostruzione di un gruppo che può contare su un’idea tattica che diventa personalità, un meccanismo che fa da volano alle prestazioni di giocatori trasformati dagli anni passati con Gasperini. Non può essere un caso che tanti dei protagonisti delle stagioni nerazzurre altrove non abbiano saputo garantire lo stesso livello e costanza di performance. Restando al campo, aspetto che trattiamo per ultimo perché lo consideriamo fondamentale, l’Atalanta non è moderna solo nel vestito tattico - in quell’ossessivo giocare uomo su uomo a ritmi sconosciuti alla Serie A - che ne ha garantito un’evoluzione continua e spesso irrisolvibile per gli avversari. L’Atalanta è moderna nella bellezza applicata all’efficacia. Un modo di intendere il calcio che oggi come oggi appare irrinunciabile, mentre le tattiche speculative così care ad alcuni allenatori ancora inchiodati alle idee utilitaristiche del “prima non prenderle“ non riescono letteralmente a star dietro a chi gioca nel futuro. La Ragione
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Scriviamo queste righe prima di Atalanta-Real Madrid (partita presentata come l’ennesimo esame di maturità al massimo livello e persa, ma solo con uno spettacolare 2-3). Prima, perché non ci interessava il risultato specifico di una sfida comunque dall’enorme fascino, ma sottolineare il valore calcistico e non solo del lavoro portato avanti a Bergamo da una società e da una conduzione tecnica che non esitiamo a definire modello per molti. Il concetto abusato e in questo caso del tutto errato di “miracolo sportivo” poteva avere un senso ai tempi dei quarti di finale di Champions League raggiunti nell’anno disgraziato del Covid, quando l’impresa sfiorata di eliminare il Psg di Neymar apparve anche un segno di riscatto per una città ferita come nessun’altra dalla pandemia. In realtà, già allora si stava costruendo in prospettiva e con razionalità un organismo in cui nessun aspetto è stato lasciato indietro. Squadra e società, settore tecnico e gestionale sono cresciuti in splendido parallelismo garantendo solidità economica e futuro all’area tecnica, mentre - in tempi sconosciuti al nostro Paese - la società si è garantita una casa all’avanguardia europea, ristrutturando il vetusto e glorioso stadio comunale “Atleti Azzurri d’Italia”, potendo contare su un socio forte e intelligente arrivato dagli Stati Uniti d’America. Finanziariamente solido, quest’ultimo, e altrettanto capace di lasciare la gestione in mano a chi conosce l’ambiente e sa cosa fare, la famiglia Percassi. Questa è una squadra che ha dominato l’Europa League, torneo che solo la prosopopea di un certo calcio italiano ha considerato negli anni “minore“ per motivi del tutto oscuri, considerato che prima dell’Atalanta non lo vincevamo dai tempi ormai arcaici della Coppa Uefa. Poi, il trionfo europeo è stato visto dagli osservatori più superficiali come il canto del cigno, il passo d’addio di Gasperini tentato dal Napoli e invece da lì si è ripartiti per l’ennesima, parziale ricostruzione di un gruppo che può contare su un’idea tattica che diventa personalità, un meccanismo che fa da volano alle prestazioni di giocatori trasformati dagli anni passati con Gasperini. Non può essere un caso che tanti dei protagonisti delle stagioni nerazzurre altrove non abbiano saputo garantire lo stesso livello e costanza di performance. Restando al campo, aspetto che trattiamo per ultimo perché lo consideriamo fondamentale, l’Atalanta non è moderna solo nel vestito tattico - in quell’ossessivo giocare uomo su uomo a ritmi sconosciuti alla Serie A - che ne ha garantito un’evoluzione continua e spesso irrisolvibile per gli avversari. L’Atalanta è moderna nella bellezza applicata all’efficacia. Un modo di intendere il calcio che oggi come oggi appare irrinunciabile, mentre le tattiche speculative così care ad alcuni allenatori ancora inchiodati alle idee utilitaristiche del “prima non prenderle“ non riescono letteralmente a star dietro a chi gioca nel futuro. di Fulvio Giuliani
