ANTONELLO DA MESSINA
Attivo tra il 1431 e il 1479, anno della sua morte.
La vicenda biografica di Antonello da Messina è stata oggetto, nel corso dei secoli, di ricostruzioni biografiche contraddittorie e qualche volta anche piuttosto fantasiose.
Ad una scarsezza di materiale documentario, si aggiunge la strana concentrazione cronologica dei dipinti rimasti, cosa che moltiplica le ragioni di una così complicata vicenda critica.
Possiamo ipotizzare che Antonello da Messina abbia iniziato a dipingere nell’età tra i 15 e i 20 anni, ma fino al 1470 non ci sono sue opere note in giro, insomma un vuoto di vent’anni circa.
Il percorso artistico di Antonello noto inizia intorno al 1431, precisamente nel vivace clima culturale della corte aragonese di Napoli, allora una delle culle della civiltà del Mediterraneo e città ove operava il pittore Colantonio, nella cui bottega il messinese avrà appreso i primi rudimenti dell’arte, attento ai molteplici stimoli offerti da un ambiente in cui si trovavano opere catalane e provenzali, oltre che capolavori nordici, come ad esempio lo straordinario Trittico Lomellini di Jan Van Eyck.
L’esordio di Antonello è rappresentato dalla Madonna Salting o dall’enigmatico Ritratto d’uomo di Cefalù cui seguono, solo per citare gli esempi più significativi, negli anni 1473-1474 e con esiti già compiutamente maturi, l’Annunciazione di Siracusa, dall’articolata impaginazione spaziale gestita con completa padronanza degli effetti luministici, e il Polittico di San Gregorio, commissionato per la chiesa del convento di monache benedettine di Santa Maria extra moenia, dipinto rivoluzionario nella resa psicologica dei personaggi che lo popolano.
Ma è il soggiorno veneziano, del 1475-1476, a segnare il definitivo punto di non-ritorno per la carriera artistica di Antonello e per la storia dell’arte italiana del Quattrocento.
Proprio a Venezia ci fu l’incontro decisivo tra l’arte di Antonello e l’ambiente figurativo veneziano, soprattutto rappresentato da Giovanni Bellini, che creò appunto le premesse di capolavori assoluti con ritratti quali il cosiddetto “Condottiero” del Louvre di Parigi o i ritratti virili conservati alla National Gallery di Londra e alla Galleria Borghese di Roma: in questi dipinti vediamo le caratteristiche tipicamente fiamminghe della posa di tre quarti, il diaframma del parapetto a segnare la separazione tra effigiato e spettatore, il trompe d’oeil del cartellino, il fondo scuro, che tutti insieme si coniugano ad una resa del dato psicologico inedita e rivoluzionaria per acutezza di penetrazione.
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Nella Serenissima Antonello fu subito riconosciuto per le sue capacità, per cui ricevette commissioni di prestigio: tra tutte quella per la “Pala di San Cassiano”, realizzata nel 1475 per il patrizio Pietro Bon, opera che diventa subito celebre per la fastosa profusione di dettagli preziosi e realizzata in diretto colloquio con le coeve opere belliniane: la Pala oggi è conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Nonostante sia stato breve il soggiorno veneziano, Antonello esegui a ritmo incalzante una serie di stupefacenti opere d'arte, ed emerse lo sviluppo del tema dell’Ecce Homo”, opera di fortissima intensità emotiva a commuovere lo spettatore con particolari di realismo sofferto umanizzando il tormento del Cristo; la tavoletta con “San Girolamo nello studio”, dallo sbalorditivo impianto spaziale e inedita ambientazione, uno studiolo rinascimentale nella navata semibuia di una chiesa; inoltre eseguì delle tavolette votive delle Crocifissioni, ora ad Anversa e Londra.
In un crescendo di novità formali e di coinvolgimento dello spettatore a livelli prima mai ipotizzati, si giunge infine all’Annunciata” di Palermo: in essa è raffigurata Maria fanciulla, chiusa nel proprio manto, ieratica e consapevole del ruolo nella storia dell’umanità, congela il tempo nel gesto sospeso della mano e presupponendo in chi guarda il ruolo dell’angelo annunciante.
Al 1476 risalgono il “Salvator Mundi” della National Portrait Gallery di Londra, prossimo all’Annunciata per virtuosismo spaziale nella resa delle mani, e il cosiddetto “Ritratto Trivulzio” del Museo Civico d’Arte Antica di Palazzo Madama a Torino, altissimo risultato nella caratterizzazione dei ritratti antonelliani, catturando lo spettatore con uno sguardo ipnotico di maliziosa sfida.
A chiudere il percorso artistico del pittore siciliano sono infine due eccezionali opere: il “San Sebastiano” della Gemäldegalerie di Dresda, commissionato in occasione di un’epidemia di peste, prova suprema di maestria prospettica nella resa del paesaggio urbano di Venezia, e la “Pietà” del Prado di Madrid, probabilmente realizzata una volta tornato in patria, come suggerisce lo sfondo, in cui si scorgono edifici realmente esistenti a Messina.
Il 14 febbraio del 1479 Antonello fa testamento; due mesi dopo egli risulta defunto, ponendo così termine ad una carriera artistica di straordinaria rilevanza, entro cui si condensarono con inedita coerenza e intensità, come raggi solari sotto l’effetto di una lente convergente, le diverse matrici culturali che si intrecciavano nel Mediterraneo in quell’epoca di splendore che fu il XV secolo.
In foto, Antonello da Messina, Ritratto Trivulzio, 1476, olio su tavola di pioppo, 37,4 x 29,5 cm; Torino, Museo Civico d’Arte Antica, Palazzo Madama.