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L’altra metà del Sole

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Il Sole 24 Ore women’s side, dedicated to those women ready to take their part in economy, politics innovation and culture for a better Italy

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2016

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  • Ragazze e ragazzi iniziano a classificare i lavori in base al sesso all’età di sei anni. All’età di 12 anni, circa il 50% delle ragazze aspira solo a ruoli stereotipicamente femminili. Questo è il “dream gap”, il divario fra i sogni dei bambini e quelli delle bambine. Nella giornata internazionale delle bambine, celebrata dall’Unesco l’11 ottobre per riconoscere le sfide che bambine e ragazze devono affrontare in tutto il mondo e promuovere i loro diritti, vogliamo ripartire dalla capacità di sognare. Ieri in un convegno un manager dovendo fare un esempio ha parlato di centraliniste e donne delle pulizie, ad indicare le personecon i lavori “più umili” dell’azienda. E la declinazione è stata rigorosamente al femminile. Quell’immaginario non è marginale, è quello con cui si confrontano le bambine in famiglia, a scuola, in società. Perché, purtroppo, gli stereotipi non sono intenzionali. Scappano così fra una parola e l’altra. Ma le bambine li introiettano e iniziano a considerarli naturali. A contrastarli, poi, mancano ancora troppi modelli a cui ispirarsi. Ancora dobbiamo contare la prima volta di una presidente Usa o di una presidente della Repubblica italiana, la prima direttrice di uno dei maggiori quotidiani italiani, oppure la prima amministratrice delegata di una grande banca o di un gruppo energetico o petrolifero italiano. Mancano i modelli quando nelle federazioni sportive a prevalenza femminile i presidenti sono uomini. Mancano i modelli quando negli ospedali aumentano in continuazioni le dottoresse, ma i primari restano uomini. E l’elenco potrebbe essere infinito. Nella giornata internazionale delle bambine forse il regalo migliore che possiamo fare alle nostre figlie, alle nostre nipoti, alle nostre alunne è quello di assicurare loro la parità nel sognare. Dalla newsletter di Alley Oop, a cura di Monica D'Ascenzo #AlleyWeek #giornatainternazionaledellebambine #11ottobre #dreamgap

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  • Saper gestire o meno il team da parte di un/una manager non è indifferente per un'azienda dal punto di vista economico. Le stime nell'articolo di Jacopo Pasetti #manager #management #leadership #azienda hashtag #impresa

  • Gli ultimi dati di Terres des Hommes nell'analisi di Silvia Pasqualotto #bambini #minori

  • Quasi un italiano su due è stressato dal lavoro, il 25% si sente quotidianamente triste, l’11% arrabbiato. C’è un malessere che agita le persone, e non è più – o forse, non è mai stata – una questione individuale. È un’onda collettiva che mette in discussione i modelli manageriali tradizionali e ridefinisce il valore stesso del lavoro. Il rapporto “State of the Global Workplace 2024” di Gallup, condotto in 90 Paesi, parla chiaro: il disagio legato al lavoro riguarda tutti. Il 41% dei dipendenti nel mondo è stressato e il 20% sperimenta un senso di solitudine quotidiano. Una sensazione più forte per chi lavora completamente da remoto e per chi ha meno di 35 anni. Il modo in cui sono gestite le aziende incide notevolmente sullo stato emotivo dei singoli lavoratori. Chi lavora in realtà con cattive pratiche gestionali ha quasi il 60% in più di probabilità di essere stressato rispetto a chi lavora in ambienti che mettono le persone al centro. Il management, in particolare, è ritenuto responsabile fino al 70% del benessere del capitale umano. L'approfondimento dei dati è di Silvia Pagliuca: link nei commenti. #AlleyNews #lavoro #stress #burnout