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[E' parte del pacchetto..] La Juventus ha vinto la Coppa Italia e, giustamente, vanno fatti i complimenti ai #calciatori, a #Vlahovic che ha segnato il gol decisivo, e ad #Allegri. Allenatore che, nonostante sia in Italia uno degli attuali tecnici più vincenti, è costantemente criticato per il suo stile di gioco poco spettacolare, per i risultati del girone di ritorno piuttosto deludenti, e, (forse) anche per la sua vena particolarmente focosa da vero "livornese"/toscanaccio quale lui è! :-) Ora.. può essere comprensibile la sua tensione e rabbia accumulata in tutti questi mesi (in cui ogni giorno, in ogni intervista, da ogni giornalista, vieni "punzecchiato" sulla fine della sua avventura a Torino).. MA.. lo sappiamo.. fa parte "del pacchetto "essere allenatore professionista"! E che quella eccessiva irruenza a fine partita possa portare alla separazione anticipata? Nel mondo del calcio, ma come del resto in ogni altro ambito, i rapporti finiscono.. ma è il come che fa la differenza! Lo "stile" che hai, lo stile con cui interagisci e ti relazioni con gli altri, la tua personalità e la tua capacità di gestire stress, rapporti e pressioni fa sempre la differenza! Purtroppo, è così.. e ciò che di buono hai fatto in passato viene facilmente dimenticato! Ma.. è così.. è parte del pacchetto! Prendere o lasciare! #MisterCoach #MentalCoaching #SportCoaching #Leadership #GestioneStress #ComunicazioneEfficace #MisterCoachAcademy
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Roma, Ranieri: “Incomprensibile l’esonero di De Rossi. La squadra non ha personalità” https://ift.tt/82E4Deo (Adnkronos) – “La Roma sembra un’anima fredda e senza personalità”. Queste le parole nette di Claudio Ranieri, ex allenatore, tra le altre, dei giallorossi e grande tifoso romanista a Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1. “Non ho compreso come si sono comportati con Daniele De Rossi: se lo confermi e gli fai un contratto di tre anni, stai dicendo a tutto il mondo che stiamo costruendo una nuova squadra. A quel punto dai il tempo al tuo giovane allenatore di poter fare il suo lavoro. Non puoi mandarlo via dopo quattro giornate. Per cosa? Allora vuol dire che hai sbagliato la programmazione prima”, ha aggiunto Ranieri, convinto che alla Roma manchi “una figura di riferimento”. “Non si possono colpevolizzare i Friedkin fino in fondo, perché ci hanno messo tanti soldi. Ma stanno dimostrando che solo i soldi non bastano. Manca ancora qualcosa in una società in cui un punto di riferimento è molto importante. Roma è una piazza molto particolare: i tifosi vanno coccolati, aiutati, sospinti. Così invece sembra che ci sia freddezza”, ha spiegato il tecnico romano. Ranieri ha poi analizzato queste otto giornate di Serie A: “Le due uniche squadre che non hanno cambiato sono Inter e Atalanta. Il Napoli ? E’ partito bene, mi sembra la squadra messa meglio. Conte giustamente dice che non deve vincere il campionato, ma creare una squadra forte per i prossimi anni. Intanto però sta veleggiando in testa alla classifica. Oltre a vincere, il suo obiettivo è costruire un certo tipo di mentalità”. Sulla favorita per lo Scudetto: “Senza fare nomi, io dico che quando Conte prende una squadra, se non arriva primo arriva secondo. Non voglio caricarlo di responsabilità, ma anche il fatto di non avere le coppe inciderà molto quando arriveremo a marzo-aprile. Credo che quest’anno ci sia più compattezza in testa alla classifica. Sarà molto più bello”. Una battuta anche sulla Juventus: “Ha cambiato tutto e non si può chiedere subito la luna. Lo stesso vale per il Milan , che però ha sette punti da recuperare. L’anno scorso non andava bene Pioli, quest’anno giustamente si cerca di preservare Fonseca. I tanti 1-0? Ci sono tante partite belle, difficili e combattute, è un bene per il calcio”. Ranieri ha parlato delle tante polemiche arbitrali: “Il Var ha deresponsabilizzato l’arbitro? Dipende dalla responsabilità dell’arbitro. Il Var deve essere una cosa in più per gli episodi che l’arbitro non riesce a vedere in campo. Ma se l’arbitro è dubbioso e lascia fare al Var, allora non va bene”. Poi parlando della nuova formula della Champions: “Mi convince. È stato fatto tutto per avere più gare e soprattutto per non lasciare spazio a partite in cui si possono fare calcoli. Vediamo, sono molto curioso. Mi piace il fatto che non ci siano partite di andata e ritorno con le stesse squadre”. The post Roma, Ranieri: “Incomprensibile l’esonero di De Rossi. La...
Roma, Ranieri: “Incomprensibile l’esonero di De Rossi. La squadra non ha personalità” https://ift.tt/82E4Deo \(Adnkronos\) – “La Roma sembra un’anima fredda e senza personalità”. Queste le parole nette di Claudio Ranieri, ex allenatore, tra le altre, dei giallorossi e grande tifoso romanista a Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1. “Non ho compreso come si sono comportati con Daniele De Rossi:...
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Siamo tornati con un articolo dedicato al mondo del diritto sportivo. La società Juventus, a seguito della finale di coppa Italia vinta, ha deciso di sollevare dall'incarico l'allenatore Massimiliano Allegri per i comportamenti tenuti nel corso della gara. Scoprite come è andata a finire! #dirittosportivo #Juventus #risoluzioneconsensuale
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Forse è stato l’unico caso nella storia, dopo il Brasile campione del mondo nel 1970, di vittoria specchiata e meritata fino a sembrare dovuta. Non ricordo una sola squadra dominare un torneo come la Spagna neo-quadricampione d’Europa ha fatto con l’Europeo conclusosi ieri sera. Ha chiuso a punteggio pieno il girone preliminare vincendo poi tutte le gare a eliminazione diretta entro i 90’ regolamentari salvo una volta ai supplementari. Contemporaneamente ha espresso il miglior giocatore del torneo, il prodigioso 17enne Yamal, che ha scalzato nientemeno che Pelé dalla vetta dei più giovani a vincere con una maglia nazionale. Davvero una prestazione d’altri tempi. E cosa insegna tutto ciò a noi fallimentari italiani? Alcune cose. Prima: forse ridurre il numero di stranieri in serie A gioverebbe. Dico forse però, perché gli inglesi, meritevoli finalisti per la seconda volta di fila, sono messi esattamente come noi. Seconda: la scusa che le nazionali giocano troppo poco per rodarsi è appunto una scusa, perché la Spagna gioca tanto quanto noi. Terza: al netto della fortuna - ingrediente essenziale in ogni successo - la differenza la fanno le motivazioni. Ho come il sospetto che ai nostri campioni strapagati dai club, della nazionale importi poco. Molto di più importava ai predecessori diretti, che con Mancini vinsero l’Europeo stabilendo pure il record mondiale di risultati utili consecutivi. Cosa è cambiato in soli tre anni? Le motivazioni. Punto. Non il talento, che malgrado la vulgata dica il contrario è ottimo e abbondante. Altrimenti non saremmo stati gli unici a strappare alle furie rosse una sconfitta risicatissima per 0-1, per giunta su autogol. Proprio perché i nostri sono pochi ma buoni, ho una modesta proposta - no, non sono ironico. Parlo sul serio: chi può, Spalletti o altro, consideri di convocare uno, due, dieci, venti o quanti ne vuole di serie B. Scommettiamo che gli spuntano le ali ai piedi? Ricordiamoci: non esistono intelligenti e scemi o vincenti e perdenti. Esistono soltanto motivati e no. Non solo nel calcio.
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Ultima spiaggia per il rilancio o per il definitivo fallimento? Tempo di derby, Milano si ferma, il mondo ci guarda. Quali saranno i duelli più accesi in campo nel big match di domenica? Leggi su Calcio e Finanza il mio approfondimento, nell'editoriale settimanale del FPeX - Football Players Exchange ® ⬇
𝐅𝐨𝐧𝐬𝐞𝐜𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐨 𝐝𝐞𝐫𝐛𝐲 𝐦𝐢𝐥𝐚𝐧𝐞𝐬𝐞: 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐬𝐬𝐢 𝐝𝐚 𝐜𝐚𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐥'𝐈𝐧𝐭𝐞𝐫 Una prima volta dal sapore particolare. Un esordio che arriva all’incipit di una stagione lunga, piena di impegni nazionali e internazionali ma, comunque, una partita che vale già tanto. In città non si parla d’altro e l’attesa si sente di più ora dopo ora: 𝗣𝗮𝘂𝗹𝗼 𝗙𝗼𝗻𝘀𝗲𝗰𝗮 𝘀𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝘃𝗶𝘃𝗲𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝘀𝘂𝗼 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗼 𝗱𝗲𝗿𝗯𝘆 𝗱𝗶 𝗠𝗶𝗹𝗮𝗻𝗼 𝗱𝗮 𝗮𝗹𝗹𝗲𝗻𝗮𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗶 𝗿𝗼𝘀𝘀𝗼𝗻𝗲𝗿𝗶. Fonseca sa l’importanza di questa partita per il risultato, per il club e per i tifosi, scottati dagli ultimi sei precedenti che sono sempre stati favorevoli all’#Inter. In particolare, l’ultimo confronto è entrato nella storia per la matematica consegna della Seconda Stella ai nerazzurri, garantita dal successo per 2-1 in casa del #Milan. Dunque, necessità di invertire la rotta per il club di Red Bird e il FPeX - Football Players Exchange ® di #CSA delinea le possibili carte che l’allenatore portoghese può giocarsi nella stracittadina di domenica sera, valevole per la quinta giornata di Serie A. Quali sono i #duelli più attesi al "Giuseppe Meazza"? Scoprilo qui ⬇ Per approfondire ➡ https://lnkd.in/dFic7cdC Accedi alla 𝗯𝗼𝗿𝘀𝗮 𝗱𝗲𝗶 𝗰𝗮𝗹𝗰𝗶𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶 e inizia a giocare come un vero trader su 400+ calciatori dei top club europei ➡ https://lnkd.in/deaYr7D7
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