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  • Soffitto di cristallo, pavimento appiccicoso, scala mobile di cristallo, leadership labyrinth, ghetto di velluto. Tutti modi di dire (anglosassoni) che sottolineano le difficoltà strutturali e culturali che le donne incontrano nel mondo del lavoro, evidenziando come il problema della disuguaglianza di genere non sia solo legato a una singola barriera, ma piuttosto a una serie di ostacoli complessi e spesso interconnessi. In un sondaggio del World Economic Forum, il 61% dei manager ha dichiarato che la disparità di genere è un problema importante per la loro azienda. Le iniziative di diversity & inclusion non mancano nelle aziende, ma la loro effettiva attuazione si perde fra i meandri delle organizzazioni e il loro impatto rischia così di essere limitato. Ne è un riscontro concreto la lenta evoluzione della presenza femminile nei ruoli apicali per non parlare di quelli di ceo di società quotate e no. Nonostante la consapevolezza, perdura infatti una certa resistenza da parte di alcuni manager (uomini, ma anche qualche donna) nel modificare le strutture e le politiche aziendali per sanare le discriminazioni di fatto sia nelle promozioni sia nelle remunerazioni. Si va da chi ha la convinzione che la meritocrazia esista e che le donne non avanzino solo per mancanza di competenze o esperienza, piuttosto che per barriere sistemiche. C’è chi è poi scettico riguardo ai benefici economici dell’inclusione di genere, nonostante studi dimostrino che la diversità nei team dirigenziali porti a migliori risultati finanziari. E chi infine semplicemente teme di poter perdere il posto, come è avvenuto ad esempio nei consigli di amministrazione a seguito della legge sulle quote di genere, che ha forzato l’assegnazione di una percentuale dei posti di consigliere alle donne. Qualunque sia la motivazione, la piramide resta ripida e scivolosa per le donne che ne tentano la scalata. Il pink washing di molte imprese sopravvive e fatichiamo ormai a riconoscerlo. La newsletter di questa settimana, a cura di Monica D'Ascenzo, è dedicata alla carriera, come molti degli articoli e approfondimenti di Alley Oop. #AlleyWeek #lavoro #flessibilità #smartworking

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  • Negli ultimi anni abbiamo assistito a una rapida crescita della presenza femminile alla guida delle università italiane. Basti pensare che, in meno di cinque anni, tra il 2020 e il 2024, il numero delle rettrici italiane è più che raddoppiato. Il gruppo delle rettrici però è ancora troppo ristretto e conta 17 donne su 85 partecipanti alla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (Crui), l’associazione delle università italiane statali e non statali riconosciute. Il delta molto pronunciato tra donne e uomini a capo delle università italiane è conseguenza di un collo di bottiglia nel quadro di genere che si crea nei vari passaggi di carriera accademica e che si colloca in una classe di età cruciale per lo sviluppo della professione, cioè quando si arriva alla posizione propedeutica al ruolo. Il numero di uomini e di donne è quasi coincidente per i ricercatori a tempo indeterminato, mentre la divaricazione inizia dai ricercatori a tempo determinato per proseguire in modo abbastanza contenuto per i professori associati e diventare più ampia per i professori ordinari fino a essere particolarmente evidente per i rettori e le rettrici in carica. «La fase intorno ai 30 anni è quella in cui le donne hanno delle posizioni da ricercatrici o asssegniste e, al contempo, potrebbero o stanno formando una famiglia. È un momento delicato in cui dobbiamo sostenerle anche con politiche attive per la conciliazione, così da costruire un ambiente in cui davvero uguaglianza di genere voglia dire permettere di affrontare la propria attività lavorativa in serenità», afferma Giovanna Iannantuoni, presidente della Crui e rettrice dell'Università di Milano-Bicocca. L'approfondimento, con i ritratti delle rettrici italiane, è di Greta Ubbiali, link nei commenti. #AlleyNews #università #carriera #soffittodicristallo #rettrice #siamopari

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    View profile for Manuela Perrone, graphic

    Giornalista Il Sole 24 Ore, Alley Oop

    Sempre più aziende offrono ai dipendenti congedi di paternità più lunghi rispetto ai dieci giorni obbligatori previsti a livello nazionale. Uno studio condotto su 24 imprese e 1.600 lavoratori rivela grande gradimento: i tassi di adesione sono in media al 71 per cento. E l'età è un fattore determinante: più i padri sono giovani, più ne usufruiscono. Segno che la cultura sta cambiando e che il mondo produttivo sta intercettando i bisogni delle famiglie. Segno, soprattutto, che si può fare: si può spezzare lo stereotipo che vuole gli uomini al lavoro e le donne a casa, a favore di una piena condivisione delle attività di cura. Benefica per tutti, salvifica per chi, come l'Italia, sta soffocando nella spirale della bassa crescita, della bassa occupazione femminile e della bassa natalità. Cambiare marcia, liberando il tempo delle donne dal lavoro non retribuito e favorendo la maggiore presenza dei papà nella cura dei figli e della casa, conviene a tutti. Oggi su Il Sole 24 Ore racconto il rapporto "Verso una genitorialità condivisa" realizzato da Tortuga Think-tank su impulso di Lia Quartapelle, con il coinvolgimento di Cristina Rossello e la rete CEOforLIFE. E nel libro "Mamme d'Italia. Chi sono, come stanno, cosa vogliono", edizioni Il Sole 24 Ore, approfondiamo con Monica D'Ascenzo come e perché i congedi paritari, sulla scia di quanto deciso da altri Paesi come la Spagna, siano uno dei principali strumenti per colmare il divario occupazionale e retributivo tra uomini e donne e aggredire l'insostenibile penalizzazione delle madri. Una penalty - basta leggere il Rapporto Inps - sconfortante. Ce lo ricorda l'Istituto nazionale di previdenza: il differenziale con gli uomini non si recupera più.

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  • Il soffitto di cristallo non è ancora stato sfondato e le donne faticano a fare carriera. Se sono laureate hanno più chance ma il cambiamento è molto lento. L'analisi della prof.ssa Luisa Rosti dell'Università di Pavia. #gendergap

  • Otto ceo del settore moda su 10 pensano che uomini e donne abbiano le stesse opportunità per fare carriera. Il tetto di cristallo, quindi, non esisterebbe se non per il 20% degli amministratori delegati. Chi si occupa quotidianamente di parità di genere e di risorse umane non è della stessa opinione: solo la metà delle funzioni DE&I e HR intervistate sono d’accordo con quanto dichiarato dai ceo. Una discrepanza non da poco, che pone di fronte a un problema stringente: se chi guida un’azienda non è consapevole della disparità nella progressione di carriera fra uomini e donne, come si può risolvere il problema? Due intervistati su tre nell’ambito HR e metà degli intervistati della funzione DE&I affermano chiaramente che ci sono disuguaglianze salariali a svantaggio delle donne, mentre soltanto il 20% dei CEO concorda con questa visione. Il 43% degli intervistati individua nella maternità il fattore che più influisce negativamente sulla progressione di carriera delle donne. Un’indagine condotta da PwC Italia tra aprile e maggio del 2024, su un campione di 500 donne lavoratrici o ex-lavoratrici tra i 25 e i 49 anni e con almeno un figlio, ha evidenziato come l’impatto principale che la maternità ha avuto sul lavoro è stato la riduzione delle ore di lavoro e la perdita del lavoro, fattori che alimentano il fenomeno della disparità salariale. Nonostante il 60% delle aziende intervistate offra supporto alla genitorialità (la forma di sostegno più comune è la flessibilità, 38% delle aziende), solo il 5% delle aziende fornisce un congedo di paternità aggiuntivo o asili nido. Questi risultati indicano una mancata percezione delle esigenze della genitorialità, che fonda le sue radici in un pregiudizio di genere circa la divisione delle responsabilità di cura familiare e domestica. Continua a leggere su Alley Oop. Articolo di Monica D'Ascenzo link nei commenti. #AlleyNews #moda #soffittodicristallo #disparitàsalariale #siamopari

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    View profile for Maria Paola Mosca, graphic

    Freelance journalist

    Con la comunicazione del suo CEO, Amazon sembra tornare indietro di 4 anni riportando tutti i sui dipendenti in ufficio. Se però qualcosa il Covid sembra riuscito a innovare è stato il proliferare di alternative (dal part time alla settimana corta) a disposizione dei lavoratori. E le richieste arrivano non solo dalle giovani generazione, dalle donne, da chi è genitore. Ma appaiono interessanti anche per le aziende che vogliono, per esempio, meglio attrarre o trattenere i dipendenti. Ne scrivo su Alley Oop - Il Sole 24 Ore https://lnkd.in/eeAZPcfs

    Blog | Tra part time e settimana lavorativa corta: flessibiltà prima di tutto - Alley Oop

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